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La rivolta contro il racket. La lezione di Bagheria

Da Bagheria arriva una buona notizia.

Dopo anni e anni, i commercianti e gli imprenditori si ribellano al racket. Segno che la mafia è in difficoltà. Ventidue persone sono state arrestate grazie alle denunce di trentasei  esercenti. Non è la prima volta che accade in Sicilia. Negli ultimi anni ci sono state altre rivolte simili, ma quella di Bagheria ha un sapore speciale: Cosa Nostra è colpita nel feudo di Bernardo Provenzano. Ne abbiamo parlato con Enrico Colajanni, uno dei promotori dell’associazione Libero Futuro. E’ stato grazie al suo lavoro che questi commercianti hanno vinto la paura.

“Negli ultimi due anni abbiamo riscontrato un’inversione di tendenza. Ci sono state grandi operazioni di polizia in questa zona e gli imprenditori hanno iniziato a collaborare alle indagini. Molti hanno denunciato i mafiosi, altri si sono costituiti parte civile nei processi. E’ stato un crescendo. La gente ha iniziato a prendere coraggio.  Sono comparsi i primi collaboratori di giustizia. I processi sono diventati più rapidi. Lo Stato è facilitato nelle indagini. Molti mafiosi sono andati in galera. S’intravvede la disarticolazione dell’organizzazione criminale”.

Quanto contribuisce la crisi economica alla rivolta anti racket?

“Naturalmente c’è anche questo fattore. E’ chiaro che un imprenditore in difficoltà, che non vede più sbocchi sul mercato dei suoi prodotti, quando si trova di fronte anche alla richiesta di pagamento del pizzo,  si ribella. Una volta, forse, quando le vacche erano grasse,  era meno problematico pagare 2000, 3000 euro all’anno ai mafiosi. Ora, non è più possibile. E’vero: l’elemento della crisi esiste, ma non scordiamoci che denunciare un mafioso vuol dire fare una scelta di campo. Specialmente in un territorio piccolo come quello di Bagheria, dove tutti si conoscono da decenni.  Io sono convinto che questa potrebbe essere la ricetta per la fine della mafia: l’opera degli inquirenti, la rivolta della società civile.  Speriamo che questo avvenga altrove. In parte è accaduto a Palermo. A Bagheria, questo fenomeno virtuoso è molto forte, più forte che a Palermo“.

Ma qual è la tariffa della mafia?

“In genere è del 3%. Il mafioso competente sa anche contrattare la richiesta sulla base dell’andamento dell’impresa. Non c’è una tariffa fissa. Si parla del 3% del giro degli affari dell’imprenditore”.

Lei è stato uno dei fautori della rivolta di Bagheria. E’ stato difficile convincere gli esercenti che hanno denunciato gli estorsori?

“Non è stato facile. Come spesso accade, gli imprenditori prima vogliono denunciare, poi ritraggono. Diverse volte abbiamo fatto avanti e indietro con alcuni di loro dai carabinieri. Io stesso li ho accompagnati fisicamente in caserma. Noi siamo solo dei colleghi che aiutano altri colleghi; li convinciamo che si può fare. E che si può fare in condizione di relativa sicurezza. Non mi risulta che a Bagheria ci siano imprenditori sotto scorta. Io stesso vivo senza protezione. Sono solo cinque o sei i casi di persone scortate, dopo che le minacce arrivate sono state ritenute attendibili”.

Ma perchè la mafia della finanza e degli affari milionari continua con le estorsioni del piccolo imprenditore?

“Perché è un’organizzazione complessa e numerosa, con decine se non centinaia di persone affiliate, ha bisogno di risorse economiche che vengono dal basso. In più, il racket a tappeto porta a un controllo del territorio, controllo necessario per raggiungere uno degli obiettivi delle cosche: il monopolio delle loro imprese. La mafia che fa solo affari internazionali e perde il controllo del territorio non è la mafia. Cosa Nostra vuole il controllo del territorio perché così può controllare la politica, i voti, l’economia di un luogo e imporre il suo potere. E’ una sorta di dittatura. Per questo è un criminalità organizzata e non criminalità semplice”.

Dal suo osservatorio… qual è lo stato di salute della mafia?

“Mi sembra in difficoltà. Almeno in questo territorio. Lo è anche nel resto della Sicilia. Sono molti i mafiosi in galera, pochi i latitanti. Ha grandi risorse eocnomiche, ma ha perso molto della sua base e del controllo del territorio. Sembra in declino. Ma non dobbiamo abbassare la guardia. E’ dura e lunga questa guerra. Ancora dura e lunga”.

  • Autore articolo
    Michele Migone
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    Jazz in un giorno d'estate di martedì 01/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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    Poveri ma belli - 01-07-2025

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    E’ morto l’architetto Francesco Borella, per tanti il papà del Parco Nord Milano. Lo ha diretto per venti anni dagli inizi degli anni ‘80, quando lo ha progettato insieme al paesaggista Adreas Kipar. Cava dopo cava, orto spontaneo dopo orto spontaneo, aziende agricole in dismissione dopo aziende agricole a fine ciclo, ha rigenerato e riconesso con percorsi ciclopedonali l’ampia area che tra Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo si estende a Cusano Milanino, Cormano e ai quartieri milanesi di Affori, Bruzzano, Niguarda e Bicocca. Un parco che negli anni ‘70, quando è stato voluto con le mobilitazioni popolari, sembrava impensabile che potesse avere le presenze che ha il più noto e storico Parco di Monza. Fabio Fimiani ha chiesto un ricordo dell’attuale presidente del Parco Nord di Milano, Marzio Marzorati. Radio Popolare si stringe affettuosamente con un abbraccio ai figli Joanna, Cristiana, Giacomo e Sebastiano Borella.

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    Il podcast di Francesco Tragni e Giuseppe Fiori registrato dal vivo a Germi. Enrico Gabrielli è stato il secondo ospite che ha raccontato quali sono i suoi vinili di riferimento: polistrumentista, compositore e arrangiatore, ha collaborato con artisti come Muse e PJ Harvey, e fa parte dei gruppi Calibro 35, Winstons e Mariposa (in passato anche negli Afterhours). Complessivamente compare in oltre 200 dischi. Ha anche suonato il flauto traverso nella sigla di Dodici Pollici.

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