Un Paese fermo, che sta in piedi grazie al PNRR. Dove cala il potere d’acquisto dei salari e la ricchezza delle famiglie. L’Istat traccia un quadro fosco dell’economia italiana. Anche il Censis ha presentato il suo rapporto annuale: è la fotografia di un paese impoverito e che invecchia, dove crescono le disuguaglianze. Andiamo a vederli.
Istat conferma la crescita del 2025 allo 0,5%, sotto le stime del governo, e allo 0,8% per l’anno prossimo. A spingerla è una lieve ripresa dei consumi interni, che restano stagnanti: significativo come l’aumento di vendite al dettaglio sia trainato dai discount. Ma soprattutto la crescita degli investimenti. Con un però: sono quelli legati al PNRR. Senza il piano europeo, l’Italia sarebbe in recessione. Sintomo di un’economia che ristagna, affondata dai redditi bassi di una parte del paese.
I salari reali, nonostante un leggero recupero sull’inflazione, a settembre restano dell’8,8% sotto gennaio 2021. In apparente controtendenza crescono i posti di lavoro, la cui previsione è di aumento anche nel 2026, pur restando fanalino di coda d’Europa. È lavoro povero, che non crea ricchezza diffusa e benessere, visto che appunto non genera crescita. Il quadro è completato dai dati economici del rapporto annuale Censis che evidenziano l’altro problema del mercato del lavoro definito “Senile”: i giovani esclusi, la popolazione attiva che invecchia, tanto che i giovani sono sempre più dipendenti dagli aiuti economici di genitori e nonni. In un quadro di impoverimento complessivo: la ricchezza delle famiglie è scesa dell’8,5% negli ultimi 15 anni. Ma non per tutti: se una famiglia su due tra le più povere ha perso un quarto del patrimonio, e la classe media il 35%, i patrimoni del 5% che possiede il 60% della ricchezza totale, sono saliti di quasi il 6%. Il paese si deindustrializza, meno 40% le piccole imprese, ma non per la produzione di armi, cresciuta del 31%. Che non genera valore aggiunto e occupazione. Mentre due dei settori storici, automotive e tessile, sembrano in declino irreversibile. Un bagno di realtà rispetto alla propaganda del governo.


