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Clinton asfalta Sanders in South Carolina

Hillary Clinton ha battuto Bernie Sanders – e i suoi fantasmi – in South Carolina.

A spoglio quasi concluso, la Clinton ha conquistato il 74 per cento del voto, contro il 26 per cento di Sanders. La vittoria dà slancio all’ex segretario di stato prima del Super Tuesday e conferma un dato: gli afro-americani hanno scelto lei come proprio candidato alla presidenza.

Celebrando la vittoria con i suoi sostenitori, dopo l’arrivo dei risultati, la Clinton ha parlato come se ormai fosse la nominata ufficiale del partito alla Casa Bianca. Non ha quasi considerato Sanders e si è rivolta direttamente al candidato a questo punto più probabile del campo avverso: Donald Trump. “Nonostante quello che voi sentite, non abbiamo bisogno di far tornare grande l’America – ha detto la Clinton, in un riferimento esplicito allo slogan elettorale di Trump -. L’America non ha mai smesso di essere grande. Quello di cui abbiamo bisogno è che l’America torni un insieme. Invece di costruire dei muri, abbiamo bisogno di abbattere le barriere”.

In contrasto, ancora una volta, con i toni eccessivi e spesso insultanti assunti dal dibattito interno al partito repubblicano – toni che proprio la discesa in campo di Trump ha contribuito a esacerbare – la Clinton ha detto: “So che talvolta sembra un po’ strano per qualcuno che corre come presidente dire che abbiamo più bisogno di amore e gentilezza in America. Ma io vi dico proprio questo, e dal profondo del mio cuore. Ne abbiamo bisogno. Non ho alcun dubbio, dentro di me, che gli anni migliori per l’America siano davanti a noi”.

Sanders si aspettava la sconfitta in South Carolina, tanto è vero che sabato sera era già in Minnesota per un altro comizio. “In politica, talvolta vinci, talvolta perdi – ha detto -. Stanotte abbiamo perso. Martedì ci saranno oltre 800 delegati in palio, e intendo vincerne molti”. Parlando ai suoi, poco dopo, il candidato dei progressisti è tornato ai temi per lui più tradizionali: la lotta alle devastanti diseguaglianze economiche e sociali negli Stati Uniti, la necessità di un ritorno della politica ai principi, la richiesta che la Clinton renda pubbliche le trascrizioni dei suoi interventi – lautamente pagati – a Goldman Sachs.

Il voto in South Carolina è però per Sanders un campanello d’allarme: la sua candidatura non riesce a fare breccia in gruppi essenziali del voto democratico. In primo luogo, i neri. In South Carolina, secondo le prime analisi, l’87 per cento degli afro-americani ha votato per la Clinton, contro il 13 per cento che è andato a Sanders. Se si considera che martedì vanno al voto diversi Stati del Sud, si capisce anche quanto la sua campagna sia in difficoltà.

Se Bernie resta un candidato di certi gruppi e aree geografiche – il New England, la borghesia bianca e progressista, gli studenti, alcuni settori di working-class – il voto in South Carolina dà una spinta straordinaria a Hillary Clinton. Qui, nel Palmetto State, otto anni fa, la Clinton subì un’umiliante sconfitta da parte di Barack Obama e perse l’allure di candidata “inevitabile” che aveva mantenuto sino ad allora. La situazione è completamente differente ora. La vittoria in South Carolina è perentoria. I prossimi appuntamenti elettorali sembrano esserle favorevoli. La conta dei delegati sinora assegnati le dà un ampio vantaggio. E, paradossalmente, la presenza di un rivale come Bernie Sanders – in corsa alle primarie ancora per qualche mese – può risultare un beneficio ulteriore. Sanders sta infatti coinvolgendo nel processo elettorale un elettorato progressista che, senza di lui, sarebbe rimasto probabilmente fuori dal processo elettorale.

Parte importante di quel voto, è il ragionamento del team Clinton, sosterrà il candidato ufficiale dei democratici a novembre.

E quel candidato, manco a dirlo, dovrebbe essere proprio lei. Hillary Clinton.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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    Fa troppo caldo: scioperano i lavoratori della Emmegi, che costruisce condizionatori a Cassano d’Adda

    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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