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L’accoglienza dei migranti in transito a Milano, il nuovo centro aperto vicino alla stazione Centrale

Centro Accoglienza Migranti Milano

Sulla parete della sala comune c’è appesa una composizione in legno. È un albero stilizzato, con tante ramificazioni. Ogni pezzo è colorato da disegni e da scritte, riportano i nomi di alcuni Paesi: Nigeria, Somalia, un ramo aggiunto da poco, in alto, riporta la scritta “Ucraina”. Il centro di via Sammartini 75, a Milano, dista una ventina di minuti a piedi dalla stazione Centrale. Negli anni ha cambiato nomi, sigle, gestori. Quel che non è cambiato è la sua vocazione all’accoglienza. Da pochi giorni, ospita uno spazio per migranti in transito: dalle sei alle undici di sera, ogni sera, passano persone che arrivano a Milano dirette verso altri Paesi. Dietro di sé hanno percorsi accidentati, lunghi, rischiosi. Molti di loro hanno fatto la “rotta balcanica”.

Quello di cui hanno bisogno è un posto dove poter riposare poche ore. In questo centro possono farlo al riparo, al caldo, quando prima erano spesso costretti a trascorrere la notte fuori, cercando di essere invisibili agli occhi degli altri, per paura di essere fermati.

A occuparsi dell’accoglienza ci sono gli assistenti della fondazione Fratelli di San Francesco: “Noi qui possiamo ospitare fino a 40 persone, questo è l’accordo che abbiamo con il Comune – racconta Maria Secchi, sociologa e responsabile del servizio – finora ne abbiamo avute al massimo diciotto tutte insieme. Arrivano in gran parte all’Afghanistan, dall’Iran e sono soprattutto ragazzi molto giovani. Abbiamo anche avuto delle famiglie ucraine, accompagnate dalla Protezione Civile. Questo è un posto dove poter avere la sicurezza di una notte passata in tranquillità per poi prendere l’indomani un treno che hanno già deciso di prendere oppure attendere”.

Maria Secchi ci guida attraverso questo spazio, dallo sportello d’ingresso, alla sala dove si mangia, alle stanze dove i migranti possono stendersi e riposare.

L’operatore che riceve le segnalazioni di chi ha bisogno d’aiuto si chiama Indrit. È in costante contatto con le unità di strada che fanno parte del coordinamento del Comune e con le associazioni che sostengono i migranti. Mentre elenca i vari aspetti del suo lavoro, di come cerca di assecondare le diverse esigenze di chi arriva, entra un gruppo di persone provenienti dalla Somalia. Ci racconta la loro storia.

Le richieste d’aiuto corrono via social, illuminano gli schermi degli smartphone dei volontari delle associazioni la sera tardi. Una delle realtà che da più tempo si occupa di aiutare i migranti, soprattutto quelli in transito, è Rete Milano. Fausta Omodeo è la presidente: “Quando qualcuno ci chiede aiuto, segnaliamo i ragazzi immediatamente e in pochi minuti riceviamo risposta. Dal 18 gennaio, abbiamo inviato 50 persone”.

Il centro di via Sammartini 75 si aggiunge ai dormitori e ai luoghi di accoglienza che il Comune rafforza tra novembre e marzo, nel periodo del “piano freddo”. Fino a poco tempo fa, su 1500 posti letto messi a disposizione dalle istituzioni, a Milano nessuno era riservato ai transitanti. Per loro l’accoglienza era e resta più complicata che per altri, spiega l’assessore comunale al Welfare, Lamberto Bertolè.

Le associazioni come Rete Milano per anni hanno fatto quel che potevano per dare un rifugio ai migranti che riuscivano a intercettare. Spesso singoli volontari mettevano a disposizione stanze delle loro case almeno per una notte. Da tempo domandavano uno spazio come quello che è appena stato aperto. Per Fausta Omodeo il rammarico è che non lo sarà a lungo.

Quello che resta e che può sempre generare cambiamento per il futuro sono le tracce che le esperienze di accoglienza lasciano sulle persone, quelle che la ricevono e quelle che la offrono. Ognuna di loro ha un vissuto da cui possono rinascere e ramificare storie nuove, diverse da quelle del passato. Lo ricordano Indrit e Maria Secchi, che hanno scelto di intrecciare i loro percorsi con quelli di chi continua a camminare.

  • Autore articolo
    Luca Parena
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    Biometano fatto bene e transizione agroecologica per ridurre le emissioni climalteranti degli allevamenti. Legambiente e una parte del mondo degli agricoltori sta affrontando questo aspetto dell’inquinamento dell’aria della Pianura Padana. Il metano è molto più impattante sull’effetto serra dell’anidride carbonica, ottantaquattro volte in più. Se ne è discusso in un convegno alla Cascina Nascosta del Parco Sempione di Milano tra esperti scientifici, esperienze agricole e industriali, in Lombardia e Veneto, di recupero del metano dagli allevamenti. Uno dei focus è l’attenzione alle emissioni fuggitive, quelle nel ciclo del recupero primo e dopo lo stoccaggio nei reattori. Nell’Abc dei Domini Collettivi la professoressa Marta Villa dell’Università di Trento affronta Heimat, il legame con i territori di vita che accumuna gli usi civici di questi luoghi, da lasciare migliori per le generazioni future. Per Le Storie Agroalimentari Paolo Ambrosoni recensisce il libro Storie di Mozzarelle di Germano Mucchetti, un testo sulla diversità delle paste filate più famose, e i territori di produzione. Descriviamo la riscoperta e valorizzazione di grani locali e tradizionali dell’Appennino romagnolo, ma anche del Parco del Ticino milanese, nonché di antichi forni, del fattore alla Cascina Caremma di Besate, di comunità nel borgo di Morimondo e dell’adiacente Abbazia cistercense. Per gli autori fuori porta, geografie e storia dei paesaggi lombardi del Teatro Franco Parenti con la Fondazione Pierlombardo, in collaborazione con la Regione Lombardia, c’è la descrizione dell’agricoltore filologo Niccolò Reverdini dell’arazzo dedicato ai lavori in campagna di giugno, disegnato dal Bramantino ed esposto al Castello Sforzesco di Milano.

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