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    Pubblica di lunedì 09/01/2023

    A cura di:

    Raffaele Liguori

    Quali sono le cause della guerra in Ucraina? Vanno cercate nei “moti profondi del capitale”. L’economista Emiliano Brancaccio risponde così alla domanda sulle possibili origini del conflitto ucraino, riprendendo – in estrema sintesi – la tesi del suo ultimo libro “La guerra capitalista” (Mimesis, 2022), scritto insieme agli economisti Raffaele Giammetti e Stefano Lucarelli. Cosa sono “i moti profondi del capitale” e in che modo possono essere una spiegazione possibile della guerra in Ucraina? “Siamo eredi – racconta a Pubblica Brancaccio – di un grande squilibrio che abbiamo ereditato dall’epoca fastosa della globalizzazione. In quell’epoca di grandi scambi commerciali e finanziari a livello mondiale ci siamo trovati nella seguente situazione: da un lato gli Stati Uniti e vari altri paesi occidentali si sono ritrovati iQZn una situazione di debitori netti (con un eccesso di importazioni sulle esportazioni). L’occidente capitalistico con a capo gli Usa è indebitato verso l’estero. Viceversa altri paesi come la Cina, in parte anche la Russia e alcuni paesi arabi, sono risultati vincitori dell’epoca della globalizzazione (con un eccesso di esportazioni sulle importazioni) e hanno accumulato credito verso l’estero. Oggi ci troviamo di fronte all’eredità di questo grande squilibrio”. E’ una eredità, spiega l’economista Brancaccio, che ha portato l’occidente a difendersi prendendo misure protezionistiche. “E le barriere protezionistiche, come è purtroppo accaduto nella storia del capitalismo – sostiene Brancaccio – possono scatenare una reazione militare da parte della controparte. Noi riteniamo – conclude l’economista dell’università del Sannio - che ci siano motivi per interpretare la guerra in Ucraina come una risposta militare, oggi russa ma un domani dell’oriente nel suo complesso (con la Cina sempre sotto traccia), alle misure protezionistiche attuate dall’occidente per difendersi dal grande squilibrio dei rapporti tra credito e debito”.

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    Natuzzi, azienda specializzata in arredamenti e proprietaria del marchio Divani&Divani, ha annunciato 497 licenziamenti e l’intenzione di chiudere due stabilimenti nel barese a poche ore dal Natale. È l’ultimo sviluppo di una crisi che però va avanti ormai da più di 15 anni. Parte della produzione è stata spostata all’estero, decine di milioni di finanziamenti pubblici ricevuti non sono bastati a salvaguardare i posti di lavoro. Il mese scorso 1800 impiegati dei cinque stabilimenti italiani di Natuzzi erano stati messi in cassa integrazione. Ascolta l'intervista a Ignazio Savino, segretario generale della Fillea Cgil Puglia.

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