Approfondimenti

Perché la Cina disinveste in Italia

La Cina lancia segnali politici all’Italia attraverso una catena di disinvestimenti finanziari?

Oppure tutela semplicemente il proprio denaro?

Sono le domande che sorgono dopo che People’s Bank of China (PBoC) – la banca centrale cinese – ha venduto parte delle proprie quote in Terna, Unicredit e Intesa San Paolo nel giro di una settimana o poco più, tra il 30 ottobre e il 6 novembre.

Se un investitore sale sopra il 2 per cento di una società quotata in Borsa, passa dallo status di azionista speculativo a quello di azionista “rilevante” e la Consob deve renderlo pubblico. Lo stesso accade se, al contrario, un investitore vende delle quote e scende sotto tale soglia.

Insomma, con meno del 2 per cento di un pacchetto azionario, un investitore resta invisibile; nel momento in cui supera la percentuale, dichiara automaticamente al mondo che sta puntando su quella società.

Tra il 5 e il 13 novembre, la Consob ha così dovuto dare notizia sul suo sito che la banca centrale cinese ha venduto quote dei propri pacchetti azionari in Terna-rete Elettrica Nazionale, scendendo dal 2,005 per cento all’1,999 (operazione del 30 ottobre); in Unicredit, passando dal 2.005 all’1.997 (operazione del 4 novembre); Intesa San Paolo, passando dal 2,005 all’1,998 (operazione del 6 novembre).

Si tratta di mosse incredibilmente simili, sia per le quote possedute in origine dalla PBoC, sia per l’entità del riposizionamento appena al di sotto della fatidica soglia. E sono avvenute una dietro l’altra, a scadenza regolare, dopo che fino al 30 giugno Pechino aveva comprato invece di vendere. La qual cosa faceva parlare di Cina che “punta sul sistema Italia”. Risale infatti al 29 giugno l’acquisizione che porta le partecipazioni in Unicredit al 2,005 e al 30 giugno quella in Monte Paschi che fa arrivare PBoC al 2.01.

Le acquisizioni della banca centrale cinese in società italiane erano cominciate nel 2014. Avevano interessato Fiat, Prysmian, Telecom, Enel, Eni, Terna, Medobanca, Generali, e le tre banche che hanno sede anche a Pechino: Unicredit, Intesa San Paolo e Monte Paschi. Erano state accolte dagli analisti di casa nostra con favore e con un po’ di meraviglia: perché investimenti tutti uguali che portano la quota cinese di poco sopra al 2 per cento? Soprattutto quando si ha a che fare con investitori pubblici- quelli cinesi – che tendono ad agire con una certa riservatezza.

La conclusione vagamente soddisfatta e più o meno condivisa era stata che Pechino volesse dare un segnale di fiducia verso il sistema Italia.

Se la People’s Bank investe e si rende “visibile”, i privati infatti la seguono: “Andate e comprate dagli amici italiani”.

Pur investendo una minima parte degli oltre 3400 miliardi di dollari in riserve valutarie che gestisce, la PBoC sembrava puntare sull’Italia del tutto coerentemente con quel processo di diversificazione che Pechino sta mettendo in atto dal 2008, per diminuire la propria esposizione in bond del Tesoro Usa ed emanciparsi dalla “dittatura del dollaro”.

A queste operazioni finanziarie se ne sono accompagnate altre di natura prettamente industriale, legate soprattutto al trasferimento di tecnologia, come l’acquisizione del pacchetto di maggioranza in Pirelli, o l’acquisto di una quota di minoranza (pari al 35 per cento) in Cdp Reti, il veicolo finanziario che controlla Terna e Snam. Tutto sembrava concorrere al clima di fiducia.

Ora la Cina sembra fare marcia indietro.

Perché?

Si possono fare un paio di ipotesi. Primo. La banca centrale cinese si vuole riportare nella sua “comfort zone”, ovvero al di fuori del cono di luce dell’obbligo di pubblicità al mercato. In questo caso, non si tratterebbe di un vero e proprio disinvestimento, ma semplicemente di una limatura delle proprie partecipazioni: a oggi, si stima che le cessioni in Terna, Unicredit e Intesa San Paolo assommino a poco meno di 7 milioni di euro e, dati i valori in campo, se questa politica venisse riconfermata per le altre partecipazioni, difficilmente si arriverebbe a una cinquantina di milioni. Bruscolini. L’ipotesi del disinvestimento, però, non è del tutto esclusa, specialmente se si considera che al di sotto del 2 per cento tutte le operazioni rimarrebbero al riparo da obblighi di comunicazione. Come dire: scendiamo di poco oggi per poter fare l’operazione definitiva, con maggiore discrezione, più avanti. Dietro questo comportamento, potrebbe esserci sia una “gentilezza” nei confronti dell’Italia – “guardate che stiamo disinvestendo, traete le vostre conclusioni” – sia la volontà di non far sapere che si stanno liquidando asset per fare cassa.

Secondo. La Cina sta mandando un segnale politico-economico all’Italia, di segno contrario a quello che avevano le acquisizioni. Al momento, possiamo solamente immaginare il motivo di questo avvertimento, ma qualche idea possiamo farcela venire in mente.

Il 2016, sarà l’anno in cui la World Trade Organization deciderà sulla concessione a Pechino dello status di economia di mercato (Mes). Se Pechino otterrà tale status, l’Europa non potrà più applicare tariffe anti-dumping contro le sue merci. Secondo i funzionari cinesi, il Mes si ottiene automaticamente dopo quindici anni di appartenenza al Wto; per Europa e Usa, invece, sono gli altri membri dell’organizzazione a dover decidere in merito, sulla base dei “passi avanti” compiuti dalla Cina.

Ovviamente, tra le due contrapposte interpretazioni, ci passa tutto il possibile in termini di patti dietro le quinte, accordi commerciali, dichiarazioni pubbliche e via dicendo. Così, Pechino ha da tempo cominciato una sua “offensiva dello charme” – inteso come portafoglio – alla quale non sono estranei anche i recenti viaggi di Xi Jinping negli Usa e in Gran Bretagna e gli atteraggi di Merkel e Hollande a Pechino (ottavo viaggio in Cina per la cancelliera tedesca).

Chi è totalmente assente, in questo andirivieni di jet presidenziali?

Il vice ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda è venuto a Pechino lo scorso marzo. In quell’occasione, ci disse che il Mes alla Cina era tutt’altro che scontato e che l’Italia si sarebbe coordinata con gli altri partner europei per avere una posizione comune. Mostrò il petto e i muscoli.

Di recente, durante il dibattito alla Ue sullo stesso tema, ha rincarato la dose, definendo “errore” l’eventuale “disarmo unilaterale” dei 28 membri Ue nei confronti di Pechino, secondo quanto riporta il Financial Times. Ha aggiunto che la Cina potrebbe affrontare il proprio rallentamento economico sussidiando ulteriormente le imprese in eccesso di capacità, mettendo “intere linee industriali della nostra economia e del nostro continente in ginocchio”. “La Cina non è un’economia di mercato, non soddisfa le condizioni“, ha detto Calenda.

Sono tutte posizioni legittime, ma l’impressione è che l’Italia sia stata lasciata sola dagli altri partner europei.

Alla nostra richiesta di intervista con Carlo Calenda, la sua portavoce ci ha risposto che, in questo momento, il vice ministro preferisce non rilasciare dichiarazioni.

  • Autore articolo
    Gabriele Battaglia
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio giovedì 03/07 19:30

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 03-07-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve giovedì 03/07 18:30

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 03-07-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di giovedì 03/07/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 03-07-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di giovedì 03/07/2025 delle 19:49

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 03-07-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    News della notte di giovedì 03/07/2025

    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

    News della notte - 03-07-2025

  • PlayStop

    Conduzione musicale di giovedì 03/07/2025 delle 21:00

    Un viaggio musicale sempre diverso insieme ai nostri tanti bravissimi deejay: nei giorni festivi, qua e là, ogni volta che serve!

    Conduzione musicale - 03-07-2025

  • PlayStop

    Jazz in un giorno d'estate di giovedì 03/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

    Jazz in un giorno d’estate - 03-07-2025

  • PlayStop

    Popsera di giovedì 03/07/2025

    Popsera è lo spazio che dedicheremo all'informazione nella prima serata. Si comincia alle 18.30 con le notizie nazionali e internazionali, per poi dare la linea alle 19.30 al giornale radio. Popsera riprende con il Microfono aperto, per concludersi alle 20.30. Ogni settimana in onda un giornalista della nostra redazione.

    Popsera - 03-07-2025

  • PlayStop

    Ardone: “L’assenza del ministro Giuli al Premio Strega: è la fine della comunicazione tra chi fa cultura e chi dovrebbe governarla”

    Dopo le polemiche sull’assenza del ministro Giuli, che sostiene di non avere nemmeno letto i libri della cinquina dei finalisti, sarà assegnato questa sera il premio Strega 2025. Quella di oggi, si è saputo nel pomeriggio, potrebbe anche essere l'ultima edizione che si terrà al Ninfeo di Villa Giulia. Per l'anno prossimo il ministero vorrebbe spostare la cerimonia a Cinecittà. La provocazione del ministro Giuli è l’ennesima spia dell’insofferenza della maggioranza nei confronti di un mondo, quello della cultura, che vorrebbe riplasmare a proprio piacimento. Anna Bredice ha intervistato su questo la scrittrice Viola Ardone.

    Clip - 03-07-2025

  • PlayStop

    Poveri ma in ferie di giovedì 03/07/2025

    Quando ci buttiamo nel pogo di un concerto metaforico insieme agli ascoltatori e ascoltatrici che ricordano le loro gesta sotto i palchi e in mezzo alla polvere. Ospite della puntata Claudio Trotta di Barley Arts che ci racconta del Comfort Festival di Cinisello Balsamo.

    Poveri ma belli - 03-07-2025

  • PlayStop

    Almendra di giovedì 03/07/2025

    Almendra è fresca e dolce. Almendra è defaticante e corroborante. Almendra si beve tutta di un fiato. Almendra è una trasmissione estiva di Radio Popolare in cui ascoltare tanta bella musica, storie e racconti da Milano e dal mondo, e anche qualche approfondimento (senza esagerare, promesso). A luglio a cura di Luca Santoro, ad agosto di Dario Grande.

    Almendra - 03-07-2025

  • PlayStop

    Dodici Pollici del 3/7/25 - Bambole di pezza

    Il podcast di Francesco Tragni e Giuseppe Fiori registrato dal vivo a Germi e dedicato al mondo dei vinili. Oggi è di scena Ricky Gianco: cantante, chitarrista e compositore, ha iniziato la sua carriera negli anni ’60 col primo nucleo dei Dik Dik, collaborando poi coi Ribelli e coi Quelli (in seguito diventati PFM), nonché con artisti come Tenco e Jannacci. Negli anni ’70, Ricky porta avanti alcuni progetti musicali (e in seguito teatrali) con il cantautore Gianfranco Manfredi, e parallelamente fonda come discografico la Intingo e La Ultima Spiaggia. Complessivamente ha inciso oltre 20 album come solista. Sul palco si è esibito assieme al musicista Stefano Covri.

    A tempo di parola - 03-07-2025

  • PlayStop

    Conduzione musicale di giovedì 03/07/2025 delle 14:01

    Un viaggio musicale sempre diverso insieme ai nostri tanti bravissimi deejay: nei giorni festivi, qua e là, ogni volta che serve!

    Conduzione musicale - 03-07-2025

Adesso in diretta