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L’Europa si è arresa alle multinazionali

“Serve più trasparenza nella tassazione delle multinazionali”. Questo è il titolo dell’appello alle istituzioni europee firmato da alcuni tra i più importanti pensatori ed economisti del continente: da Romano Prodi a Thomas Piketty a Jean Paul Fitoussi. L’Europa, sostengono, si è arresa alle multinazionali.

“Il 6 ottobre scorso (data dell’ultimo meeting dei responsabili economici europei, ndr) i ministri delle Finanze hanno perso l’opportunità di dimostrare di aver imparato dallo scandalo Luxleaks – scrivono i promotori dell’appello -. Hanno raggiunto un compromesso che prevede uno scambio automatico di informazioni fiscali sui Tax Rulings (uno strumento per detassare le grandi aziende, ndr) tra 28 Paesi europei, ma non assicura nessuna trasparenza su questi accordi fiscali segreti”.

Paradossale: un anno fa Luxleaks, l’inchiesta condotta dal network di giornalisti investigativi International consortium for investigative journalism (Icij), scopriva 500 contratti sottobanco per tutelare le multinazionali in Lussemburgo, che era allora guidato da Jean Claude Juncker, oggi a capo della Commissione europea. I Paesi che hanno adottato questi accordi ne hanno danneggiato altri, che hanno così perso le entrate fiscali. Denaro che sarebbe potuto tornare utile per il welfare, la sanità, la scuola.

Oggi il quadro è ancora peggiore: il numero di Paesi che ha introdotto strumenti fiscali per agevolare le multinazionali è cresciuto. Lo strumento più in uso è proprio il Tax Ruling citato nell’appello, un sistema con cui abbattere le tasse ai potentati industriali e finanziari.

Delle due l’una, lasciano intendere i promotori: o l’Europa non ha la forza sufficiente per contrastare le furberie fiscali delle multinazionali, oppure non intende affatto fermarle. Il punto è dunque politico oltre che economico.

Giunge alla stessa conclusione anche l’ultimo rapporto di Eurodad, il network di ong internazionali che si occupano di giustizia fiscale, intitolato Cinquanta sfumature di fisco creativo. Il rapporto evidenzia come gli strumenti di defiscalizzazione delle multinazionali siano ormai un must in tutti i Paesi d’Europa. Non solo: un Paese come la Germania ha totalmente rifiutato la direttiva che obbliga i Paesi europei a introdurre un registro pubblico dei beneficiari ultimi delle società. Non averlo, offre ai riciclatori di denaro sporco la possibilità di nascondersi: nessuno arriverà mai al loro nome.

L’europarlamentare Sergio Cofferati è relatore al Parlamento europeo sui diritti degli azionisti, nonché promotore dell’appello per una maggiore tassazione delle multinazionali. Questo il suo bilancio dell’Europa ad un anno da Luxleaks.

Cofferati, come si è mossa l’Europa?

Non si è mossa. Manca ancora da parte della Commissione europea e del Consiglio europeo un provvedimento operativo per rendere trasparenti i comportamenti fiscali, soprattutto quello delle multinazionali.

Perché il Tax Ruling è importante?

Perché si è creata una concorrenza tra Stati basata su chi fa pagare meno tasse o aiuta a nascondere , eludere parte degli utili delle imprese.

E quindi?

Quindi la concorrenza non si fa soprattutto sulla qualità dei prodotti o sull’organizzazione del lavoro, ma sui vantaggi fiscali offerti. Del resto in Italia abbiamo la Fiat che ha trasferito all’estero la sede fiscale.

Queste sue riflessioni rimandano a una questione di fondo: l’Europa o non ha la forza di contrastare le furberie fiscali delle multinazionali, oppure non intende farlo? Quali delle due?

Temo tutte e due. Ci vorrebbe un nuovo trattato fiscale europeo, condiviso nell’ ottica degli Stati Uniti di Europa, altrimenti non ne usciremo e le multinazionali avranno ancora ampi margini di furberie fiscali.

In concreto cosa chiedete nel vostro appello all’Europa?

Che i Governi supportino l’obbligo di rendicontazione delle imprese. In sostanza, una volta all’anno, le multinazionali e le società quotate in Borsa dovrebbero rendere pubblici i dati sulle tasse nel Paese in cui operano. Così si potrebbero esercitare controlli efficaci e tutelare gli azionisti e le imprese corrette.

Ma questi controlli che voi chiedete non rischiano di far scappare le multinazionali e i loro investimenti dall’Europa?

Penso proprio di no. Tenga conto che un provvedimento analogo è già stato preso per la banche. E secondo la Commissione europea non ci sono state contro-indicazioni sulla loro competitività.

Cosa ci perde un cittadino italiano, europeo, se le regole fiscali per le multinazionali non cambiano?

Se una multinazionale non paga le tasse o le elude nel Paese dove opera e fa profitti, quel Paese avrà meno entrate fiscali e quindi  i cittadini rischiano di avere minori protezioni, meno Stato sociale . Oppure i governi aumentano le tasse.

L’Italia ha un sistema produttivo basato su piccole e medie imprese. Cosa ci rimettono con questo sistema che favorisce le multinazionali?

Prendiamo come esempio il caso Luxleaks. Alcune multinazionali avevano beneficiato di una tassazione effettiva di meno dell’1 per cento sui profitti trasferiti in Lussemburgo. Le piccole e medie aziende invece, non beneficiando di questo trattamento, subivano una concorrenza sleale. Piccole imprese, come quelle italiane per esempio, che sono già sottoposte a una pesante tassazione nazionale.

Riflessione finale?

Le multinazionali che esercitano forte azione di lobby eludono le tasse con diversi escamotage . Le altre aziende responsabili, che pagano tutte le tasse dove operano, sono beffate. Non si può andare avanti così.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    “La riflessione su cosa sia un padre, su cosa sia il dolore tormentato per una persona che sembra abbia rinunciato a vivere e l’apertura verso gli altri. Il confronto tra un borghese di Roma Nord con una relata giovanile che vorrebbe cambiare il mondo”. Riassume così il regista Paolo Virzì gli elementi centrali del film “Cinque secondi”. Adriano Sereni, il protagonista del film interpretato da Valerio Mastandrea, si isola dal mondo per elaborare un trauma pesantissimo. “Il personaggio fa un percorso che ho sentito che mi avrebbe complicato le cose – spiega Mastandrea - perché mi avrebbe fatto rinunciare ad alcune abitudini che in genere metto in campo quando lavoro”. Nella sua analisi quasi psicologica Paolo Virzì racconta: “Mi ha sorpreso quanto assomigliamo alla natura, al paesaggio, alla terra e come i nostri stati d’animo si adeguino a questi”. Ascolta le interviste di Barbara Sorrentini a Paolo Virzì e Valerio Mastandrea.

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