
La persona che ha scritto e disegnato il romanzo a fumetti di cui parliamo oggi, Sig Burwash, ha una storia particolare. Dopo aver trascorso l’infanzia in una cittadina di montagna della Columbia Britannica canadese, che preferisce chiamare con il nome indigeno di Keluwi’sst, si laurea in Belle Arti e si trasferisce sulla Mi’kma’ki, la costa est del paese. Qui inizia una bella carriera nell’arte visiva e la scultura ma partecipa anche a rally motociclistici per sole donne, costruisce una baita e lavora a bordo di un peschereccio di aragoste. Oggi vive con la sua compagna e il suo cane Polly sull’isola di Unama’ki, nel Capo Bretone, e ha adottato i pronomi neutri per definire la sua identità di genere.
Moltissimi di questi elementi biografici sono alla base di Vera Bushwack, il suo primo romanzo a fumetti. Un romanzo in cui le atmosfere e i paesaggi rustici e selvaggi della Nuova Scozia prendono vita grazie a un mix di matita e di colori pastello acidognoli: dal verde mela al lilla, al giallo verdastro. Senza dimenticare il rosa salmone, l’arancione e soprattutto il bianco. Il contrasto tra i colori surreali e il modo in cui vengono ordinatamente stesi sulle tavole, ben definiti da tratti sottili, a volte precisi altre volte solo abbozzati, è un po’ psichedelico ma aiuta a immergersi emotivamente nei vari capitoli della storia.
Che è quella, quasi banale, di Drew, una ragazza che ha deciso di costruirsi la sua baita di legno in mezzo al nulla, munita di una motosega e accompagnata praticamente solo dal suo cane Polly e dalla sua moto, Vera.
Con un piglio esplosivo e molto espressivo, Sig Burwash racconta l’esperienza di Drew scendendo anche in dettagli tecnici, da come abbattere un albero a come si affila una motosega. Si sofferma sul modo in cui la vedono gli abitanti della zona, guidati da un maschilismo imperante; descrive i suoi momenti d’ansia e di scoraggiamento, ci parla dei suoi traumi (attenzione, si parla esplicitamente, anche se delicatamente, di moleste e violenze sessuali) e del legame profondo che ha creato con Polly. Ma la storia evoca anche il suo rapporto con la natura selvaggia, tra immersioni nel fiume e attacchi di zanzare, o della sua amicizia con la femminilissima guardia forestale Ronnie, che le ha insegnato a usare la motosega e l’ha aiutata a tagliarsi un sentiero fino al fiume. E tocca delicatamente persino i traumi del vicino che la aiuta a sfoltire la radura della sua futura casa, un classico “bro” dell’entroterra canadese.
Se questo graphic novel materializza un mondo complesso e molto reale, sa anche stupirci con momenti di fantastica follia, in cui l’alter ego di Drew, Vera Bushwack appunto, che potremmo tradurre come sfascia-boschi, prende il sopravvento. Scatenata dalla potenza della motosega o da quella della sua moto, Drew diventa una cavallerizza imbizzarrita che si spiana la sua strada nella foresta o galoppa nella natura. In un momento di sfogo liberatorio, catarsi e accettazione di se. In fondo, Drew non sta semplicemente costruendo la sua casa nel bosco ma anche definendo la sua identità e le linee rosse che non è più disposta a superare per stare bene con se stessa.
Vera Bushwack. Di Sig Burwash. Traduzione di Paola Moretti. 269 pagine a colori. Minimum Fax, 24 euro