Appunti sulla mondialità

Scosse di assestamento globale

È difficile analizzare la situazione internazionale odierna quando si perde di vista il quadro di riferimento globale. Pur restando alla larga da qualsivoglia teoria del complotto, non è difficile osservare che diversi fatti di inaudita gravità degli ultimi anni, da leggersi ciascuno nel suo specifico contesto geografico e storico, sono legati da uno stesso filo conduttore. Che rimanda alla difficile transizione dalla globalizzazione degli anni Novanta del secolo scorso, subentrata alla Guerra Fredda creando nuovi assetti geopolitici, verso un multipolarismo a blocchi variabili. Non c’è più lo schieramento ideologico della Guerra Fredda: ora si tratta degli interessi contingenti di Paesi che vorrebbero acquisire un ruolo dirimente a livello mondiale, o almeno regionale, accanto alle potenze occidentali che di quel ruolo sono storicamente detentrici. Non si spiegherebbe altrimenti la sintonia tra Iran, e Hamas, via Hezbollah: sciiti e sunniti, storicamente nemici, che trovano un comune denominatore nello scontro con Israele. Più in generale, pare delinearsi un avvicinamento tra Iran e Arabia Saudita che potrebbe porre fine a secoli di ostilità intra-musulmana, elemento che ha storicamente indebolito il mondo islamico nei confronti dei nemici esterni. Anche l’alleanza, soprattutto economica e politica, tra Cina e Russia è un inedito, rispetto a decenni – se non secoli – di reciproca diffidenza. Ancora, la neutralità di grandi potenze del Sud globale come India e Brasile è un dato nuovo, rispetto al tradizionale allineamento quasi automatico con gli Stati Uniti. Vanno distinte, però, le aspirazioni geopolitiche alimentate attraverso la forza militare, come l’invasione russa dell’Ucraina, dalla volontà di emancipazione politica sulla scena internazionale attraverso la diplomazia, come tenta di fare il Brasile di Lula.

La massima dimostrazione della grande mobilità rispetto ai blocchi del passato è forse l’avanzato dialogo condotto da Israele e Arabia Saudita per normalizzare i loro rapporti. Stabilire uno scambio di ambasciatori equivale, nel diritto internazionale, al reciproco riconoscimento della sovranità e quindi dell’esistenza stessa degli Stati. È l’ultima cosa che Hamas vorrebbe, perché se l’Arabia Saudita, punto di riferimento religioso del mondo sunnita, riconoscesse il diritto all’esistenza di Israele, vacillerebbe la linea di Hamas, che predica l’eliminazione dello Stato ebraico. È questo uno dei motivi, se non il principale, della scelta di compiere l’attacco criminale del 7 ottobre contro i civili israeliani. La risposta di Israele contro i civili di Gaza, ingiustificabile secondo il diritto internazionale, ha avuto come conseguenza il congelamento delle trattative tra Riyad e Tel Aviv e rischia di far saltare tutta la rete di relazioni tra lo Stato ebraico e il mondo arabo. Non lontano da questo scenario, nel Nagorno-Karabakh, regione popolata in maggioranza da armeni, si sta consumando l’ennesimo pogrom contro questo popolo, ancora una volta obbligato a fuggire per salvarsi la vita, nonostante sia teoricamente “difeso” da forze armate russe, ma Mosca ha scelto di stare con l’Azerbaigian, che pure è filo-turco da sempre.

Più che a una “terza guerra mondiale a pezzi”, siamo di fronte a scosse di assestamento dopo il terremoto che ha portato a un notevole ridimensionamento del peso degli Stati coinvolti nella globalizzazione. Le apparenze possono ingannare: non esiste un fronte che si oppone all’Occidente, ma semplicemente una coincidenza temporanea di interessi tra Paesi tra loro molto distanti, da tutti i punti di vista, come Russia, India, Cina, Brasile, Turchia e Iran. Gli Stati Uniti da tempo si stanno adeguando a un mondo “liquido”. Resta invece spaesata l’Europa, da un lato arroccata a difesa dei suoi passati privilegi e dall’altro ancorata a un discorso generico sulla difesa dei diritti umani, reso poco credibile dalle politiche coloniali e post-coloniali nei confronti, ad esempio, del continente africano. A proposito di Africa, anche le migrazioni sono figlie del disordine globale, e non armi contro l’Occidente, come proclama qualche imprenditore della paura. In realtà, al resto del mondo interessa molto poco ciò che succede all’interno degli Stati europei: al centro del gioco ci sono territori considerati marginali fino a poco tempo fa, diventati oggi terreno di scontro tra Paesi che aspirano a diventare nuovi punti di riferimento a livello globale.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    Jazz in un giorno d'estate di martedì 01/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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    Poveri ma in ferie di martedì 01/07/2025

    quando le piante dei nostri balconi tirano un sospiro di sollievo, perché finalmente qualcuno che la sa lunga ci spiega come e quando bagnarle, come trattarle, reinvasarle, esporle al sole. Ospite della puntata Ambra Pagliari (pianteinveranda su Instagram). A seguire microfono aperto con tutti gli scempi da pollice nero di cui siete e siamo capaci. Con Vittoria Davalli e Alessandro Diegoli

    Poveri ma belli - 01-07-2025

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    Almendra è fresca e dolce. Almendra è defaticante e corroborante. Almendra si beve tutta di un fiato. Almendra è una trasmissione estiva di Radio Popolare in cui ascoltare tanta bella musica, storie e racconti da Milano e dal mondo, e anche qualche approfondimento (senza esagerare, promesso). A luglio a cura di Luca Santoro, ad agosto di Dario Grande.

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    E’ morto l’architetto Francesco Borella, per tanti il papà del Parco Nord Milano. Lo ha diretto per venti anni dagli inizi degli anni ‘80, quando lo ha progettato insieme al paesaggista Adreas Kipar. Cava dopo cava, orto spontaneo dopo orto spontaneo, aziende agricole in dismissione dopo aziende agricole a fine ciclo, ha rigenerato e riconesso con percorsi ciclopedonali l’ampia area che tra Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo si estende a Cusano Milanino, Cormano e ai quartieri milanesi di Affori, Bruzzano, Niguarda e Bicocca. Un parco che negli anni ‘70, quando è stato voluto con le mobilitazioni popolari, sembrava impensabile che potesse avere le presenze che ha il più noto e storico Parco di Monza. Fabio Fimiani ha chiesto un ricordo dell’attuale presidente del Parco Nord di Milano, Marzio Marzorati. Radio Popolare si stringe affettuosamente con un abbraccio ai figli Joanna, Cristiana, Giacomo e Sebastiano Borella.

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    Il podcast di Francesco Tragni e Giuseppe Fiori registrato dal vivo a Germi. Enrico Gabrielli è stato il secondo ospite che ha raccontato quali sono i suoi vinili di riferimento: polistrumentista, compositore e arrangiatore, ha collaborato con artisti come Muse e PJ Harvey, e fa parte dei gruppi Calibro 35, Winstons e Mariposa (in passato anche negli Afterhours). Complessivamente compare in oltre 200 dischi. Ha anche suonato il flauto traverso nella sigla di Dodici Pollici.

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