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E se Sala guidasse il centrosinistra?

Un anno e mezzo fa, non tantissimi ci avrebbero scommesso.

Oggi, dopo un anno e mezzo alla guida di Milano, Sala, il dirigente della Pirelli, l’uomo che collaborò con la sindaca di centrodestra Letizia Moratti in qualità di City Manager, il commissario di Expo, è una sorpresa.

Ha descritto una idea forte della città, una città aperta e solidale, che accoglie il business e i migranti, che si sviluppa e tutela i suoi cittadini.

Ovviamente il suo lavoro è solo all’inizio ed è presto per azzardare un bilancio.

Le sue parole rimangono buone intenzioni che dovranno passare la prova dei fatti.

Ma la capacità politica che si è costruito in questi mesi piace ai moderati e piace a sinistra.

Anche perché ha mostrato di sapere esercitare una leadership inclusiva, distante e diversa da quella di Renzi il quale invece ha uno stile e una prassi divisive.

Lui, Sala, ha affermato in più occasioni che il suo obiettivo politico è quello di fare il sindaco per i prossimi 10 anni.

Eppure, possiede due caratteristiche che potrebbero consentirgli di ambire a un ruolo nazionale.

La prima: Sala è il solo leader politico di area Pd (“è il partito che voto, anche se non ho la tessera”, ripete) che sia stato capace di tenere testa a Renzi e di criticarlo senza che il segretario sia riuscito a metterlo ai margini. Quando era commissario di Expo 2015, la più importante impresa realizzata in Italia dai tempi dei mondiali del 1990, Renzi provò a togliergli l’incarico (era stato nominato da Enrico Letta) per sostituirlo con Luca Cordero di Montezemolo, ossia proprio colui che gestì quei campionati del mondo. “In Expo serve un lottatore da 13 ore di lavoro al giorno, Montezemolo durerebbe qualche settimana” disse Sala a Renzi in un faccia a faccia a Palazzo Chigi raccontato dal sindaco nel suo libro “Milano e il secolo delle città”.

L’esito di quelle parole fu che Sala rimase al proprio posto.

In questi giorni, Sala ha criticato Renzi. Duramente. Nella sua intervista a Radio Popolare è stato molto esplicito, parlando delle candidature:  “da Renzi mi sarei aspettato più equilibrio, si è messo una truppa che gli è molto fedele”.

E alla domanda “anche per seguire altre strade?” ha risposto: “oggettivamente penso di sì, io mi auguro di no perché credo che il primo punto sia la difesa del Partito Democratico”.

Renzi non ha replicato.

Le “altre strade” che Sala non auspica sono le larghe intese con Forza Italia.

E siamo alla seconda caratteristica che fa di lui un possibile candidato a guidare il centrosinistra: Sala rimane fedele al modello del centrosinistra che governa Milano, nonostante Renzi guardi ormai ad altre formule politiche.

Da qui la tensione e il trattamento non certo benevolo riservato da Renzi e Lotti a Milano al momento della composizione delle liste del Pd per il Parlamento.

Milano è la città più importante d’Italia, la sola che abbia davvero una proiezione internazionale, può permettersi di ragionare in termini di autonomia dal resto del Paese e il suo governo locale rappresenta l’esperienza principale tra tutte le amministrazioni di centrosinistra.

Oggi, Milano è una realtà a parte anche sul piano politico. In Italia il centrosinistra si dimena in una crisi che sembra senza uscita, dall’esito infausto. Servirebbe una nuova scommessa.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    In diretta dall'Ucraina Sabato Angieri ci racconta delle profonde differenze che ormai segnano il paese tra territori in guerra e retrovie, di chi non vuole andarsene nonostante la guerra abbia distrutto spazi e vite e di come il fronte insista da due anni sugli stessi campi. Gianpaolo Scarante, docente all'Università di Padova ed ex-diplomatico analizza lo scontro verbale tra Russia e Nato e invoca il ritorno della ragione per evitare una escalation dei fatti. Emanuele Valenti ci aggiorna sull'entrata dei carri armati a Gaza City dopo giorni di bombardamenti mirati a distruggere tutti i palazzi principali della città per forzare la popolazione ad andarsene. Ma la popolazione non ha nessun posto dove andare. E anche chi avrebbe un visto di studio in Italia non riesce a uscire dall'inferno della Striscia lo raccontano le voci di alcuni degli studenti palestinesi che hanno vinto una borsa di studio nelle università italiane. Molti di loro hanno diffuso appelli sui social per chiedere di fare pressione sulle autorità italiane affinché organizzino la loro evacuazione immediata. Sentiamo le loro voci e ci spiega come stanno, chi sono e perché non si riesce ad aprire un corridoio umanitario per loro Stefano Simonetta, Prorettore ai Servizi agli Studenti e al Diritto allo Studio della Università Statale di Milano.

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