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    Pubblica |

    Pubblica di giovedì 25/05/2023

    A cura di:

    Raffaele Liguori

    Ultima puntata oggi del ciclo di quattro trasmissioni che Pubblica ha dedicato al 1993, la stagione delle stragi di Firenze Milano e Roma, dieci i morti. “Cosa nostra ebbe in subappalto una vera e propria strategia della tensione”, disse il procuratore antimafia Pietro Grasso (Repubblica 27.5.2010) , intendendo che le bombe non furono solo mafiose, ma avevano la firma anche di apparati deviati dello stato. Quella stagione portò alla fine della prima repubblica, mentre preparava il perimetro della seconda. Vecchie forze politiche si stavano ormai dissolvendo e nuove “entità” (Grasso, ibid.) si preparavano a sostituirle. Un passaggio pericoloso, carico di violenza. L’ex presidente Ciampi racconterà di aver temuto un colpo di stato la notte delle bombe di Milano e Roma, il 27 luglio. In quei giorni di fine luglio del '93, altri fatti riportano ad un clima da fine di un'epoca: il 23 luglio, il suicidio di uno degli uomini più potenti d'Italia, il capo della Ferruzzi. Raul Gardini crolla sotto il peso delle rivelazioni di Tangentopoli, la maxi-tangente Enimont. Non solo. Ci sono anche le pericolose relazioni tra il tycoon ed esponenti di Cosa nostra. E poi il 26 luglio 1993 a Roma, al palazzo dei congressi dell'Eur, la Democrazia cristiana chiude i battenti. L'assemblea nazionale della Dc vota il proprio scioglimento. Un esito scontato, di fronte agli scandali di corruzione rivelati da Tangentopoli. Scompare il partito (ma non tutta la sua classe dirigente) che aveva governato l'Italia per oltre 40 anni e che era stato referente politico degli uomini di cosa nostra. A Pubblica oggi ne abbiamo parlato con Rosi Bindi, allora segretaria della Dc in Veneto, che partecipò all’assemblea di scioglimento del partito; e con Piero Ignazi, docente di politica comparata all'università di Bologna.

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