Il 31 agosto salperà una flottiglia di oltre 30.000 persone, la più grande missione civica navale di sempre. Navi verso Gaza con l’obiettivo di rompere l’assedio, portare aiuti, aprire un corridoio umanitario permanente: “Sumud”, infatti, in arabo, vuol dire “perseveranza”, “resistenza”… (e sì, è un attimo che arrivi a dire “resilienza”).
Ma per me che son curioso di Storia, questa spedizione è piena di tante cose che ritornano. Quasi mille anni fa, al Concilio di Clermont del 1095, papa Urbano II pronunciò un discorso che le circostaze della Storia portarono a essere inteso come una sorta di invito aiCristiai di liberare la Terra Santa dai Turchi Selgiuchidi: nacque così la Prima Crociata. I “Regni cristiani d’Oriente” furono, di fatto, la prima forma di colonialismo europeo, la prima ferita. E parallelamente, curioso che persino il viaggio di Colombo nel 1492, intrapreso per raggiungere comunque le Indie aggirando quel Medio Oriente turco, ostile e infedele, fu per converso definito da alcuni come “l’ultima Crociata”: insomma, sempre, lo stesso spirito di conquista.
Mille anni fa, dunque, l’Europa partiva per attaccare gli arabi (musulmani, allora, più precisamente). Oggi, in un involontario quanto significativo ‘history washing’, può scegliere di fare il contrario: una specie di crociata riparativa, l’ultima “vera” Crociata. Non per conquistare, ma per restituire. Ripercorrendo anche, a ritroso, lo stesso mare attraversato da tanti disperati per carcare nei nostri paesi un futuro migliore. La possibilità, seppur fragile, che l’Occidente, o almeno l’Europa, si guardi allo specchio e decida di non essere più soltanto o predatore del mondo, o testimone inerme di crimini commessi nel mondo da uno Stato che al momento, di quell’Occidente, sembra incarnare l’avamposto…. l’avamposto, si, ma del peggio che sia riuscito a produrre.
Il rischio che la spedizione venga attaccata, sapete, è reale, perchè è già accaduto in altri casi analoghi, nel 2010, o lo scorso maggio. Per questo molti personaggi pubblici e associazioni si stanno schierando a sostegno della flottiglia: l’incolumità di chi parte dipende anche dall’attenzione mediatica e dal sostegno internazionale. Ognuno può fare la sua parte, anche solo amplificando la notizia, alimentando con il suo “micro-influencing” quella pressione pubblica che può diventare protezione. Ed è per quello, forse, che serve esattamente quello stesso spirito comunitario e speranzoso, di chi forse – stavolta si hanno delle giustificazioni – è convinto di fare qualcosa che potrebbe portare qualcosa di buono a chi soffre.
Ecco, perchè la Flotilla potrebbe non essere più solo un simbolo. Potrebbe davvero rappresentare un precedente. Se i governi restano immobili, nel migliore dei casi per inettitudine o nel peggiore per convenienze, allora si muovono la società civile e l’opinione pubblica. E prima o poi la politica – e persino la geopolitica, quella “grande” – potrebbe, a un certo punto, essere costretta a tenerne conto. Forse.
Si spera. Si spera, eh….
È uno slancio utopico, forse… come lo fu “La Crociata dei pezzenti”, forse.
Ma a parte l’Utopia, cos’altro ci hanno lasciato?…