Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Giovedì 28 maggio 2020

ministro boccia

Il racconto della giornata di giovedì 28 maggio 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia diffusi oggi alle incertezze sulla ripresa degli spostamenti tra le Regioni, mentre Fontana e Gallera minacciano querela dopo l’accusa di manipolazione dei dati dell’epidemia per non lasciare la Lombardia fuori dagli spostamenti tra Regioni dopo il 3 giugno. 40 anni fa veniva ucciso Walter Tobagi e oggi Brescia ha ricordato la strage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Il ricordo di Claudio Agostoni di Massimo Villa, che ci ha lasciati oggi. Infine i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

(di Sara Milanese)

Rispetto a ieri crescono ancora i nuovi casi di coronavirus nei dati presentati oggi dalla Protezione Civile, quasi due terzi sono in Lombardia.
Oggi in Italia ci sono 489 malati di coronavirus ricoverati in terapia intensiva. Per la prima volta dallo scorso 7 marzo questo dato torna sotto la soglia dei 500 ricoveri.
Non è l’unico dato incoraggiante: anche il numero di casi positivi scende sotto una soglia simbolica, quella dei 50mila; questa cifra era stata superata il 22 marzo, in piena fase di espansione del contagio.
Nelle ultime 24 ore però si sono registrate ancora 70 morti per COVID, e per il terzo giorno consecutivo anche oggi torna a salire il numero di nuovi positivi, che sono 593.
Se Basilicata, Calabria, Umbria e Sardegna non registrano nuovi casi, è come sempre la Lombardia ad influire pesantemente sul dato nazionale: qui infatti si sono registrati 382 nuovi positivi, il 64% del totale, e anche 20 vittime.
Emilia Romagna e Piemonte sono le altre due regioni che segnalano un consistente aumento di casi, rispettivamente 74 e 58. In 8 regioni non ci sono state vittime: Sicilia, Umbria, Sardegna, Valle d’Aosta, Calabria, Molise, Basilicata e Trentino Alto Adige.

Ancora molta incertezza sugli spostamenti tra Regioni

(di Anna Bredice)

C’è ancora parecchia incertezza sulla riapertura degli spostamenti tra le regioni e la decisione potrebbe arrivare a ridosso del 3 giugno, proprio quando dovrebbe scattare la riapertura. Dal ministero della Sanità fanno sapere che la valutazione verrà fatta domani solo quando arriveranno i dati completi del monitoraggio svolto dall’Istituto superiore di sanità, su 21 parametri complessivi nei quali rientrano i contagi, ma anche l’organizzazione dei reparti di terapia intensiva. E solo dopo verrà presa una decisione, che al momento però non può prevedere nessun passaporto sanitario, come continua a chiedere il presidente della regione Sardegna Solinas. Oggi ha ribadito che per lui chi non ha un test di immunità o negatività al virus non può imbarcarsi per l’isola, ma il ministro Boccia ha escluso questa ipotesi, anche se la Conferenza stato regioni l’ha messa all’ordine del giorno nella riunione della prossima settimana come argomento da discutere. “I passaporti sanitari non esistono perché la Costituzione vieta i limiti nella libera circolazione delle persone, si riparte senza distinzioni”, ha detto Boccia, che sembra prefigurare una riapertura anche per la Lombardia, come oggi si è augurato Fontana in una autopromozione della sua regione. Ma ad essere preoccupati per gli spostamenti sono un po’ tutte le regioni che ora contano pochi contagi, oggi quattro ne sono prive e si chiedono come accogliere in sicurezza le persone. Lo fa nel Veneto anche Zaia, che però non parla di test, ma inverte la questione e si pone come regione covid free per i turisti. Se il criterio sarà quello di una soglia nei parametri generali di sicurezza è probabile che alcune regioni saranno escluse, si era ipotizzato tempo fa di spostamenti tra regioni confinanti o tra regioni con parametri uguali, ciò che si esclude è una quarantena per chi entra, improponibile per i mesi di vacanza. Nel fine settimana quindi dovrà arrivare una decisione, con molte regioni che appaiono impazienti di ricominciare.

Il disastro Lombardia

(di Michele Migone)

Basta l’elenco dei fatti delle ultime ore per avere il quadro del Disastro Lombardia. L’autorevolissima fondazione medico scientifica Gimbe accusa la Regione di manipolare i dati sull’epidemia per evitare di rimanere chiusa dopo il 3 giugno. Fontana minaccia querela, ma sa bene quale è la situazione sanitaria. I dati ufficiali parlano comunque chiaro: la Lombardia rimane la grande malata d’Italia. Se il Ministro Speranza dovesse decidere di non aprire, per il presidente lombardo sarebbe un duro colpo, e a poco servirebbe urlare al complotto politico contro il governo. I nodi vengono al pettine.
La Procura di Bergamo ha convocato Fontana per sentirlo in qualità di persona informata dei fatti nell’inchiesta sulla mancata chiusura dell’ospedale di Alzano, sulla mancata zona rossa nella bergamasca e sull’invio dei positivi nelle RSA. Poi sentirà anche Gallera. I magistrati faranno domande ai due sulla catena di comando della Regione per capire fino a che livello bisogna risalire per le decisioni sbagliate prese. Poi c’è l’inchiesta della Procura di Milano sul Pio Albergo Trivulzio e sulle altre RSA lombarde, almeno 22 fascicoli aperti. Il focus è sulla ormai tristemente famosa circolare dell’8 marzo. L’impressione è quella del fortino assediato. Parato il colpo sulla commissione d’inchiesta regionale con l’elezione di un presidente gradito, la Destra in Regione si trova in brutte acque. Matteo Salvini voleva dare una riverniciata alla giunta per farla sembrare nuova, ma alla fine ha capito che l’allontanamento di Gallera avrebbe messo a rischio lo stesso Fontana. Basterà il cambio di strategia di comunicazione per far diminuire la pressione sul governo lombardo?

40 anni fa veniva ucciso Walter Tobagi


40 anni fa, la mattina del 28 maggio 1980, veniva ucciso a Milano Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera.
Giovane cronista, attivo nel sindacato, intransigente nel denunciare il terrorismo, delle Brigate Rosse scrisse “non sono samurai invincibili”. Fu ammazzato dalla “colonna 28 marzo” un gruppo capeggiato da Marco Barbone che gravitava nell’orbita del terrorismo di sinistra.
Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera, era amico e collega di Tobagi, e oggi ricorda anche il clima pesante che si respirava al Corriere. Erano gli anni in cui il giornale di via Solferino era di fatto nelle mani della loggia massonica P2.

 

La commemorazione della strage di piazza della Loggia

(di Massimo Alberti)

A Brescia oggi la commemorazione della strage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974, la bomba esplosa i durante una manifestazione antifascista. Alle 10,12, l’orario dell’esplosione, gli 8 rintocchi dell’orologio della piazza a ricordare le 8 vittime.
La città non ha rinunciato al ricordo in piazza, condizionato però dalle misure di sicurezza per la pandemia.
Il 28 maggio non è solo una commemorazione. È un momento di ritrovo e condivisione tra chi si riconosce nei valori dell’antifascismo, della democrazia. Mai come quest’anno vivere la piazza ha avuto il senso di ritrovarsi. Il COVUD ed i risvolti drammatici su Brescia hanno attraversato Piazza Loggia tanto quanto l’esigenza della memoria. Compagni e compagne che si rivedevano per la prima volta dopo settimane, scambi di storie personali non sempre a buon fine, ad aggiungere un pezzo della memoria che sarà per chiedere conto ai responsabili oggi come allora. Il silenzio agli 8 rintocchi della campana è stato ancor più solenne, proprio perché in tanti un pensiero lo hanno dedicato anche ai loro morti. Anche questo ha spinto la voglia di esserci comunque, anche così: in una piazza per la prima volta chiusa al libero accesso nell’anniversario, senza palco e discorsi, con un ingresso e un’uscita regolati dal sindacato per le delegazioni che portavano fiori e striscioni sotto la stele che ricorda le 8 vittime della bomba del 1974. Massimo 100 persone, distanziate dai segni tracciati a terra. Ma ce ne sono state molte di più, rispettose e con mascherina. Un via vai che dopo le commemorazioni ufficiali ha animato la piazza fino a sera con la manifestazione indetta da centri sociali, circoli Anpi, sindacati di base. “Non è stato facile giungere alla verità e completare il percorso della giustizia”, ha scritto nel suo messaggio Mattarella ricordando la condanna definitiva all’ordinovista Carlo Maria Maggi e al referente dei servizi segreti Maurizio Tramonte, nella sentenza di cassazione che 3 anni fa ha fissato la matrice fascista e di stato della strage.

Oggi ci ha lasciati Massimo Villa

(Il ricordo di Claudio Agostoni)

Chi ha imparato ad amare certa musica ascoltando la radio deve molto a Massimo
Villa, uno dei conduttori di Per voi giovani e Pop Off, le prime trasmissioni dell’etere italiano dedicate a certi suoni. Per le emittenti satellitari Rai, come autore e regista, ha firmato oltre sessanta programmi. Ha fatto il musicista (era in una delle formazioni degli Stormy Six) e il giornalista musicale, tradotto libri di artisti che amava, redatto voci di enciclopedie, lavorato in televisione per Videomusic. Aveva fatto il presentatore al mitico concerto per Demetrio Stratos all’Arena. Appassionato della lettura ad alta voce ha lanciato su RadioAlt il format degli incipit, realizzandone poco meno di mille, componendo le musiche di accompagnamento e curandone la regia.
Da anni viveva in Portogallo, dove dopo aver sperimentato il ruolo di casaro nell’ultimo periodo gestiva un B&B a Porto. Ma non aveva mai abbandonato la sua passione: la radio. Si era costruito un efficiente studio radiofonico dove registrava le puntate di Jazz Club che andavano in onda il sabato pomeriggio su Radio Popolare (e in replica, una anomalia per i nostri palinsesti, la domenica). La sua voce era la voce, quella che tutti quelli che fanno radio vorrebbero avere. La sua competenza enciclopedica. La sua umanità infinita. Con lui se ne va un pezzo importante della storia della radiofonia, ma anche una bella persona.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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