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    Pubblica | 05 dicembre 2023

    Pubblica di martedì 05/12/2023

    A cura di:

    Raffaele Liguori

    Gli alberi possono contribuire a sconfiggere i potenti conflitti di interesse che incombono sulla lotta contro il surriscaldamento del clima? Stefano Mancuso, botanico, docente all’università di Firenze e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale, è convinto che sia possibile. Lo ha scritto nel suo ultimo libro “Fitopolis, la città vivente” (Laterza, 2023). A Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, si sta svolgendo Cop28 (la conferenza annuale dell’Onu sui cambiamenti climatici). Presidente della conferenza Sultan Ahmed Al-Jaber, potente petroliere emiratino e difensore dell’uso dei combustibili fossili. «Le sue uscite – racconta il professor Mancuso a Pubblica – hanno provocato un danno straordinario. Da una parte hanno reso evidente che queste conferenze sono ormai poco più di un vetrina dove tentare di fare del greenwashing; dall’altra il danno è rappresentato dalle parole del presidente di Cop 28, il sentir dire che la scienza non ha mai detto nulla contro i combustibili fossili è un ribaltamento della realtà». Stefano Mancuso sostiene la sua causa per fermare il surriscaldamento del clima, e cioè la “messa a dimora” del numero maggiore possibile di piante, nell’ordine dei milioni e non delle migliaia di cui si parla, quando va bene. Dove mettere a dimora queste piante? Sono le città i luoghi dove si produce il maggior quantitativo di CO2 e nelle città vanno messe le piante. «Propongo – dice il professor Mancuso – che una quantità significativa delle strade venga de-impermeabilizzata, sottratta al traffico veicolare, tolto l’asfalto e al loro posto vengano messi alberi, piante. Qui le strade devono tornare a diventare dei luoghi dove si possa camminare, andare in bicicletta, tranne che circolare con i veicoli a motore».

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