Mia cara Olympe

Ospedale di Mariupol, le donne in ‘dolce’ attesa

Mentre come ogni giorno da quando è cominciata, leggi, vedi e senti della guerra, tra giornali, siti,  tv, podcast e social ecco una frase: ‘tra le donne in dolce attesa dell’ospedale di Mariupol’. L’ospedale bombardato dai russi, il reparto maternità sventrato, 3 morti, tra cui un bambino, molti  feriti è il bilancio chissà quanto provvisorio del giorno dopo. E tra loro c’erano, in quelle stanze distrutte, le donne ‘in dolce attesa’.

Quella penna che ha scritto per conto suo – sappiamo come ogni tanto, se non si è attenti, se si ha fretta, se si è un po’ sciatti, parta il pilota automatico della frase fatta –  colpisce dove fa male, nel punto dell’immedesimazione e proprio per l’inconsapevolezza di ciò che trasmette. L’ho vista quella donna ‘in dolce attesa’ portata via in barella, in una scena di macerie, un lato del suo corpo insanguinato, una mano a proteggere il ventre, nel gesto più comune ed ‘eterno’ della gravidanza.

Le giornaliste più attente ci ricordano che Mariupol non è purtroppo, nella storia delle guerre, il primo ospedale pediatrico bombardato: era successo nello Yemen, come in Siria, e chissà in quali altri conflitti meno visibili, colpevolmente meno visti. Vero, ma ciò non toglie, semmai aggiunge. E riporta, questa scena e quelle che non abbiamo voluto in passato guardare, alla propria esperienza, alla propria attesa, all’intenso bisogno provato di concentrarsi  sulla soglia che si sta per attraversare.
Altro che dolce attesa o simili zuccherose espressioni, anche in pace, dunque: le donne sanno quanto sia uno stereotipo, quanto non si dia mai un’attesa interamente dolce perché quel cammino mescola sogni e fantasmi, speranze e paure. E a Mariupol oggi, poi. Continuare a proteggere, credere nella propria capacità di farlo richiede a quella donna e alle altre una forza per la quale ogni aggettivo appare inadeguato.  Perché  siamo davanti agli estremi, da un lato la responsabilità e la cura dell’attesa e, dall’altro, la distruzione bellica non solo della vita, ma persino della sua possibilità.

 

 

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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