Appunti sulla mondialità

L’illusione del bollino

Da qualche anno, a livello europeo imperversa il dibattito sull’adozione di un bollino informativo sugli alimenti consumati nell’Unione. I candidati più forti si basano su due approcci diversi. “Nutri-score”, ideato in Francia, è un semaforo che indica con 5 sfumature tra il rosso e il verde la ricaduta sulla salute di ogni singolo alimento: il colore viene elaborato da un algoritmo che prende in esame parametri quali l’apporto calorico e il contenuto di grassi saturi, zuccheri e sale. Oltre alla Francia, sostengono Nutri-score anche da Germania e Belgio. Diversi Paesi dell’Est e del Sud del continente, Italia e Grecia in primis, invece lo criticano perché penalizzerebbe i prodotti ultra processati e diversi alimenti tipici della tradizione mediterranea Questi Paesi rilanciano proponendo “Nutrinform Battery”. Si tratta di un bollino a forma di batteria che indica non se il cibo sia da considerarsi buono o cattivo in sé, bensì quanto pesa percentualmente una singola porzione di quell’alimento sulla quantità totale di calorie, zuccheri, grassi, grassi saturi e sale che è consigliabile assumere in un giorno. Un meccanismo farraginoso e difficile da interpretare da parte del consumatore, meno immediato del semaforo del concorrente.

In pratica, la tesi di Nutrinform Battery è che nessun alimento in commercio è dannoso, tutto dipende dalle quantità assunte. Per Nutri-score, invece, esistono cibi dannosi che restano tali a prescindere dal contesto.

La strategia agricola europea Farm to Fork / Dal produttore al consumatore prevede che entro il 2022 un bollino di questo tipo sia introdotto su tutti gli alimenti, escludendo solo i prodotti IGP, DOP e STG. Diverse aziende multinazionali hanno già preventivamente annunciato che si adegueranno. E proprio quest’ultimo dato ci riporta con i piedi per terra rispetto al dibattito tecnico e politico, che appassiona solo gli addetti ai lavori. Andando a vedere il mondo dei consumi, infatti, ci si accorge che la logica del bollino non spaventa nessuno: sarà l’ennesima informazione che andrà ad aggiungersi a etichette già cariche di parole e numeri, magari in più lingue, ma anche di simboli, bolli di certificazione e codici a barre, il tutto in caratteri sempre più piccoli e illeggibili. L’eccesso di informazioni, alla fine, sta producendo l’effetto contrario rispetto a quello auspicato: il mondo del consumo è ormai diviso nettamente in due, una minoranza informata che spende tempo per studiare l’etichetta e una maggioranza che la ignora, anche per mancanza di tempo. È in questa seconda, grande categoria che si collocano i consumatori di trash food, molto consistenti in Paesi come gli Stati Uniti e in forte crescita anche in Europa: di fatto non compiono una scelta ponderata ma acquistano ciò che costa poco e disconoscono o ignorano le controindicazioni.

Il problema non è solo economico ma anche culturale. Ad esempio la verdura e la frutta di stagione non hanno prezzi proibitivi, ma per ragioni culturali vengono sempre più eliminate dalla dieta. Che è sempre più basata su cibi processati e da consumare rapidamente, come i wurstel o le patatine fritte, ma anche su specialità – per guardare all’Italia – come i salumi e i formaggi. E il cortocircuito si verifica qui: i produttori di alimenti tradizionali ricchi di grassi e sale, come gli insaccati, si rivolgono a un cliente che potrebbe rivelarsi sensibile al richiamo salutista, mentre i produttori di trash food non se ne preoccupano affatto, perché i loro consumatori ignorano i bollini.

In conclusione, la guerra del bollino alimentare in Europa è figlia di una visione utopica, nella quale tutti i consumatori leggono le etichette e si regolano di conseguenza. Ma la realtà è ben diversa perché il cibo, come sempre, è cultura e disponibilità economica. La questione vera sta a monte, ed è che anche nell’Europa mediterranea, dove ieri i poveri vivevano mangiando soprattutto pesce, olio d’oliva, pane, verdura e frutta, oggi vincono hamburger, merendine e patatine fritte. Che possono permettersi di farsi beffa di qualsiasi bollino.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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    Violenza stradale, numeri un po' in calo. Il rimedio: l’educazione e diminuire la velocità

    L’Istat ha pubblicato i report sugli scontri stradali, su base regionale (relativi al 2024) e anche alcuni dati sui primi sei mesi di quest’anno. Ci sono meno feriti e meno vittime sulle strade, anche se i numeri restano ancora drammaticamente elevati. Secondo l’Istituto di Statistica nel primo semestre del 2025 i morti sono stati 1310 (si parla di morti per scontri stradali se il decesso avviene entro 30 giorni dall’evento, quindi sono escluse le persone che muoiono, nonostante la causa siano le conseguenze dello scontro, oltre quel limite temporale) contro i 1406 dello stesso periodo dell’anno precedente. I feriti sono stati 111090, anche in questo caso in calo rispetto al 2024, quando erano stati 112428. Gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento, che è il 2019. In Italia al momento registriamo una diminuzione del 4,5% (in Lombardia del 12,6). Bisogna ancora fare molto per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Uno degli aspetti fondamentali, oltre la diminuzione della velocità, è l’incremento dell’educazione stradale. Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, morto nel 2010 a causa di un omicidio stradale a Firenze ha fondato l’associazione Lorenzo Guarnieri, che da anni si impegna a portare avanti un discorso di educazione. Alessandro Braga lo ha intervistato nella trasmissione Tutto Scorre.

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