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Francia, quali sono le ragioni della collera del mondo rurale?

protesta agicoltori in francia - Generata con AI

La collera degli agricoltori in Francia covava da diversi mesi. Già a novembre il ministero aveva cercato di rassicurare i “paysans” ma di misure concrete non si è vista neanche l’ombra e la protesta è esplosa in questi giorni, rilanciata da viticoltori e agricoltori del Sud-Ovest e ormai estesa a tutto il paese. Proprio nel Sud-Ovest abbiamo raggiunto Xavier Duffau, presidente nella provincia del Gers, vicino a Tolosa, dei Giovani Agricoltori, il secondo sindacato di settore. Xavier, 36 anni, gestisce dal 2009 l’azienda agricola familiare, che produce cereali biologici su un appezzamento di 300 ettari.

Io partecipo a questo movimento perché ne ho fatti tanti di incontri con i responsabili dell’amministrazione e la sensazione è che tra noi e i funzionari ci sia un enorme gap. Sentiamo di non essere presi in considerazione. Oltre alle crisi che stanno attraversando i diversi settori agricoli, per noi è davvero importante affrontare la questione della rivalorizzazione del mestiere. I politici parlano sempre di sovranità alimentare ma poi continuano a tirare fuori delle nuove normative ogni giorno che ci mettono i bastoni tra le ruote e ci impediscono di produrre. Vorremmo ci fosse più coerenza tra le parole e gli atti e vorremo ritrovare una prospettiva di lungo termine. A 36 anni mi interrogo tantissimo sul futuro del mio lavoro, su come sviluppare l’azienda agricola. Solo ridando del senso a questo lavoro potremo convincere i giovani a rimanere nel settore. La metà degli agricoltori sta arrivando all’età della pensione e se non facciamo qualcosa avremo dei problemi di ricambio generazionale. Uno dei problemi è che noi rispettiamo tutte le regole, come nel caso dei pesticidi, per cui siamo formati alle buone pratiche di utilizzo, ma nonostante tutto una parte della popolazione e della classe politica ci deride, ci punta il dito contro o ci insulta. È chiaramente stigmatizzante e non incita a fare questo mestiere.

Vale anche per voi, che ricordo, in Occitania siete stati i primi a investire massivamente in Francia per la riconversione nel biologico?

Proprio perché siamo in bio usiamo solo fertilizzanti organici, che per forza di cose hanno un certo odore. E non è raro che la gente protesti e ci accusi di inquinamento olfattivo. In bio siamo obbligati a usare i trattori per molte più ore e quindi facciamo più rumore. Insomma, c’è sempre qualcosa che non va. Abbiamo l’impressione che anche facendo del nostro meglio non andrà mai bene. È veramente dura.

Le rivendicazioni presentate dalla FNSEA, il primo sindacato di settore in Francia, si possono riassumere in: più dignità, delle condizioni di lavoro accettabili e un giusto salario. Qual è il rapporto tra ore di lavoro e remunerazione oggi per un agricoltore?

Di per sé, lavorare tanto non è un problema. Non siamo i soli a non contare le ore di lavoro e in realtà noi non ci badiamo nemmeno troppo. Il problema è quando lavori tanto e la remunerazione non arriva. Oggi in molte fattorie si lavora molto di più della media nazionale senza riuscire a garantire gli stipendi. Se all’assenza di salario si aggiunge la mancanza di considerazione e quindi la mancanza di motivazione, è più facile capire perché nelle aziende c’è un malessere diffuso.

Lavorando con i cereali e in bio, un mercato relativamente più stabile anche se in piena crisi, Xavier non se l’è cavata malissimo negli ultimi anni, anche se spiega che con la guerra è sì aumentato il prezzo dei cereali, ma anche le spese, soprattutto energetiche. E se oggi il prezzo del grano è in caduta libera, anche per la concorrenza di quello ucraino, così non è per quello dell’energia. Ma se è pronto ad accettare di fare un certo “sforzo di guerra”, Xavier è meno comprensivo verso quella che viene sentita come una certa “concorrenza sleale europea”.

Non siamo contro l’Europa e sappiamo che le regole servono ma vorremmo che fossero armonizzate. Non si può fare una cosa in Italia, un’altra in Francia e un’altra ancora in Spagna. Il problema è che il governo francese esagera e aggiunge norme alle norme europee. Ma a forza di lavare più bianco del bianco si arriva al trasparente, si cammina a testa i giù! Noi oggi in Francia non possiamo usare certi prodotti per proteggere il raccolto mentre in Spagna possono. E la Spagna è qui dietro, dall’altro lato dei Pirenei. È una distorsione della concorrenza che fa arrabbiare.

Com’è l’atmosfera sui posti di blocco? Come pensa che evolverà la situazione?

Il movimento è lanciato e ha attecchito ovunque. Siamo in buona posizione per negoziare. Qui nel Gers sono 8 giorni che abbiamo creato il primo blocco, poco meno per il secondo. Li teniamo giorno e notte grazie ai turni e alla solidarietà di tutti e siamo pronti sia a continuare così che a far evolvere il movimento. Speriamo che ci saranno degli annunci concreti. Lo spirito è comunque quello di continuare finché non potremo tornare a lavorare nelle nostre fattorie, con il sorriso e pensando al futuro.

Riascolta la puntata di esteri di giovedì 25 gennaio

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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