La scuola non serve a nulla

Il 25 aprile, nella mia classe

A proposito di Scurati e O-Scurati...

Be’, normale che si sisa parlato tanto di Scurati, nei giorni intorno al 25 aprile…

Ma siccome coincidenza voleva pure che proprio ieri mattina, nella mia terza, a scuola, dovessi spiegare la presa del potere del Fascismo e il successivo processo di fascistizzazione dello Stato, m’è venuto allora in mente che quest’anno potevo fare una roba un po’ diversa dal solito. Bene, quale sarebbe l’ideona?

Presto detto: portare in classe il sussidiario che si usava nelle scuole all’epoca, o meglio il “testo unico”, il “Libro della Quinta elementare” in adozione nell’anno scolastico 1930-1931, “l’Anno IX dell’era fascista”: insomma, quello su cui ha studiato mio nonno da bambino (qualche anno fa, dopo la sua morte, lo notai lì, in casa sua, impolverato e ingiallito, tra i libri da buttare; la mia anima di storico da quattro soldi venne tuttavia fuori caparbia, e con l’eroismo impavido che sarà meglio descritto dopo, l’ho tenuto con me, curioso…)

Ma torniamo “a noi”: ieri mattina, dicevamo, lezione in classe e poi  lettura dal libro di testo, su capitoli che raccontavano quanto prima vi indicavo (ovviamente, siamo partiti prima dal nostro libro di testo).

Poi, subito dopo, ho tirato fuori dal mio zaino il libresco cimelio: ho spiegato loro di che si trattava, e lo abbiamo aperto… e abbiamo cercato insieme qualche stralcio da leggere…  certo, per quanto contenesse anche altre materie (Religione, Geografia, Aritmetica e Scienze), mi pareva sommamente interessante far leggere loro qualcosa della sezione di Storia. Per come, invece, gli stessia rgomenti erano raccontati invece da quel libro.

La sezione di Storia comincia cronologicamente con la fine dell’Impero Romano d’Occidente. Introdotto subito da questa chicca (verbatim):

“Roma fu grande e gloriosa, e uscì trionfante da ogni impresa e da ogni pericolo, finché l’amor di patria infiammò il petto dei cittadini e finché costoro considerarono il servizio militare come il maggiore dei doveri”.

Lo vedete, alè. Sii parte altissimo, e si continua sullo stesso tono: vi porgo un breve passaggio dalle pagine del Risorgimento (verbatim pure qua):

“Mentre Vittorio Emanuele II e Camillo di Cavour si preparavano a far trionfare la causa italiana, l’Austria nei suoi domini inaspriva il giogo. Lo straniero sentiva infatti che l’odio contro di lui e l’amore per la patria si facevano sempre più profondi e diffusi anche nelle classi più umili della popolazione. Vivono gloriosi nella storia i nomi degli undici ‘Martiri di Belfiore’, così chiamati sugli spalti di Mantova, sui quali quelle generose esistenze furono stroncate dal capestro o dal fucile dell’oppressore…”

Figurati tu quando si arriva al fascismo: qui una breve presentazione del Duce (ari-verbatim):

“L’Italia fu salvata da Benito Mussolini. Egli era stato tra i più fervidi sostenitori della guerra contro l’Austria: aveva valorosamente combattuto come bersagliere; aveva sofferto gravi ferite. Animato dalla stessa fede e dallo stesso coraggio si dedicò, dovesse costargli la vita, alla santa missione di ridestare nel popolo italiano quelle virtù che già avevano reso possibile il Risorgimento.”

E poi la Marcia su Roma (ari-ari-verbatim):

“In questo incessante succedersi di lotte sanguinose, ben tremila fascisti caddero vittime dei sovversivi. Ma col proprio sacrificio resero ancor più forte la volontà di vincere nei loro camerati, che ormai erano legioni, marea travolgente, che solo la salda mano del Capo poteva ancora contenere. Finalmente, Benito Mussolini mosse alla conquista, che doveva coronare e consacrare il suo mirabile sforzo di condottiero e di patriota. Il 28 ottobre 1922 un esercito di “camice nere”, per ordine del Duce insonne e magnifico, si ammassava rapidamente, e muoveva in tre colonne verso la Città Eterna. Il nostro Re, con sapiente ed energica risoluzione, respingendo le proposte di coloro che avrebbero voluto soffocare questo grande movimento di riscossa nazionale, invitò il Duce a costituire un nuovo governo”

E mi fermo qui, ma sarebbe da riportare tutto… Ora, io ero molto felice (e non “De Felice”), alla fine, rilevando come il tutto abbia avuto su alunni e alunne un effetto vivamente comico e pienamente ridicolo, alla “Fascisti su Marte” (perché sono proprio queste testimonianze del passato che mi permettono di dire che l’unica cosa buona fatta dal Fascismo è quella di aver allargato di molto le soglie semantiche del concetto di “ridicolo”); ma curioso lessicalmente anche che in questa sorta de “Il Fascismo racconta sé stesso (ai bambini)”, chiunque non avesse  all’inizio appoggiato apertamente il fascismo è genericamente bollato come “sovversivo” (socialisti, comunisti, popolari, e persino cattolici e liberali…). Nessun accenno a Matteotti, Gramsci, olio di ricino… e nemmeno alle elezioni.

Ma per quanto l’avessi già letto, solo ieri mattina ho notato che anche in un testo goffamente propagandistico come questo, non c’erano problemi a definirlo, quello fascista, con un termine per noi connotato (ma evidentemente, non allora), in maniera molto negativa: “Regime”. Parola che sì, in senso assoluto, significava e significa solo “ordinamento dello Stato”, ma che ha portato a chiedermi: oggi, quale Paese o quale Governo, con qualunque “ordinamento dello Stato” (fosse esso democratico o dittatoriale) potrebbe definire sé stesso, a cuor leggero, un “regime”? Forse neanche la Corea del Nord.

Ma io questo me lo chiedevo mentre un alunno leggeva quel testo con la voce di Guzzanti e gli altri si sganasciavano. Insomma, ci siamo fatti quattro risate: ed è per questo che ne consiglio vivamente la lettura, se qualche vostro nonno lo avesse conservato. Un libro che merita, soprattutto perché, se uno si deve perdere nelle manieristiche imitazioni degli epigoni vannacciani, tanto vale a quel punto sollazzarsi con le fonti del originale. O no?

Buon 25 aprile a tutti!

 

Che ne pensate? Per qualunque cosa vogliate dirmi riguardo ai miei articoli su questo Blog, dagli apprezzamenti, ai consigli, alle critiche fino agli insulti (questi ultimi però purché formulati rigorosamente in lingue antiche), scrivete a: antonellotaurino1@gmail.com .

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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