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Nel Nord della Francia, comunista e lepenista

Rouvroy è una tranquilla cittadina del Nord della Francia dalle caratteristiche case basse in mattoncini rossi spuntate all’epoca d’oro delle miniere, di cui oggi rimangono solamente degli immensi coni neri, i terrils, colline artificiali di terra e detriti che costellano quest’angolo di campagna francese. Siamo a pochi chilometri da Henin-Baumont, città simbolo della conquista del Nord-Pas-de-Calais da parte del Front National di Marine Le Pen.

La particolarità di questo borgo operaio di circa novemila abitanti, due chiese e quattro bar, un tasso di disoccupazione particolarmente elevato e il 65 per cento della popolazione con un reddito sotto i 10mila euro, è quella di vivere un’apparente contraddizione elettorale. Se a livello locale scelgono da sempre il Partito comunista, alle votazioni regionali e nazionali preferiscono ormai da qualche anno il Front National.

Qualche numero per dare un’idea della progressione del FN: a Rouvroy, Marine Le Pen ha ottenuto il 31,15 per cento dei voti alle regionali 2010, il 52.69 per cento alle legislative 2012 e il 57,62 per cento alle regionali del 2015. Lo stesso anno, il candidato FN alle provinciali ha preso il 47.56 per cento dei voti.

Valérie Cuvillier è stata eletta sindaco della città lo scorso novembre: “Rouvroy è una città nata con le miniere, intrinsecamente operaia, e il Partito comunista amministra il comune dalla Liberazione, quindi dal ‘45. Ogni tanto si sono presentate delle altre liste, per esempio i socialisti, ma hanno ottenuto pochissimi voti. Alle elezioni di novembre, per la prima volta dall’89 si è presentata una lista concorrente. Una lista del Front National. Per forza di cose, visto che questo partito sta prendendo piede, a poco a poco, in tutto il bacino minerario e che sperava poter conquistare il municipio di Rouvroy. Durante la campagna ci siamo basati su ciò che è stato fatto a livello locale e per migliorare la vita dei cittadini, che ci conoscono e si fidano di noi, bisogna ammetterlo. Il problema è quando si sale di livello. Oggi i nostri elettori sono confusi, non capiscono le decisioni dei politici, in particolare quelle prese dal governo attuale che, va detto, ha fatto più male che bene. La gente è talmente stufa di come vanno le cose in generale che sceglie un voto radicale. C’è una vera voglia di cambiamento e allo stesso tempo le persone sono confuse, non sanno chi scegliere. Basta vedere gli spazi riservati alle affissioni elettorali. Non ci sono nemmeno i manifesti! Stamattina ce n’era uno ed era dell’FN ma a parte quello… Penso che ci sia di che preoccuparsi”.

La dimensione locale, la vicinanza dei candidati, sono dei fattori che influiscono ancora molto sulle scelte dei cittadini. Almeno da queste parti, dove chi ammette di votare FN non cita quasi mai il partito ma ripete spesso e volentieri il nome di Marine. “Ricordiamoci che è stata candidata alle elezioni regionali in questa zona”, conferma la sindaca. “Quindi è passata da qui, ha dei legami con Henin-Beaumont, che del resto è un po’ il loro laboratorio. Le persone l’hanno già vista, la conoscono e per loro è un po’ una star, il personaggio pubblico”.

Rouvroy, il terril sullo sfondo
Rouvroy, il terril sullo sfondo

Yvonne ha 91 anni e, anche se assicura che tra vicine si parla ma non si esprimono ad alta voce le proprie convinzioni politiche, da un po’ di tempo a questa parte ha maturato una convinzione: “Dopo tutto, perché non votare anche una volta sola Le Pen? Per vedere cosa farà. E poi vedremo ma almeno sapremo cosa sa fare. Per quanto mi riguarda, sono stata sempre di destra ma oggi non lo so… Fillon quest’anno… Non credo che voterò per lui perché un presidente dev’essere retto e onesto.”

Liliane, 50 anni, professoressa, vota Hamon ma preferisce non dire cosa voteranno i suoi figli, che hanno fatto una scelta “totalmente diversa” dalla sua. Ma sottolinea: “Alle ultime legislative qui ha vinto Marine Le Pen. Penso che sarà così anche stavolta. Molti a Rouvroy votano per lei. Anche se non osano dirlo, non vogliono pubblicizzarlo”.

In effetti, a microfoni spenti, qualcuno è disposto ad ammettere di votare FN e anche a elaborare un po’ il discorso. I giovani, soprattutto, citano tra le ragioni per cui hanno scelto Marine la questione dell’immigrazione, pensando soprattutto ai migranti di Calais o di Grand Synthe. Il campo è bruciato pochi giorni fa ma “gli immigrati li hanno già messi in albergo”. C’è poi l’economia, anche se su questo punto i discorsi si fanno confusi. Secondo un diciottenne, per esempio, Marine salverà l’agricoltura francese che per lui è bio ed essenzialmente familiare ed è in pericolo a causa del modello intensivo tedesco e della globalizzazione. Ma anche l’uscita dall’euro, per alcuni una salvezza, e dall’Europa. In un bar, un giovane muratore afferma che “i francesi hanno votato contro i trattati di Maastricht dall’inizio” senza sapere che al referendum sul testo nel ‘92 hanno vinto i sì con il 51% dei voti.

Quando però il registratore si accende, gli intervistati preferiscono dire che non sono ancora sicuri della loro scelta. Oppure sì, ma che il voto è segreto. Daniel, operaio in pensione, è tra questi: “Fanno tutti schifo. Non ce n’è uno che valga qualcosa. Ho 75 anni e voto da quando ne ho 18. Ci sono stati Pompidou, de Gaulle e tutto il circo dietro ma nessuno ha fatto qualcosa per l’operaio. Voterò, ma non vi dico per chi. Voto per qualcuno, certo, votare bianco non serve a nulla, è come annullare la scheda. Dovrebbero contarli ma non lo fanno, quindi è inutile. Non posso dirvi sinceramente quello che penso perché se no capireste chi ho scelto”.

Anche Jean preferisce non fare nomi: “Sì, ho deciso per chi votare. Quello che non mi piace è vedere un francese per strada mentre tutti questi che arrivano dagli altri Paesi hanno vitto e alloggio. E non dirò altro”.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei

    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei “A Gaza mancano cibo e rifugi, bisogna aprire il valico di Rafah”: è l’ennesimo appello che l’Onu rivolge a Israele. A quasi un mese dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, nella Striscia entra ancora solo una minima parte degli aiuti previsti; le agenzie umanitarie denunciano che Israele impedisce l’ingresso anche a tende, coperte e rifugi. I palestinesi della Striscia, in gran parte sfollati, non sono in condizione di affrontare la stagione fredda che si avvicina. L’esercito però, in violazione del cessate il fuoco, continua l’opera di demolizione degli edifici: dall’alba sono in corso raid aerei sui quartieri orientali di Gaza City. A livello diplomatico intanto gli Stati Uniti, intanto, portano avanti il loro piano per Gaza presso il consiglio di sicurezza dell’Onu: nelle scorse ore la risoluzione che autorizza la Forza internazionale di stabilizzazione è stata presentata anche ai paesi arabi coinvolti nel processo di mediazione tra Hamas e Israele. Da Deir al Balah, la testimonianza di Nicolò Parrino, responsabile logistica di Emergency a Gaza, intervistato da Chawki Senouci.

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