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Sciopero in Francia, CGT: “La parola d’ordine è ritirare la riforma”

sciopero

Sciopero in Francia. Gli annunci del primo ministro della Francia Eduard Philippe di questo weekend non hanno accontentato quasi nessuno. A parte il sindacato riformista CFDT che, soddisfatto del ritiro provvisorio dell’età di equilibrio, ha deciso di non scendere nuovamente in piazza per lo sciopero questa settimana.

Se da destra denunciano una riforma azzoppata, da sinistra evidenziano le contraddizioni di un progetto di legge che andrà in parlamento prima della fine della conferenza tra le parti sociali per proporre un metodo di finanziamento alternativo a quello del governo. Che tra l’altro, ha insistito Philippe: “Non dovrà prevedere né una diminuzione delle pensioni né un aumento del costo del lavoro”. Ma quindi, i compromessi annunciati dal governo hanno davvero cambiato la struttura della riforma delle pensioni? Régis Mezzasalma è il responsabile pensioni del sindacato francese CGT:

No, non c’è stato nessun cambiamento rispetto al progetto iniziale perché tutte le misure a cui la CGT si oppone, a cominciare dalla creazione di un sistema a punti, vengono mantenuti. E viene mantenuto lo stesso quadro budgetario e di finanziamento. Vuol dire che tutto è fatto per non far aumentare le entrate e quindi per permettere al sistema di rimanere in equilibrio si dovrà necessariamente abbassare il livello di vita dei futuri pensionati.
Il passaggio da un sistema annuale a un sistema a punti prevede che il calcolo della pensione si faccia su tutta la carriera e non sui periodi migliori, com’era fin’ora. Nel privato si faceva la media sui 25 migliori anni. Quindi è chiaro per chiunque che se si prende in considerazione tutta la carriera vengono calcolati anche gli anni meno buoni che con il calcolo attuale venivano neutralizzati. L’altro punto che contestiamo è la gestione del sistema che viene vincolato da un quadro legislativo che impone una traiettoria finanziaria da rispettare ma non permette di modificare tutti i parametri del sistema. Se il governo continua a fare quello che sta facendo oggi, cioè diminuire le entrate esonerando dal versamento dei contributi senza mai compensare questa diminuzione, sarà per forza difficile mantenere il sistema in equilibrio. Non perché spenderemo troppo ma perché le entrate non basteranno a causa delle scelte politiche del governo.
Sì, pensiamo che i lavoratori sono determinati e vogliono continuare il movimento. Noi i ogni caso li esortiamo a farlo ed ad estendere il movimento. Perché non siano solo quelli che sono in sciopero da 40 giorni ma che altri subentrino e incrocino le braccia. E che quelli che formalmente non possono scioperare mostrino la loro solidarietà alimentando le casse di sciopero. Quelle casse di solidarietà che servono ad aiutare chi sciopera a reggere il colpo. Ma che vadano anche a sostenerli nelle manifestazioni o sui picchetti perché il supporto morale è importante. Noi pensiamo che il movimento può e continuerà a durare anche perché i lavoratori che hanno scioperato per 40 giorni non lo hanno certo fatto per fermarsi difronte ad una mezza misura. La parola d’ordine è ritirare la riforma e chi si è mobilitato fin dall’inizio per questo non cederà certo davanti ad un artificio come il ritiro di un’età di equilibrio virtuale. È vero che abbiamo avuto scioperi più corti che hanno dato dei risultati. Ma qui siamo di fronte ad un governo che si ostina, che cerca di impressionarci e non si fa scrupolo di usare e abusare della forza pubblica, per spaventare i manifestanti e per storpiarli come vediamo chiaramente da ormai più di un anno.

Foto dalla pagina ufficiale della Confédération Générale du Travail su Facebook

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Una terza via sui manicomi, dopo la loro chiusura stabilita dalla legge Basaglia. È quella che ha invocato il ministro dell’Interno Piantedosi, commentando l’accoltellamento della donna a Milano per mano di un uomo con problemi psichiatrici. Il capo del Viminale ha detto che il caso richiama l’attenzione sul tema, evocando di fatto la riapertura di strutture simili ai manicomi. “Credo vada riconsiderata una terza via con trattamenti delle persone che garantiscano la sicurezza dei cittadini”, ha spiegato Piantedosi in tv. La maggioranza nei mesi scorsi aveva già provato a mettere mano con una riforma alla legge Basaglia. Ma non è la legge 180 ad aver creato insicurezza e abbandono, bensì il definanziamento della sanità pubblica. Come spiega Massimo Cirri, psicologo e conduttore radiofonico.

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    1) Israele, la diffusione del video delle torture nel carcere di Sde Teiman non è il problema. Gli abusi e l’impunità lo sono. (Daniel Solomon - physicians for human rights) 2) New York al voto. Trump minaccia gli elettori che devono scegliere il prossimo sindaco della città, in un’elezione che potrebbe rimodellare il partito democratico. (Roberto Festa) 3) E’ morto Dick Cheney. Il potente vice presidente americano artefice della guerra al terrore che plasmò gli stati uniti contemporanei. (Martino Mazzonis) 4) Francia, la battaglia contro il fast fashion è persa prima ancora di iniziare. A Parigi apre il primo negozio fisico di Shein, il colosso cinese noto per il pesante impatto ambientale e le vergognose condizioni dei lavoratori. (Francesco Girgini) 5) Spagna, la riconciliazione con il Messico passa dall’arte e dalla cultura. Madrid non ha ancora chiesto scusa per il periodo coloniale ma con una mostra e l’assegnazione del premio Cervantes prova a ricucire lo strappo. (Giulio Maria Piantedosi) 6) Belem 2025, ultima chiamata. Diario dalla Cop30: la flotilla dei popoli indigeni partita dal messico in viaggio verso il Brasile. (Alice Franchi) 7) Rubrica Sportiva. Il ritiro di Bopanna, il grande veterano del tennis mondiale. (Luca Parena)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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