Tra Buddha e Jimi Hendrix

Incontro con Hugo Vau, il monaco del mare che surfò una montagna

Riuscite a immaginare la sensazione di essere sulla cresta di un’onda alta 35 metri e di provare a cavalcarla? I pensieri immobili, corpo e mente assorbiti dall’istante, in una danza con il mare totalizzante e pericolosa. Adoro il surf perché – al netto delle gare, degli sponsor e delle costose marche di infradito di cui sinceramente mi interessa poco – chi pratica questo sport con autentica vocazione é una specie di monaco del mare. Rispetta la natura, sa vivere il presente e possiede una giusta distanza dalle cose. E ha un rapporto quasi famigliare con le onde. Come Hugo Vau, il surfista portoghese che ha cavalcato con la sua tavola quel gigante d’acqua di cui parlavamo prima. 35 metri, si é scritto. Una roba impressionante. Da allora Hugo, a quell’onda che ha osato surfare e che gli ha cambiato la vita trasformandolo in uno dei surfisti più conosciuti del mondo, ha dato un nome: Big Mama. Grande mamma.
Perché questo é stata per lui.
L’incredibile esperienza di Hugo si é concretizzata il 17 gennaio 2018 a Nazarè, in Portogallo. Il resto é leggenda, con una storia che ha fatto il giro del mondo ed é diventata un libro – Big Mama La madre di tutte le onde – che Vau ha scritto insieme al giornalista e scrittore ligure Fabio Pozzo, che da sempre é un abile e credibile narratore del mare e dei suoi protagonisti.
Ho la fortuna di incontrare i due a Chiavari, in una delle tante presentazioni che li stanno portando in giro per l’Italia a raccontare Big Mama. In una serata caldae non di meno afosa, Hugo mi viene incontro sorridente, il viso abbronzato incorniciato da una folta barba. Indossa pantaloni leggeri, t shirt scura e ai piedi gli immancabili infradito. Nonostante dalla sua impresa siano passati 4 anni non sembra ancora essersi abituato al fatto che tante persone vogliano stringergli la mano e conoscerlo. E anche io sono una di queste.
Me lo presenta Fabio Pozzo, con cui in settimana ci eravamo accordati per un’intervista da registrare per la Radio (la troverete presto in onda all’interno di Onde Road).
La serata scorre via piacevole, Hugo racconta al numeroso pubblico la “sua onda”, l’emozione di trovarsi sopra una montagna, inseguito da una valanga. A fianco siede Fabio, che da cantastorie esperto tratteggia luoghi, persone e sfumature di quell’incredibile impresa. Il resto lo fanno i contributi video di quella giornata a Nazaré, con quell’onda immensa a scompigliare per sempre il destino di Hugo, un giovane laureato in psicologia innamorato del mare, che a seguito della morte della mamma decide di seguirlo fino in fondo quell’amore. E allora lascia un lavoro stabile e un futuro scritto per cavalcare le onde dentro un futuro da scrivere. Una storia da film, che raggiunge il suo punto piu alto quel giorno a Nazaré, con l’allora trentasettenne Vau che compie il proprio eroico destino. Eppure, devo ammettere un po’ inaspettatamente, la cosa che piu colpisce di tutto quell’adrenalinico video che anima la notte chiavarese non é tanto la cavalcata dell’onda ma un’altra cosa. Sto parlando della nota audio che accompagna una parte del filmato, dove si puó ascoltare la registrazione delle comunicazioni radio fra Hugo e Alex Bothello – l’amico surfer che quel giorno guidava il jet sky che accompagnó Vau in cima a quella montagna d’acqua – con il loro team a terra. Ecco, la voce rilassata, tranquilla e focalizzata sul momento di Hugo – che non dimentichiamo stava andando a calvacare Big Mama rischiando la pelle – sono qualcosa che colpisce, stupisce, addirittura sorprende. Piu da monaci zen che da sportivi, e proprio qui sta il suo bello. Come bello é Hugo, il suo mondo fatto di onde, la vita alle Azzorre, i piedi scalzi e un bimbo avuto da poco dalla compagna. E come é bella quella Big Mama a cui non si puo che volere bene.

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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