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COVID-19 e chiusure. Richeldi (CTS): “La fase attuale non è la stessa di marzo”

COVID Chiusure

Il nuovo DPCM che introdurrà misure più restrittive arriverà nelle prossime ore, mentre le riunioni del governo e del Comitato Tecnico Scientifico proseguono ogni giorno. Le indiscrezioni sulle limitazioni che arriveranno sono molte e l’incertezza per quello che succederà nelle prossime settimane è alta, così come la paura di nuove chiusure per limitare i contagi da COVID o di un possibile secondo lockdown.

Abbiamo fatto il punto della situazione col professor Luca Richeldi, pneumologo del Policlinico Gemelli di Roma e membro del Comitato Tecnico Scientifico. L’intervista di Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni a Prisma.

La quarantena non sarà più di 14 giorni, ma di 10 giorni. E per il via libera al ritorno alla comunità non saranno più necessari i due tamponi negativi, ma bene uno solo. Quali ragioni vi hanno spinto a ridurre il periodo di quarantena?

Queste sono le indicazioni che sono uscite dalla riunione di ieri ed erano argomenti già in discussione da qualche giorno, proprio perché alcuni organi internazionali di controllo delle malattie infettive, in particolare l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), avevano suggerito che per una gestione migliore di numeri di contagiati che aumentano in tutti i Paesi, questa ottimizzazione dei tempi fosse una cosa da fare. Io sono abbastanza convinto di questo, mi fido degli esperti che dicono che nella sostanza, riducendo i tamponi di controllo da 2 a 1 e utilizzando anche i test antigienici per le persone asintomatiche, questo non dovrebbe avere riflessi negativi sul controllo dell’infezione, mentre dovrebbe avere riflessi positivi sulla gestibilità del numero dei casi, che come abbiamo visto stanno aumentando parecchio soprattutto in alcune Regioni e hanno messo a dura prova i sistemi di tracciamento e di diagnostica.

Verranno coinvolti anche i medici di famiglia per velocizzare il tracciamento?

Esattamente. Io credo che i medici di medicina generale e i pediatri siano una risorsa indispensabile per combattere l’epidemia, soprattutto nella stagione invernale. Il loro supporto sarà cruciale e importantissimo. I test antigienici, che danno una risposta più rapida, si adattano anche all’utilizzo ambulatoriale e credo che loro daranno un validissimo contributo in una stagione nella quale ci saranno molte infezioni respiratorie. Ricordiamoci che uno dei problemi che abbiamo di fronte a noi è che, mentre la cosiddetta prima ondata è avvenuta alla fine dell’inverno, noi adesso siamo all’inizio dell’inverno e questo ci porrà dei problemi nella gestione dei malati non indifferenti.

Cambia qualcosa anche sulla scuola, gli isolamenti fiduciari scolastici e il rientro in classe?

Al momento no. Anche questo è un argomento oggetto di continua attenzione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute. Per ora, come sappiamo, la scuola è ripartita in maniera molto ordinata e molto controllata e con dei dati rassicuranti relativamente ai protocolli, che sono sempre orientati al principio di massima cautela. Magari da un punto di vista del cittadini possono sembrare protocolli eccessivi, ma quando si parla di controllo delle malattie infettive nelle comunità questo principio di massima cautela dovrebbe guidare tutte le misure che vengono prese.

Ci conferma che avete consigliato al governo di fermare gli sport amatoriali?

Non se ne è discusso. Questo è un argomento ancora in discussione, ma chiaramente si tratta di una di quelle attività nelle quali è molto difficile evitare il contatto, lo vediamo anche nel calcio professionistico. È uno di quei punti in cui bisogna fare un’attenta valutazione del rapporto costi/benefici, ma credo che la decisione verrà presa nelle prossime ore o nei prossimi giorni.

Avete un’altra riunione prima del DPCM?

Noi ci riuniamo anche oggi, sì.

Si parla del possibile divieto di sostare davanti ai locali. È una cosa ancora in discussione?

È una cosa che va al di fuori dei compiti del comitato tecnico scientifico, queste sono decisioni che verranno prese dal Ministero della Salute, dagli altri Ministri e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Non sono decisioni relative all’ambito tecnico-scientifico.

Avete dato delle indicazioni anche sui trasporti e la loro capienza?

No, sappiamo ed è molto chiaro che il trasporto pubblico, soprattutto quello locale, è un punto critico ed è uno dei motivi per cui anche la riapertura delle scuole è stata particolarmente attenta: mobilitare milioni di alunni significa anche mobilitare centinaia di migliaia di mezzi di trasporto pubblico locale.
Nella nostra organizzazione sociale il trasporto pubblico è essenziale per lo svolgimento di quasi tutte le attività. Personalmente credo che la cosa migliore sarebbe quella di minimizzare le possibilità di contatto. Ricordiamo che il rischio è consistente nel momento in cui il contatto è un contatto stretto, definito al di sotto di un metro e per un periodo superiore ai 15 minuti.

La paura è che si possa arrivare ad un lockdown. È una strada un po’ già scritta, secondo lei, o è probabile che dopo queste nuove misure si possa tornare, in base ai dati, ad una vita più normale?

Secondo me non è una strada già scritta. La fase in cui ci troviamo oggi è una fase abbastanza diversa da quella in cui ci trovavamo a marzo. Oggi abbiamo in atto dei presidi che non avevamo, dalle mascherine ad una diversa consapevolezza delle persone. In più abbiamo imparato qualcosa di questa malattia, sappiamo curare meglio i malati e abbiamo delle diagnostiche più precoci e più diffuse. Questo non vuol dire che non dobbiamo stare attenti, perché abbiamo di fronte la stagione invernale che porta con sé le infezioni respiratorie e mette più sotto pressione gli ospedali. Credo che dovremo mantenere uno stile di vita che non è lo stile di vita che avevamo due anni fa, ma uno stile di vita praticamente normale e con qualche rinuncia almeno per l’inverno. Sulla primavera sono speranzoso che ci possano essere buone notizie sul fronte di un vaccino.

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