
La posizione statunitense sull’attacco israeliano in Iran è netta: “Israele ha agito in totale autonomia senza che da parte americana ci sia stato alcun supporto militare o logistico”. Lo dice Marco Rubio, il segretario di Stato, secondo cui Israele avrebbe agito per necessità di autodifesa senza però, appunto, alcun coinvolgimento americano. Diverse fonti nel dipartimento di Stato fanno trapelare l’irritazione dell’amministrazione.
Israele avrebbe agito mentre erano ancora in corso i tentativi diplomatici di Donald Trump nei confronti di Tehran, mentre quindi la strada diplomatica non era ancora esaurita. Una versione cui l’Iran non crede: “Israele non avrebbe mai potuto agire senza il via libera americano”, dice il Ministero degli Esteri iraniano minacciando ritorsioni anche contro gli interessi americani nell’area. L’attacco sigilla un rapporto non facile tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu.
In diverse occasioni il primo ministro israeliano ha agito non in sintonia con il presidente americano che punta ad una stabilizzazione dell’area e alla ripresa di intense relazioni commerciali e degli affari, come mostra il suo recente viaggio nei paesi arabi. Trump avrebbe chiesto a Netanyahu di ritardare l’attacco, cosa che non è avvenuta. Ora, appunto, gli Stati Uniti non condannano, ma non danno nemmeno copertura diplomatica all’azione israeliana che definiscono “unilaterale”.
Ci si prepara, comunque, anche da parte americana, alla rappresaglia da parte dell’Iran: l’esercito statunitense dispone di un’ampia flotta di aerei da guerra, navi militari, migliaia di soldati di stanza nelle sue basi nella regione, tra cui Qatar e Bahrein a circa 150 miglia, 200 km circa, dall’Iran.
Potrebbero essere questi tra gli obiettivi scelti da Tehran e a quel punto la guerra diventerebbe regionale con esiti imprevedibili e potenzialmente disastrosi.