La scuola non serve a nulla

Carlo Pepi, il “Don Chisciotte” dell’Arte

Visita alla Casa-Museo di un personaggio molto singolare...

Ora, d’accordo che si sarebbe poi rivelatasi falsa, quella teoria enunciata a metà anni ’90 da Thomas Friedman sul New York Times – uno dei luoghi comuni della globalizzazione -, secondo cui “non sarebbe mai potuta scoppiare una guerra tra due paesi che hanno McDonald’s”, ma è dura scoprire che la cosa non vale neanche tra due paesi col Facebook. Siccome però bisogna imparare a scovare l’aspetto positivo in ogni cosa, se scoppiasse una guerra proprio oggi, 22/02/2022, data palindroma e pure ambigramma, si renderebbe un caro servizio agli studenti del futuro che saranno costretti a ricordarlo, l’inizio di questa guerra.

In ogni caso, non essendo un analista politico, farò finta che questa settimana c’è il rischio d’annoiarsi, che al mondo non succede davvero proprio niente niente che noia che barba chenoiachebarba, allora forse vi farà piacere sapere cose molto serie tipo che ho ripreso a Monopoli il mio spettacolo “TROVATA UNA SEGA! Racconto su Livorno, Modigliani e lo Scherzo del Secolo dell’estate ‘84”.

Le cose importanti, insomma.

Non dico niente della storia (lo dovete vedere, so’ mica scemo a spoilerare): sarà sufficiente accennare giusto quei pochi elementi che poi forse non pochi ricordano, cioè l’irripetibile goliardia di alcuni studenti livornesi che in quell’estate scolpirono una testa per burla e la gettarono nei fossi; ma dopo il ripescaggio, questa fu tragicamente ritenuta “opera autentica di Modigliani” dai maggiori critici d’Arte dell’epoca.

Chi avrà visto lo spettacolo (o chi conosce i dettagli della vicenda) ricorderà che a un certo punto appare un singolare personaggio, il quale, quasi unico e quasi subito (anche perché lui su Modigliani “non ne aveva sbagliata una”), dichiarò che quella e altre teste ripescate “l’eran false, l’eran ‘un trojao e l’era mejo ributtalle ner fosso”. Il destino volle che praticamente tutti, storditi dall’allucinazione collettiva dell’attribuzione modiglianesca, lo cassandrizzassero all’istante, e non fu creduto.

Be’, in effetti un po’ perché Carlo Pepi è veramente un personaggio incredibile, quasi da romanzo: dietro quel signore dalla gentile ma energica vocina toscana si cela un amante e intenditore d’arte come pochi al mondo. E siccome anche la sua casa è da romanzo, qualche tempo fa ho realizzato il sogno di andare a trovare entrambi.

Lui è un tipo che, amandola davvero, “l’Arte non la vende, ma la compra”, e infatti nella sua Casa-Museo (visitabile: dovete però contattarlo e mettervi d’accordo per formare un minimo gruppo, in genere la domenica) ci sono più di 20.000 dipinti. Nello spettacolo io dico “pure nel cesso”: ma quanto è stato bello appurare con i miei occhi che …è davvero così? Non solo c’ha veramente i Kandinski accanto alla tazza, ma pure i Mirò sul letto e i Picasso sul lavandino. Oltre a praticamente tutto Fattori e a tanti Modigliani originali, sparsi per casa.

Col tempo, seppur sprovvisto di titoli accademici, Pepi è diventato il più famoso “cacciatore di Falsi” del sommo pittore labronico (“…Ma è mai possibile che Modigliani ha dipinto più da morto che da vivo?”); in teoria un’Università statunitense gliel’avrebbe pure conferita, una laurea honoris causa in Storia dell’Arte, solo che lui l’ha rifiutata e l’ha rispedita indietro (“…mi basta la mia in Economia: io l’arte l’ho studiata per mi’ passione spontanea”).

Parla dei critici dell’arte con divertito disprezzo, perché “’un ne azzeccano una, ‘e ‘un c’han l’occhio”, e quando va nelle scuole a incontrare ragazzi, comincia parlando male dei docenti di Arte e invitando gli alunni a non seguirli, a formarsi una loro autonoma, critica e personale idea delle opere, che sia indipendente dal giudizio cattedratico (pure agli undicenni delle medie dice così!).

Certo, questo “Don Chisciotte dell’Arte”, non è solo un outsider: ha fondato e diretto la “Casa Natale” di Modigliani a Livorno e ha fatto parte degli “Archivi Legali Modigliani” per volere della figlia del pittore, Jeanne. Ma nella sua biografia risaltano indubbiamente come più significativi i momenti di rottura, di sfida all’establishment, di aperta contestazione alle attribuzioni accademiche: non a caso, per la sua opera di ripristino della verità artistica, ha dovuto subire persecuzioni sia dal mondo della critica ufficiale che da quello dei falsari, con corrispettivo losco giro d’affari. Lui dice che “è perché i due mondi sono troppo legati”. Lui lo dice, io lo riporto.

Più nel dettaglio, qualche sua sortita? Qualche anno fa, all’inaugurazione nel Palazzo dei Papi, a Viterbo, dichiara pubblicamente falsa l’intera mostra di disegni giovanili di Modigliani curata da Patani e presentata da Sgarbi, provocandone l’immediato sequestro. Ma non solo Modigliani: boccia immediatamente l’attribuzione a Michelangelo del famoso Crocifisso acquistato poi dallo Stato, e fa chiudere in anticipo, sempre per presenza di falsi, una mostra a Volterra incentrata su Micheli e sui suoi allievi. Alla mostra di Ribera a Napoli, realizzata dai massimi studiosi del pittore spagnolo, che della sua opera avevano curato anche l’intera catalogazione, cioè Spinosa (ai tempi Soprintendente di Napoli) e Sanchez (ai tempi Direttore del Museo del Prado), il nostro denuncia la presenza di venti opere di errata attribuzione, tra cui quella di proprietà Vittorio Sgarbi e di Federico Zeri (e non è tanto che i successivi risvolti legali gli daranno ancora una volta ragione; quanto che in quei giorni egli si offriva, in attesa del pronunciamento e a mostra ancora aperta, di far da guida ai visitatori indicando, lungo il percorso espositivo, quali erano i falsi e quali no… vi immaginate la scena? Per dire il personaggio!). Tornando a Modigliani, alcuni suoi interventi sono all’origine del sequestro di molte opere anche dalle mostre di Arezzo e, ultimamente, di Genova, sempre perché ritenute, a suo dire, false: ogni volta, con esiti giudiziari a confermare le sue tesi. In particolare, le indagini della Magistratura su quest’ultima mostra genovese a Palazzo Ducale, dell’estate 2017, hanno avuto una certa risonanza mediatica, visto il processo ancora in corso.

Ma dovete vedere la sua casa sulle colline di Crespina, davvero. Una mole di dipinti talmente grande da essere quasi grottesca, in linea con l’infinito amore per essi. Che quando è totalizzante, non ne ammette altri: e infatti, lui, scapolo, dice che una moglie non avrebbe mai accettato tutti quei quadri per casa…

È stato davvero un onore aver avuto la possibilità di una visita alla sua Casa. Visita che, ripeto, lui concede spesso, in maniera totalmente gratuita, ai gruppi che si organizzano e che lo contattano: solo per amor dell’Arte.

Non racconto di tanti dettagli che mi ha rivelato poi a pranzo, roba che in pratica dovrò riscrivere tutto lo spettacolo. Ma siccome anche in queste chiacchiere non si è limitato a Modigliani, più di tutto mi ha sconvolto sapere che… Ecco, lo sapete tipo che il Cenacolo Vinciano in Santa Maria delle Grazie a Milano è un falso?

Altro che Terza Guerra Mondiale… va be,’ ne riparleremo…

 

 

Che ne pensate? Per qualunque cosa vogliate dirmi riguardo ai miei articoli su questo Blog, dagli apprezzamenti, ai consigli, alle critiche fino agli insulti (questi ultimi però purchè formulati rigorosamente in lingue antiche), scrivete a: antonellotaurino1@gmail.com .

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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