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La scuola non serve a nulla

Il 25 aprile, nella mia classe

A proposito di Scurati e O-Scurati...

Be’, normale che si sisa parlato tanto di Scurati, nei giorni intorno al 25 aprile…

Ma siccome coincidenza voleva pure che proprio ieri mattina, nella mia terza, a scuola, dovessi spiegare la presa del potere del Fascismo e il successivo processo di fascistizzazione dello Stato, m’è venuto allora in mente che quest’anno potevo fare una roba un po’ diversa dal solito. Bene, quale sarebbe l’ideona?

Presto detto: portare in classe il sussidiario che si usava nelle scuole all’epoca, o meglio il “testo unico”, il “Libro della Quinta elementare” in adozione nell’anno scolastico 1930-1931, “l’Anno IX dell’era fascista”: insomma, quello su cui ha studiato mio nonno da bambino (qualche anno fa, dopo la sua morte, lo notai lì, in casa sua, impolverato e ingiallito, tra i libri da buttare; la mia anima di storico da quattro soldi venne tuttavia fuori caparbia, e con l’eroismo impavido che sarà meglio descritto dopo, l’ho tenuto con me, curioso…)

Ma torniamo “a noi”: ieri mattina, dicevamo, lezione in classe e poi  lettura dal libro di testo, su capitoli che raccontavano quanto prima vi indicavo (ovviamente, siamo partiti prima dal nostro libro di testo).

Poi, subito dopo, ho tirato fuori dal mio zaino il libresco cimelio: ho spiegato loro di che si trattava, e lo abbiamo aperto… e abbiamo cercato insieme qualche stralcio da leggere…  certo, per quanto contenesse anche altre materie (Religione, Geografia, Aritmetica e Scienze), mi pareva sommamente interessante far leggere loro qualcosa della sezione di Storia. Per come, invece, gli stessia rgomenti erano raccontati invece da quel libro.

La sezione di Storia comincia cronologicamente con la fine dell’Impero Romano d’Occidente. Introdotto subito da questa chicca (verbatim):

“Roma fu grande e gloriosa, e uscì trionfante da ogni impresa e da ogni pericolo, finché l’amor di patria infiammò il petto dei cittadini e finché costoro considerarono il servizio militare come il maggiore dei doveri”.

Lo vedete, alè. Sii parte altissimo, e si continua sullo stesso tono: vi porgo un breve passaggio dalle pagine del Risorgimento (verbatim pure qua):

“Mentre Vittorio Emanuele II e Camillo di Cavour si preparavano a far trionfare la causa italiana, l’Austria nei suoi domini inaspriva il giogo. Lo straniero sentiva infatti che l’odio contro di lui e l’amore per la patria si facevano sempre più profondi e diffusi anche nelle classi più umili della popolazione. Vivono gloriosi nella storia i nomi degli undici ‘Martiri di Belfiore’, così chiamati sugli spalti di Mantova, sui quali quelle generose esistenze furono stroncate dal capestro o dal fucile dell’oppressore…”

Figurati tu quando si arriva al fascismo: qui una breve presentazione del Duce (ari-verbatim):

“L’Italia fu salvata da Benito Mussolini. Egli era stato tra i più fervidi sostenitori della guerra contro l’Austria: aveva valorosamente combattuto come bersagliere; aveva sofferto gravi ferite. Animato dalla stessa fede e dallo stesso coraggio si dedicò, dovesse costargli la vita, alla santa missione di ridestare nel popolo italiano quelle virtù che già avevano reso possibile il Risorgimento.”

E poi la Marcia su Roma (ari-ari-verbatim):

“In questo incessante succedersi di lotte sanguinose, ben tremila fascisti caddero vittime dei sovversivi. Ma col proprio sacrificio resero ancor più forte la volontà di vincere nei loro camerati, che ormai erano legioni, marea travolgente, che solo la salda mano del Capo poteva ancora contenere. Finalmente, Benito Mussolini mosse alla conquista, che doveva coronare e consacrare il suo mirabile sforzo di condottiero e di patriota. Il 28 ottobre 1922 un esercito di “camice nere”, per ordine del Duce insonne e magnifico, si ammassava rapidamente, e muoveva in tre colonne verso la Città Eterna. Il nostro Re, con sapiente ed energica risoluzione, respingendo le proposte di coloro che avrebbero voluto soffocare questo grande movimento di riscossa nazionale, invitò il Duce a costituire un nuovo governo”

E mi fermo qui, ma sarebbe da riportare tutto… Ora, io ero molto felice (e non “De Felice”), alla fine, rilevando come il tutto abbia avuto su alunni e alunne un effetto vivamente comico e pienamente ridicolo, alla “Fascisti su Marte” (perché sono proprio queste testimonianze del passato che mi permettono di dire che l’unica cosa buona fatta dal Fascismo è quella di aver allargato di molto le soglie semantiche del concetto di “ridicolo”); ma curioso lessicalmente anche che in questa sorta de “Il Fascismo racconta sé stesso (ai bambini)”, chiunque non avesse  all’inizio appoggiato apertamente il fascismo è genericamente bollato come “sovversivo” (socialisti, comunisti, popolari, e persino cattolici e liberali…). Nessun accenno a Matteotti, Gramsci, olio di ricino… e nemmeno alle elezioni.

Ma per quanto l’avessi già letto, solo ieri mattina ho notato che anche in un testo goffamente propagandistico come questo, non c’erano problemi a definirlo, quello fascista, con un termine per noi connotato (ma evidentemente, non allora), in maniera molto negativa: “Regime”. Parola che sì, in senso assoluto, significava e significa solo “ordinamento dello Stato”, ma che ha portato a chiedermi: oggi, quale Paese o quale Governo, con qualunque “ordinamento dello Stato” (fosse esso democratico o dittatoriale) potrebbe definire sé stesso, a cuor leggero, un “regime”? Forse neanche la Corea del Nord.

Ma io questo me lo chiedevo mentre un alunno leggeva quel testo con la voce di Guzzanti e gli altri si sganasciavano. Insomma, ci siamo fatti quattro risate: ed è per questo che ne consiglio vivamente la lettura, se qualche vostro nonno lo avesse conservato. Un libro che merita, soprattutto perché, se uno si deve perdere nelle manieristiche imitazioni degli epigoni vannacciani, tanto vale a quel punto sollazzarsi con le fonti del originale. O no?

Buon 25 aprile a tutti!

 

Che ne pensate? Per qualunque cosa vogliate dirmi riguardo ai miei articoli su questo Blog, dagli apprezzamenti, ai consigli, alle critiche fino agli insulti (questi ultimi però purché formulati rigorosamente in lingue antiche), scrivete a: antonellotaurino1@gmail.com .

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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Appunti sulla mondialità

Il teatrino degli eventi bellici “previsti”

I principali eventi bellici degli ultimi anni sono stati incredibilmente anticipati dai servizi di intelligence, senza però che questo influisse più di tanto sul concretizzarsi di tali avvenimenti. L’11 febbraio 2022 il settimanale tedesco «Der Spiegel» citava fonti della CIA che prevedevano l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, precisando che sarebbe avvenuta cinque giorni dopo. La fonte citata dalla rivista spiegava infatti che Mosca aveva già completato lo schieramento militare al confine ucraino. L’unica imprecisione era che l’attacco non sarebbe stato sferrato il 16 febbraio ma il 24, pochi giorni più tardi.

Il «New York Times» ha invece esaminato un documento, girato tra le scrivanie dei capi dell’esercito e dell’intelligence israeliana già nel 2022, che descriveva per filo e per segno un possibile attacco terroristico con partenza da Gaza. Ma, per quanto realistico e dettagliato, il piano “Muro di Gerico”, come era stato battezzato dall’intelligence, non venne preso sul serio: i vertici israeliani lo considerarono troppo complesso per Hamas e dunque irrealizzabile. Sappiamo bene che il 7 ottobre 2023 quel piano è stato seguito quasi alla lettera dai terroristi che hanno lasciato sul campo circa 1150 vittime israeliane e rapito circa 240 ostaggi, infliggendo una clamorosa sconfitta all’apparato difensivo di Israele.

Il 12 aprile scorso, la CIA ha annunciato pubblicamente che entro 48 ore ci sarebbe stato un attacco iraniano contro basi militari in territorio israeliano. Secondo la rete televisiva CBS, sarebbero stati lanciati un centinaio di droni kamikaze e decine di missili balistici. L’attacco è puntualmente avvenuto la notte del 13 aprile con il lancio – secondo le fonti più attendibili – di circa 170 droni e circa 150 missili, tra balistici e da crociera.

Fa impressione come negli ultimi anni la capacità di osservazione ed elaborazione dei dati, e quindi di previsione degli eventi, sia stata potenziata dall’uso dei satelliti, di Internet e degli algoritmi di intelligenza artificiale. Ormai è veramente difficile per qualsiasi Stato dissimulare attacchi su grande scala che prevedano movimentazione di truppe o di armi pesanti. È difficile anche mantenere alti livelli di segretezza nella circolazione di informazioni sensibili ed evitare che vengano intercettate e decrittate. Questo vale per tutti i protagonisti della scena internazionale, nessuno escluso: chi occupa i vertici della politica mondiale, raramente può dirsi sorpreso dei grandi eventi che si verificano a livello globale. Che poi la politica presti più o meno attenzione alle segnalazioni fornite dall’intelligence, è un altro discorso. Quella che non è cresciuta allo stesso modo è la capacità di prevenire incidenti bellici con una “diplomazia d’emergenza” che possa, almeno, provare a scongiurare gli incendi imminenti.

Nello scenario che stiamo descrivendo, la stampa gioca un ruolo non secondario. Le inchieste condotte da giornalisti e giornali che hanno un rapporto privilegiato con la CIA, il Mossad o l’MI5 e che svelano in anticipo invasioni, bombardamenti o atti terroristici finiscono con il creare un rapporto tossico con l’attesa dell’evento: è come se ci si auspicasse che l’attacco avvenga davvero, a conferma dell’autorevolezza della testata o del giornalista e dell’affidabilità dell’intelligence. Così è nato il teatrino che coinvolge servizi, eserciti, stampa e un’opinione pubblica che aspetta sui social media eventi sì annunciati, ma pur sempre tragici, spesso con migliaia di morti e feriti. La scollatura tra la capacità predittiva e l’incapacità di fermare avvenimenti quasi certi, o comunque molto probabili, ci consegna un ulteriore spunto di riflessione sul nostro mondo in preda al caos. Nel quale la politica è tornata indietro rispetto alla capacità di mediare e di costruire compromessi proprio mentre i mezzi a disposizione per raccogliere informazioni hanno raggiunto livelli mai immaginati prima. Questa lacuna non può essere colmata dalla cosiddetta intelligenza artificiale: occorre piuttosto quella umana, spesso sprecata su questioni futili, ma che rimane pur sempre lo strumento più raffinato che abbiamo a disposizione per sopravvivere.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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Tra Buddha e Jimi Hendrix

A Piedi Nudi sulla Terra con Folco Terzani e Baba Cesare: nuove strade per una vita diversa

“Le cose che possiedi ti possiedono” dice uno straordinario Brad Pitt a un altrettanto straordinario Edward Norton durante una celebre battuta di “Fight Club”, uno dei cult massimi per noi figli di quella Generazione X raccontata da Douglas Coupland nel suo bestseller.
Quella stessa battuta l’ho ripetuta qualche giorno fa a un amico che non riesce a privarsi della sua moto, che usa una volta ogni morte di papa. Ovviamente la mia era una battuta, il mio amico farà quello che deve e non ha certo bisogno dei miei consigli.
La frase mi è tornata in mente questa mattina quando ho sentito l’amico Folco Terzani parlare della nuova edizione del suo “A piedi nudi sulla terra” (Tea Edizioni) con gli amici di Controradio. Il libro – per quel che vale il mio giudizio uno dei dieci che porterei con me sulla fantomatica “isola deserta” – racconta la straordinaria storia di Baba Cesare, un pazzo scatenato originario di Torino che dopo una lunga serie di errori e scelte sbagliate, negli anni Settanta parte per l’India. E laggiù, dopo un percorso fatto di droghe, relazioni sentimentali complicate, arresti e viaggi improvvisati, trova la serenità e la pienezza interiore diventando un sadhu, un rinunciate, che cammina a piedi nudi sulla terra, senza pianificare nulla, senza preoccuparsi di nulla, sapendo che comunque, nel bene o nel male, Dio provvederà.
In una società come la nostra, dove si insegna che per essere soddisfatti bisogna aggiungere cose – soldi, beni, prestigio, sicurezze – i sadhu predicano l’esatto contrario. Per loro il pieno appagamento, la piena comprensione della vita, è un esercizio di sottrazione. Più levi, più sei ricco, di quella ricchezza vera e autentica, quella che ti permette di essere sempre pacificato e tranquillo qualsiasi cosa succeda. E di conseguenza più vicino al vero significato della vita, allo spirito della creazione e, in ultima analisi, a quella cosa che se la nomini perde forza e diventa meno vera ma se la vivi, eccome se la senti. Sarà mica questa la grammatica di Dio?
In India, i sadhu vengono accolti con gioia dalla gente, che ritiene un privilegio offrirgli da mangiare, preparargli un chai, occuparsi di loro. E lo fanno non per misericordia, né per un atto di carità verso chi non ha nulla di materiale, ma perché riconoscono il lavoro che i sadhu stanno facendo: un viaggio, non privo di difficoltà, verso la comprensione del divino. La loro è una rinuncia liberatoria che va sostenuta, perché poi i frutti possano essere condivisi con tutti gli altri e portare pace nelle menti dei tanti che invece hanno scelto di rimanere nella società. 
La formula del sadhu, meglio ripeterlo, è davvero semplice: più rinunci, più hai. Più dai, più prendi. Semplice, naturale e mistico come direbbe Bob Marley. 

Nel ventennale dalla morte del mai abbastanza ricordato Tiziano Terzani, questa nuova edizione di “A Piedi nudi sulla Terra” di suo figlio Folco è il libro giusto al momento giusto. Quasi più attuale adesso di quando è uscito originariamente, ormai più di una decina di anni fa. Oggi, mentre con le nuove tecnologie si urla, parla e straparla sempre di più, e ci sono le bombe e tanto rumore di fondo, forse è giunto il momento di fare proprio come fanno i sadhu. Abbassare la voce, fare silenzio, allontanarsi dal trambusto, restare fermi, respirare. Cercare il Divino nel semplice, comprendendo che il semplice è divino, e poi camminare a piedi nudi sulla terra, proprio come Baba Cesare, che libero e vicino a Dio lo è stato per davvero. 

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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L'Ambrosiano

Draghi e draghette

Ha due facce il clamore suscitato da Draghi che, anticipa, proporrà un “cambiamento radicale” col Rapporto sulla competitività commissionatogli da Von der Leyen. Una positiva: finalmente si parla di Europa. L’altra inquietante: invece di entrare nel merito di temi annunciati dall’ex premier-supertecnico per rilanciare l’Ue son partiti talk show, chiacchiericci su vertici, poltrone, schieramenti. Incombono le europee e latitano riflessioni, idee, pensieri, visioni generali, strategie, politica. E vuoti mentali, frustrazioni, impotenze, sensi di colpa per l’inanità eretta a sistema son coperti con l’immaginario dell’eroe che risolverà tutto. La memoria è corta e tradita. Draghi in veste di Superman è già andato in scena. Con esiti noti: salvatore della Patria per alcuni versi; stress nei rapporti 5 Stelle/Pd; Conte posseduto dal narcisistico “il dopo o sarà con me Presidente o non ci sarà”; il Pd che non ha visto arrivare la Schlein e su tale distrazione s’è messo in croce. Intanto Meloni, rimasta fuori dalla grande ammucchiata, ha vinto le elezioni, è diventata la prima donna premier e forte del successo s’è atteggiata a “draghetta”, un po’ perché le era utile accreditarsi a Bruxelles, Nato, Washington come continuatrice del predecessore, un po’ perché il piglio di “una sola al comando” fa premierato. Tant’è che adesso ha fatto sapere (vedi le pronte dichiarazioni di La Russa) che Draghi «sicuramente ha i titoli per ambire ad ogni ruolo». Cioè: l’ex premier usato per detronizzare la “draghetta” Ursula e dire così che la destra rimpiazza i popolari come centro dell’Europa. Che nemesi per Ursula! Aveva giocato d’anticipo con l’incarico a Draghi di relazionare sulla competitività e intanto pensava d’esser lei a usare la destra facendo coppia fissa con Giorgia contro i migranti. Giochi romani con contorno di manganellate a studenti e inimicizie per giornali, sindacati, sanità pubblica, lasciando che l’Europa stia a guardare guerre, distruzioni, morti, ritorsioni, così implode, i sovranismi vincono, le libertà son ridotte. Venga Draghi, no a SuperMario preso a scudo tipo Gattopardo «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Mia cara Olympe

Aborto: il lungo sabotaggio della scelta delle donne

Non so più quante volte e in quanti modi ci hanno provato e continuano a provarci: a cercare di sabotare la legge 194, a svuotarla in ogni modo – non bastasse il livello altissimo di obiezione di coscienza del personale sanitario – a mandare gli antiabortisti di associazioni del terzo settore nei consultori con il camice del ‘sostegno alla maternità”, a promuovere leggi regionali o regolamenti, persino la sepoltura dei feti, il tutto con  l’evidente scopo di minare la  libera scelta delle donne, di colpevolizzarle, di complicare il già complicato slalom cui sono costrette se vogliono interrompere una gravidanza, in ultimo di far arretrare il dibattito pubblico verso le posizioni più oscurantiste.

Qui, ancora una volta, siamo: a scovare persino in un emendamento del Pnrr – passato oggi alla Camera con 185 voti favorevoli, 115 contrari e 4 astenuti, dovrà poi essere esaminato dal Senato –  la riproposizione di un tentativo già fatto molte volte, ovvero quello di aprire le porte dei consultori pubblici ai militanti antiabortisti. Gli stessi consultori che dovrebbero occuparsi della salute delle donne, che lo hanno fatto egregiamente nella loro lunga e importante storia, che per molte di noi sono stati il primo approdo per cominciare a occuparsi del proprio corpo e della propria sessualità… Gli stessi consultori, racconta una mia amica che lavora nell’hinterland di Milano, in cui oggi si è passati da 3 ginecologi  in servizio ad un solo gettonista – neanche lo stesso, capita chi capita – con un’agenda che varia, oggi c’è, domani chissà, e il tempo passa nel tentativo di mettere le toppe e di  cercare di rispondere ai bisogni, che sono tanti, di donne lasciate sempre più sole.

Indecente, tutto ciò è indecente, mentre dalla maggioranza di governo, un giorno sì e pure l’altro, arrivano proclami a sostegno della vita delle donne… E tocca arrabbiarsi, ricordare che questo è un sabotaggio di lunga durata e mai finito, misurare la distanza con la vicina Francia che il diritto ad un aborto sicuro e legale l’ha messo in Costituzione e con quell’Europa che ne ha ricalcato i passi, seppur con una decisione non vincolante.  E ripromettersi di esserci, ancora, in una battaglia che ci ha visto, tante volte, in piazza e al lavoro con altre donne e che però necessita ancora delle energie (e della rabbia) di tutte.

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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    Un titolo che richiama i primi lanci spaziali, vecchi film di fantascienza in bianco e nero, e ingenui giocattoli di latta futuristici, che in questa occasione viene usato per un viaggio musicale a velocità elevatissima, attraverso uno spazio-tempo remoto condotto senza nostalgismo e utilizzando lontani brani musicali: beat, rock’n’ roll, garage, rhythm & blues, surf, boogaloo; scelti spesso tra i più sconosciuti, assurdi e curiosi, e qui provocatoriamente presentati da Bob Scotti come una estemporanea via di fuga dall’ordinarietà del gusto corrente. In onda ogni domenica dalle 15.35 alle 16:30

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    Autostrade e mulattiere. Autostoppisti e trakker. Dogane e confini in via di dissoluzione. Ponti e cimiteri. Periferie urbane e downtown trendaioli. La bruss e la steppa. Yak e orsetti lavatori. Il mal d’Africa e le pastiglie di xamamina per chi sta male sui traghetti. Calepini e guide di viaggio. Zaini e borracce. Musiche del mondo e lullabies senza tempo. Geografie fantastiche ed escursioni metafisiche. Nel blog di Onde Road tutti i dettagli delle trasmissioni.

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    Da tempo pensavo a un nuovo programma, senza rendermi conto che lo avevo già: un archivio dei miei incontri musicali degli ultimi 46 anni, salvati su supporti magnetici e hard disk. Un archivio parlato, "Ricordi d'archivio", da non confondere con quello cartaceo iniziato duecento anni fa dal mio antenato Giovanni. Ogni puntata presenta una conversazione musicale con figure come Canino, Abbado, Battiato e altri. Un archivio vivo che racconta il passato e si arricchisce nel presente. Buon ascolto. (Claudio Ricordi, settembre 2022).

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    La musica classica e le sue riverberazioni per augurare un buon risveglio a “tutte le mattine del mondo”. Novità discografiche, segnalazioni di concerti, rassegna stampa musicale e qualunque altra scusa pur di condividere con voi le musiche che ascoltiamo, abbiamo ascoltato e ascolteremo per tutta la settimana.

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    Nata da un'idea di Paolo Minella e Luca Boselli, GnJ "Guida nella Jungla" è un programma dedicato alla cultura musicale underground contemporanea. Dalla metà degli anni '90, offre chart, interviste, dubplate corner e news, con ospiti come Mr. Finger, Apparat, Hype, Phil Asher, Ian O’Brien, Dj Kool Herc, Snowgoons, Tech N9ne, Dj Gruff, Dj Skizo, Club Dogo, Looptroop Rockers, Foreign Beggars e molti altri. Evolvendosi con il panorama musicale, è ora condotta da Matteo (East Milan) in collaborazione con la crew di Loopsessions Milano e O'Red. #prestaciascolto www.facebook.com/gnjradio www.instagram.com/gnjradio

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