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“Manchester resta unita”

La città di Manchester colpita lunedì notte da un attentato, definito il secondo peggiore nel Regno Unito dopo le bombe nel metro di Londra del 2005, era eccezionalmente calma il giorno seguente.

L’Arena dove Salman Abedi, 22 anni, si è fatto saltare in aria con una bomba autoprodotta, uccidendo 22 persone e ferendone 59, si trova ancora all’interno del cordone della polizia, cosi come anche Victoria Station. Ci vorranno giorni perché la polizia raccolga tutte le prove e tolga i sigilli.

Le strade adiacenti sono quasi vuote. Chiusi tutti i negozi di Market Street, il cuore commerciale di Manchester. Poche le persone nelle strade e nei pub in quella che normalmente è  una zona molto affollata, anche di martedì sera. Non c’e traffico, ma c’e molta la polizia agli angoli delle strade.

Deserto  il centro commerciale di Arndale, che ha conosciuto il terrore nel 1996 quando venne colpito da una bomba dell’IRA, e dove verso le 14 di martedì la polizia ha evacuato i presenti ed ha arrestato un uomo in connessione all’attentato.

Altre allerta i sono susseguite a Heathrow, dove e stato evacuato un aereo in arrivo da Dubai per un allarme bomba, a Gatwick, dove un Easyjet in partenza per la Croazia e stato ispezionato in seguito al ritrovamento di una sostanza sospetta.

In serata, il Primo Ministro Theresa May ha alzato il livello di sicurezza al massimo livello, dichiarando di non poter escludere che Abedi non abbia agito in solitudine, e che quindi è possibile che i suoi complici siano in libertà e stiano pianificando altri attacchi. Il segnale visibile di questo cambiamento sarà che da mercoledi nelle strade l’esercito prenderà il posto degli agenti di polizia armati.

Martedì pomeriggio è stata indetta una veglia dal sindaco di Manchester, Andy Burnham, a cui hanno partecipato migliaia di persone, di tutte le fedi e culture. Come a Londra due mesi fa a Trafalgar square, l’atmosfera é densa di rivalsa – volersi mostrare uniti nella diversità. Il messaggio che prevale è Manchester resta unita, un gioco di parole che richiama la celebre squadra di calcio della città, il Manchester United, o ManU per i suoi fan.

Prima che cominci un minuto di silenzio, arriva cantando la comunità Sikh, che dalla piazza lancia un messaggio di pace: “We love Manchester, we love the UK!”.

Tejbir Singh del tempio Sikh Sri Guru Markrishan Sahib Gurudwara mi parla della sua esperienza della notte dell’attentato:

“Cio che e successo la scorsa notte è davvero tremendo. Quando abbiamo sentito cos’era successo, poiché il nostro tempio non è molto distante dall’arena, abbiamo aperto le porte e accolto circa 15 persone che cercavano un posto sicuro.”

“Abbiamo dato loro cibo, soldi, qualsiasi cosa di cui avessero bisogno. Alcuni cercavano i propri figli, che si trovavano all’hotel Premier Inn dall’altra parte della strada.”

“Ero triste. Senti queste cose nei media, ma quando capita casa tua, ti senti davvero colpito. Cercavamo di capire cosa fosse successo, eravamo molto tristi e spaventati, ma cercavamo di aiutare le persone come potevamo.”

Lo spirito di Manchester, celebrato oggi da tutti i media britannici e dalla città stessa, è orgogliosamente unito.

I tassisti ieri notte hanno appeso un segno sulle proprie auto, offrendo passaggi gratuiti a chi doveva tornare a casa o allontanarsi dal luogo dell’attentato.

Martedì in città alcuni negozi permettevano di caricare gratuitamente il cellulare per chi dovesse contattare la propria famiglia o i propri cari.

George Broadley, che partecipa alla veglia con i suoi due fratelli minori, stava lavorando nel centro città quando si è reso conto dell’accaduto, ed assieme ad altre cinque persone si è organizzato per distribuire caffé e cibo ai poliziotti per quattro ore. I negozianti, una volta compreso quello che stavano facendo, si rifiutavano di essere pagati.

“Io lavoro con sei Sikh e musulmani, il livello di integrazione a Manchester è probabilmente più alto che a Londra, o ovunque nel Regno Unito. Lavoriamo assieme, viviamo assieme. Generalmente non ci sono problemi fra musulmani, sikh, cristiani, o ebrei.”

Poco dopo la veglia incontro Fatah Kanno, leader della comunità irachena a Manchester e consigliere per la polizia in materia di integrazione. Gli chiedo se teme che l’attentato possa provocare reazioni islamofobiche

“Potrebbe succedere, ed è gia successo” dice Fatal facendo riferimento alla porta di una moschea di Oldham, fuori Manchester che è stata trovata carbonizzata la mattina dopo l’attentato.  Cittadino iracheno e oppositore politico di Saddam Hussein, arrivò a Manchester da Baghdad nel 1982, e da allora ha vissuto qui.

Mi sento molto orgoglioso di vedere questa varietà di persone venire qui stasera [alla veglia] in supporto alle vittime, alle loro famiglie, e alla polizia. Siamo qui per esprimere la nostra unità, contro ogni atto terroristico. Non vogliamo che succeda nulla alla nostra comunità, alla nostra città.”

Le donne sono spaventate, specialmente quelle che indossano un velo sul capo. Abbiamo sentito dalla polizia che alcune donne hanno ricevuto degli sputi e insulti da alcuni idioti, non saprei come altro definirli. Ma generalmente abbiamo consigliato i membri della nostra comunità, specialmente le donne, di rimanere in casa in queste ore.”

Vorrei che tutto il mondo si unisse. Bisogna essere uniti. Abbiamo diverse ideologie, diverse religioni, diverse culture, ma alla fine dobbiamo lavorare assieme. Sicuramente il mondo ha abbastanza spazio per noi tutti. Forse sono un sognatore, non dico che si possa eradicare il terrorismo completamente, però lavorando insieme si può creare un futuro migliore per i nostri figli e le nostre nazioni”

  • Autore articolo
    Paola Tamma
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    Dopo uno slalom tra le novità musicali della settimana, approfondiamo il disco della settimana Essex Honey di Blood Orange, con Niccolò Vecchia che ce lo racconta in studio. Proseguiamo con l'intervista di Dario Grande a Jehnny Beth, ex cantante dei Savages, in occasione del nuovo disco appena uscito, You Heratbreaker You. Nella seconda parte l'intervento di Marta Fantin di TicketOne, intervistata da Elisa Graci in merito alle discusse modalità di vendita dei biglietti dei Radiohead. Concludiamo con l'intervento telefonico di Nur Al Habash, una delle organizzatrici di Nessun Dorma, che ci racconta il concerto di raccolta fondi per la Palestina tenutosi ieri a Roma.

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    “L'abbiamo vista arrivare”. La tecnica dell’odio secondo chi la studia da anni

    L'uccisione negli Usa di Charlie Kirk rischia di innescare un incendio che travalica i confini americani. Da subito la destra “globale” ha lanciato in quasi in tutto l’occidente una campagna contro la sinistra – a tutte le latitudini e senza distinzioni - accusandola di essere complice se non responsabile di quella morte. È un passo in più, nel paradosso in cui siamo immersi: chi ha alimentato campagne di odio ora accusa gli altri di fomentarlo. Una confusione da cui sarebbe necessario uscire rimettendo in fila i fatti, le cause, gli effetti e il loro intreccio. L'intervista di Massimo Bacchetta a Federico Faloppa, docente di “linguaggio e discriminazione” all’Università di Reading (UK), prova a farlo. Federico Faloppa è anche referente scientifico per la “Rete per il contrasto ai discorsi e fenomeni d’odio”.

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