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Molenbeek, periferia sociale d’Europa

Sono sufficienti solo quattro fermate di metropolitana tra la stazione di Maelbeek – colpita da uno degli attentati terroristici del 22 marzo, nel cuore del quartiere europeo – e la fermata di Conte de Flandre a Molenbeek. Una delle zone più povere fra i 19 comuni che compongono la città di Bruxelles-Capitale, con una popolazione di centomila residenti, con il reddito pro capite fra i più bassi del Belgio e con un tasso di disoccupazione giovanile fra i più alti d’Europa (oltre il 40 per cento).

A dividere la città il canale fluviale, linea di demarcazione geografica e sociale. A sud il centro turistico, il quartiere europeo e i ricchi comuni che lo circondano, pieni di café, di ristoranti, di cinema e di teatri. A nord i quartieri più poveri, dove abita la gran parte della comunità musulmana della città, con i café di quartiere (spesso frequentati da soli uomini), le macellerie halal e lo spettro della radicalizzazione di matrice islamica, di cui naturalmente Molenbeek è tristemente capofila.

Un comune in cui l’attaccamento alla tradizione d’origine e il senso d’appartenenza in seno alla realtà belga, fortemente multiculturale, multilinguistica e cosmopolita, convivono e si sovrappongono. Una realtà in cui radicalizzazione e integrazione si sovrappongono. Da una parte una popolazione aperta alla diversità e iniziatrice di una rete associativa solida e vivace, capace non solo di creare lavoro sui temi dell’integrazione, ma anche di valorizzare quella mixité sociale che caratterizza il tessuto sociale della città. Dall’altra l’immagine di un comune in cui si sviluppa la retorica dell’estremismo islamico, colpevole delle partenze di molti giovani verso la Siria, divenuti poi terroristi una volta rientrati sul suolo europeo.

Il legame con i tristi fatti di questi giorni e l’assedio mediatico di questi mesi, ci restituiscono un’immagine opaca del comune di Molenbeek. A essere omessa è la realtà quotidiana di queste periferie sociali, piuttosto che geografiche, costrette a fare i conti con la stigmatizzazione culturale, nonché con le politiche di austerità che in Belgio iniziano lentamente a farsi sentire, soprattutto nelle fasce più deboli della società. Le realtà come quella di Molenbeek sembrano soffrire particolarmente questa condizione, fra nuove forme di povertà, tagli alla spesa pubblica e un processo di gentrification di grandi proporzioni che ne sta completamente compromettendo il tessuto urbanistico e sociale. In questo panorama a soffrire maggiormente sono proprio quelle giovani generazioni, facilmente affascinate dalla retorica cosiddetta integralista.

Gabriele Annichiarico lavora a Molenbeek

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    Gabriele Annichiarico
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    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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