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Quanto ci costa il collasso di Schengen?

La fine della libera circolazione in Europa e la reintroduzione di controlli alle frontiere costerebbe ai cittadini europei dai 5 ai 18 miliardi di euro all’anno. Lo hanno calcolato i tecnici dell’Unione Europea nel documento delle previsioni economiche di primavera.

E’ una stima per difetto: considera solo il tempo perso per i rallentamenti e gli effetti sui frontalieri, sul trasporto di merci e sulla pubblica amministrazione. Ma i costi potrebbero essere molto più ampi perché non è stato calcolato l’impatto negativo sul commercio, sul turismo e sulla mobilità in generale. Gli studi che finora hanno tentato una stima hanno ipotizzato un impatto sui prezzi alle importazioni compreso tra l’1% e il 3%.

Uno di questi è lo studio della tedesca Bertelsmann Foundation: lo scorso febbraio ha stimato che il collasso della zona Schengen potrebbe costare all’Europa fino a 1400 miliardi di Euro nel prossimo decennio. Si tratta del 10% circa del prodotto interno lordo annuale europeo.

Per la Germania significherebbe una perdita fino a 235 miliardi di euro nei prossimi 10 anni e per la Francia una perdita fino a 244 miliardi di euro. Paesi più piccoli e con un’economia più debole come quelli dell’Est europeo verrebbero – in proporzione – ancora più danneggiati.

“Se i controlli di frontiera verranno reintrodotti in Europa, una crescita già debole verrebbe posta ancora di più sotto pressione” ha spiegato Aart De Geus, presidente della Bertelsmann.

Insomma: quando si parla della necessità di sbarrare la strada a poche migliaia di migranti, non si tiene conto delle ripercussioni economiche che tutto ciò potrebbe avere, dei costi per i consumatori e per le imprese.

I costi si ripercuoterebbero addirittura su stati esterni alla Zona Schengen, come Stati Uniti e Cina che subirebbero un aumento dei costi di 91 e 280 miliardi di euro rispettivamente.

Anche l’Associazione europea degli aeroporti ha messo in guardia sui possibili costi di un ripensamento della zona Schengen, perché ormai tutti gli scali europei sono disegnati in accordo con le regole della libera circolazione.

Ci sono 443 aeroporti nella zona Schengen, usati da un miliardo e 200 passeggeri nel 2015. L’impatto immediato significherebbe livelli di congestione senza precedenti, ritardi e cancellazioni, con effetti a catena su tutto il sistema aeroportuale europeo. Attualmente sono sufficienti 45 minuti per cambiare aereo e molti aeroporti giocano sulle connessioni brevi. Gli orari dei voli andrebbero totalmente rivisti.

Secondo l’ufficio studi della banca Morgan Stanley, i controlli alle frontiere significherebbe un aumento del 5% del costo dei viaggi e il flusso commerciale fra stati della zona euro potrebbe calare fino al 20%.

Il rischio sarebbe tanto più grave se la zona Schengen venisse smantellata in modo caotico, con ogni paese che va per proprio conto, riguardo ai controlli. L’incertezza che si genererebbe causerebbe un declino degli investimenti, in particolare se il processo coincidesse con la Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea.

  • Autore articolo
    Michela Sechi
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    Mara Morini politologa dell’Università di Genova, coordinatrice dello Standing Group “Russia e spazio post-sovietico” della Società Italiana di Scienza Politica (SISP), lascia poche chance all'accettazione da parte di Putin del "piano" messo a punto in Florida e presentato oggi dall'inviato speciale Witkoff al Cremlino, mentre Gianpaolo Scarante, docente all'Università di Padova, già Ambasciatore e Capo di Gabinetto del ministero degli Esteri sottolinea come la tregua purtroppo si fissi sulla linea del fronte e poi le negoziazioni dovranno riuscire a ristabilire la sovranità dei territori, ma come anche l'aver affidato le trattative a uomini che non rispondo ai Parlamenti renda molto opaco tutto il processo. Donatella Di Cesare, filosofa e scrittrice, esperta internazionale di "negazionismo", l'ultimo suo libro per Einaudi si intitola Tecnofascismo, chiede conto alla fiera Più Libri Più Liberi promossa dall'Associazione italiana editori a Roma della presenza tra gli espositori della casa editrice di estrema dx Passaggio al Bosco. Infine Gianmarco Bachi annuncia "il corteo" di ascoltatrici, ascoltatori, lavoratori, collaboratrici e chi più ne ha più ne metta il prossimo 14 dicembre la mattina che dalla sede della radio in via Ollearo 5 si dirigerà alla Fabbrica del Vapore per la fine della maratona radiofonica di 50 ore e il via alle celebrazioni dei 50 anni di Radio Popolare.

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