Sempre più giovani, sia tra gli autori di reato che tra le vittime. A dirlo è il Tribunale di Milano, con i dati aggiornati al 30 settembre 2025 sui processi legati alla violenza di genere. Un dato molto preoccupante, secondo il presidente Fabio Roia, che mostra come si stiano trasmettendo alle nuove generazioni modelli patriarcali già presenti nelle precedenti.
Tra le persone condannate, quasi nove su dieci sono uomini, e cresce la fascia tra i 18 e i 41 anni, oggi il 62% del totale. L’aumento più marcato è tra i 22 e i 31 anni, +14% in un solo anno. Tra le donne che denunciano, crescono di più quelle tra i 18 e i 25 anni, segno – dice il tribunale – di una maggiore capacità di riconoscere i segnali della violenza e chiedere aiuto prima. Resta però basso il numero di denunce da parte delle donne straniere, soprattutto provenienti dal Nord Africa: donne che vivono un doppio isolamento, quello linguistico e quello imposto dal partner, che rende più difficile l’accesso alle reti di protezione.
Sul fronte dei processi, le sentenze aumentano ma i tempi si riducono: il 71% dei dibattimenti si chiude entro 3 anni. Cosa che aiuta a evitare la vittimizzazione secondaria: quando il processo dura troppo, la donna può rivivere il trauma, sentirsi messa in discussione e arrivare a ritrattare, con conseguenze anche sull’esito del procedimento. Resta critico invece il tema delle misure cautelari: i braccialetti elettronici sono pochi e troppo spesso arrivano tardi, con un’attesa fino a 45 giorni. Per questo il Tribunale chiederà un tavolo con la prefettura. Ma ribadisce: la risposta alla violenza di genere deve essere culturale. Prima ancora che giudiziaria.


