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L’Antimafia: Cosa Nostra può condizionare il voto

Mafia e politica. Un binomio e un intreccio che non si riesce ad estirpare, nonostante le leggi, il codice antimafia e quello dei singoli partiti.

E’ una realtà, che la Commissione antimafia ha confermato e intorno alla quale c’è silenzio, troppo silenzio dice il ministro dell’Interno Minniti. “Le mafie possono condizionare il voto libero degli italiani, bisogna estirpare questo legame”. Un allarme ascoltato nella grande sala del Senato solo dai magistrati, giornalisti e sindaci in primo piano nella lotta alla mafia, mancavano tutti i segretari dei partiti candidati alle elezioni, ora forse più preoccupati dalla vampata di odio e violenza politica di queste ore che dall’affrontare un fenomeno che sembra ormai appartenere di fatto in alcuni ambienti alla modalità di ricerca del voto: per Rosi Bindi, presidente della Commissione antimafia il clientelismo, il familismo e il trasformismo sono varchi attraverso i quali la mafia entra nella politica. La ricerca del consenso elettorale nelle zone grigie create dall’intreccio tra mafia e politica è una pratica ancora attiva, che si alimenta dalla mancanza di una buona politica, dal consenso buono, come lo definisce Rosi Bindi secondo la quale “l’astensionismo è il primo regalo alle mafie”.

La relazione mette in luce problemi che seppur segnalati da anni sono ancora presenti, “c’è la necessità, secondo Pietro Grasso, di un codice di autoregolamentazione per i partiti per arginare l’inquinamento mafioso nelle liste elettorali”. E’ ormai inconfutabile la presenza delle mafie nelle regioni del centro nord, tra le attività relativamente nuove – si legge nella relazione – c’è la grande distribuzione commerciale, i settori dei rifiuti, delle energie rinnovabili, del turismo, delle scommesse e sale gioco e se per alcuni partiti politici l’unico problema della sicurezza in Italia sembra essere quello degli immigrati, la relazione dell’antimafia conferma invece che è proprio il settore dell’assistenza e dell’accoglienza ai migranti quello in cui la criminalità fa più soldi. Dal palco si è sentito spesso pronunciare il termine “borghesia mafiosa”, per descrivere le infiltrazioni della mafia nell’economia e negli affari: nulla di nuovo per Caterina Chinnici, europarlamentare e magistrato, figlia di Rocco Chinnici, ucciso dalla mafia dopo aver creato quello che poi sarebbe stato ufficialmente il pool antimafia e aver capito che la mafia si trovava anche altrove: “Va dato atto del cambiamento della mafia, ma mi permetto di dire che era stato già tutto intravisto da mio padre trenta anni fa, la capacità della mafia di trasformarsi restando sempre se stessa, la mafia non è più quella delle azioni militarizzate ed eclatanti, – ci racconta ancora Caterina Chinnici – ora riesce ad infiltrarsi nelle amministrazioni, movimentando denaro e realizzando i propri obiettivi”.

I cinque anni della legislatura sono stati anche quelli dell’inchiesta di Mafia capitale, la cosiddetta “Terra di mezzo”, forme originali di nuove mafie – si legge nella relazione – che pur non manifestando le stesse caratteristiche di Cosa Nostra, ‘ndrangheta, camorra e mafia pugliese, esprimono lo stesso la capacità di assoggettamento e intimidazione dell’economia, della pubblica amministrazione e degli spazi sociali e rientrano quindi a pieno titolo nelle organizzazioni mafiose.

Alla presentazione della relazione era presente anche Don Luigi Ciotti fondatore di Libera, secondo cui la mafia teme più la scuola che la giustizia: “la cultura, la conoscenza, parlarsi sono valori enormi, si fanno percorsi importanti, c’è bisogno di concretezza, di vedere i volti delle persone e le loro storie, ci racconta Don Ciotti, che ha incontrato migliaia di ragazzi alla Giornata dell’impegno a Foggia, un incontro importante. La città pugliese è al centro del territorio interessato dalla mafia del Gargano, “una vera e propria guerra – racconta ancora Don Ciotti, finora sottovalutata, un’anomalia rispetto ad altri contesti mafiosi, negli ultimi anni ci sono stati circa trecento morti in questa zona, e dell’ottanta per cento di questi omicidi ancora non si conosce la verità”. Don Ciotti poi è molto preoccupato dalla violenza e dal clima di odio che contraddistingue le ultime settimane di campagna elettorale: “Bisogna dire no a ogni violenza, da qualunque parte arrivi, c’è bisogno di dialogo, perché – aggiunge il fondatore di Libera – c’è una violenza delle parole che alimenta tutto questo, sento giudizi, etichette, gente arrabbiata e non sento parlare i politici di temi veri, solo annunciare liste della spesa di promesse”.

  • Autore articolo
    Anna Bredice
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    Edizioni le Assassine pubblica e continuerà a pubblicare letteratura gialla nei suoi molteplici sottogeneri, proponendo e riscoprendo autrici del presente e del passato. L'obiettivo è quello di mettere in luce la capacità dello sguardo femminile di descrivere, decifrare e interpretare vari contesti sociali, senza mai sacrificare la suspense che è tipica di questo genere. Con gli stessi obiettivi, nasce ora la nuova collana Sisters, che apre a voci inedite in grado di creare storie appassionanti e memorabili, portando il lettore su sentieri narrativi inaspettati. Il primo titolo di Sisters è "Le dita mozzate" di Hannelore Cayre, un noir atipico in cui il nostro passato remoto diventa lo sfondo perfetto per indagare la nascita della sottomissione femminile e le sue origini, ambientato nella preistoria ispirandosi alla scoperta, avvenuta in Francia esattamente quarant'anni fa, della famosa Grotta Chauvet, con le sue pareti ricoperte di misteriose impronte di mani femminili mutilate. Ne ha parlato a Cult la traduttrice Simonetta Badioli.

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    Luigi Pagano, già direttore di Bollate e San Vittore, ex provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, è il nuovo garante dei detenuti di Milano e ci racconta cosa non funziona nel sistema carcerario ben oltre il sovraffollamento e il numero di suicidi e atti di autolesionismo fuori controllo: “La politica in atto mi sembra quella di utilizzare il carcere nell’ottica dell'ordine pubblico”. Decreti sicurezza e criminalizzazione di determinate fasce di popolazione riempiono le carceri delle questioni sociali: “Andando a guardare chi sono oggi i detenuti nella maggior parte sono irregolari, tossicodipendenti, malati di mente e poveri tout court che hanno commesso reati ma non hanno alcuna possibilità di ottenere misure alternative”. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia a Presto Presto.

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    A distanza di qualche giorno, il discorso di Mattarella del 10 settembre scorso a Lubiana, in Slovenia, prende sempre più la forma di un sincero grido di allarme sui pericoli che sta correndo l'Europa e il mondo. La Russia di Putin e i droni minacciosi di Mosca sconfinati in Polonia, da un lato, e i bombardamenti dell'aviazione israeliana su Doha, dall'altro, rappresentano un pericolo crescente, un «crinale - ha detto Mattarella da Lubiana - in cui anche senza volerlo si può scivolare in un baratro di violenza incontrollata». E a governare questa situazione sembrano essere tornati i "sonnanbuli" di un secolo fa, quei goveranti che - secondo l'ormai classica tesi dello storico di Cambridge Christopher Clark - nel 1914 portarono l'Europa e il mondo alla prima guerra mondiale. Ma le preoccupazioni di Mattarella non finiscono qui. Nel messaggio inviato agli ospiti del Forum Ambrosetti di Cernobbio dieci giorni fa, il capo dello stato ha denunciato «il ruolo straripante delle corporazioni globali (Big Tech, ndr), quasi delle nuove Compagnie delle Indie». Secondo Mattarella, tali società globali «si arrogano un'assunzione di poteri che - insieme all'impulso di dominio neo-imperialista di alcuni paesi - rischia di essere letale per il futuro dell'umanità». Parola del presidente Sergio Mattarella. Pubblica oggi ha ospitato lo storico Giovanni Gozzini, dell'università di Siena, autore insieme a Marcello Flores di "Perchè la guerra" (Laterza, 2024).

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