L'Ambrosiano

Memoria

Il Giorno della Memoria è patrimonio irrinunciabile. Le tragedie di oggi ne rilanciano attualità e funzione. Memoria non è ricordo: è vita, progetto, futuro. Ri-cordare, riportare al cuore, è inizio, ma emozioni e stati affettivi non bastano. Memoria è intenzione, pensiero, spirito, anima; non è una volta per tutte; di essa occorre aver cura, nutrirla, proteggerla, tramandarla arricchita di condivisione e studio. I riti non son formule, adempimenti, ma modi della psiche per meglio strutturare l’innervazione della memoria nel tempo, nel succedersi delle generazioni, al di là della vita di singoli, gruppi, comunità; è garantirsi radici solide e sane oltre tempeste, bonacce, rigurgiti, rimossi, ombre. Il Giorno della Memoria è imprescindibile nella storia della modernità. È un ponte di ieri da cui una campata è protesa verso ciò che ha da venire. L’istituzione trae origine dalla faticosa presa di coscienza collettiva dell’unicità del male della Shoah, ma la memoria e il mai più di Auschwitz sono carne dell’umanità intera ferita per sempre. Vittime designate dello sterminio son stati gli Ebrei; obiettivo colpito l’uomo tout court. Se uno è posseduto dal demone dell’annientamento dell’altro distrugge l’umanità. Hannah Arendt riferì d’un discorso di Himmler ai comandanti delle SS. Il sodale di Hitler nella “soluzione finale” disse ai suoi boia che ciò che si attendeva da loro «è sovrumano», è di «essere sovrumanamente inumani». Frasi da brivido eterno! Una linea di demarcazione tra umano e non umano oggi passa anche attraverso la considerazione del Giorno della Memoria. È un errore legare la celebrazione della ricorrenza al giudizio politico di condanna dell’operato di Netanyahu. Non si rende nemmeno un buon servizio alla causa palestinese con accostamenti di nomi e vicende a
forte tonalità affettiva ma dimentichi che la storia non si ripete: siamo noi a scriverla con il bene e il male che siam capaci di scegliere e di generare. Forse l’oggi del Giorno della Memoria conquisterebbe coscienze e passioni riprendendo il titolo del messaggio per la Giornata della Pace del 2002 di Wojtyla: «Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono».

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    Da questa mattina più di 40 persone sono state uccise dai raid israeliani nella striscia di Gaza, la stragrande maggioranza nel nord. I morti del 7 ottobre sono ormai quasi 43mila, e secondo il ministro della salute palestinese i feriti sono più di 100mila, e considerando la situazione degli ospedali nella striscia la possibilità che anche solo una piccola percentuale di questi riceva le cure di cui necessita si riduce ogni giorno di più. Le ferite, fisiche e psicologiche, cambieranno la popolazione della striscia di Gaza per sempre, ben oltre il purtroppo ancora lontano cessate il fuoco. In più, un rapporto pubblicato oggi dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo stima che la povertà nello Stato di Palestina salirà al 74,3% nel 2024, colpendo 4,1 milioni di persone, di cui 2,61 milioni di nuovi poveri. Secondo questo rapporto, in un anno di bombardamenti lo sviluppo socio economico della striscia di Gaza è stato ritardato di 69 anni. Il report suggerisce anche che un piano completo di ripresa e ricostruzione, che unisca gli aiuti umanitari con investimenti strategici nella ripresa e nella ricostruzione, insieme alla rimozione delle restrizioni economiche e alla promozione di condizioni che favoriscano la ripresa, potrebbe aiutare a mettere l'economia palestinese su un percorso di ripristino per riallinearsi ai piani di sviluppo palestinesi entro il 2034. Ma questo scenario può realizzarsi solo se gli sforzi di ripresa non saranno limitati. Il punto, però, è che c’è una buona parte della società – e soprattutto della politica – israeliana che ha altri piani per la striscia di Gaza. Lo si è visto limpidamente con la conferenza organizzata ieri vicino al confine della striscia intitolata “prepariamoci al reinsediamento di Gaza”. Abbiamo chiesto a Eric Salerno, giornalista e scrittore esperto della regione, chi sono le persone che partecipano e organizzano queste iniziative.

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