La scuola non serve a nulla

Palle, visi, voci, audiolibri: un po’ di creatività in dad

( ...sperando di levarsela presto di torno… )

“Si fa presto a dire Teatro e comicità nella Didattica, ma in DAD come fai?”.

Premesso che, secondo me, chi ha fatto qualche sforzo per innovare la didattica già prima del lockdown, magari in DAD è partito avvantaggiato, ecco qualche suggerimento pratico per recuperare terreno e evitare di ridursi a usare i vari Zoom con la stesso entusiasmo di un rosario recitato al cimitero davanti alle faccine in formato francobollo/lapide: tono monocorde, faccia da speaker del TG nordcoreano, coinvolgimento dei ragazzi pari a zero… Ecco, diciamo che si può fare di meglio. Con poco.

Ad esempio, quando leggiamo un testo, nella mia Prima Media proviamo a interpretare, oltre alle voci, anche le “facce” dei personaggi del brano. Quindi qualcuno legge il brano, ma con telecamera spenta; qualcun altro, invece, “interpreta” le espressioni, al contrario, con microfono spento. Magari cercando di stare in sincrono con le voci, un po’ come farebbero su Tik-Tok, in una sorta di discorso diretto tra personaggio-voce e personaggio-faccia. Funziona, coinvolge e si divertono un sacco.

A volte, per scaldarli un po’, uso una versione virtuale di un gioco d’attenzione davvero elementare del mio maestro Jurij Alschitz: la palla viaggiante, una specie di “Ce l’hai” con una palla da tennis. Nel nostro training teatrale dovevamo lanciarcela senza farla cadere, facendo contemporaneamente altro: recitare tutti i monologhi di Amleto, danzare la quadriglia, montare una scenografia, accendere un mutuo. Nel nostro caso basta che ogni studente abbia una palla in casa: il prof. condivide lo schermo (così la disposizione è uguale per tutti) e due regole: (a) una palla sola, e (b) chi lancia può farlo solo verso il “vicino di quadrato” (destra, sinistra, sopra, sotto), che finge di riceverla e rilanciarla. Vietato il lancio in diagonale, vietato lanciare al prof., vietato star più cinque secondi con la palla in mano (e due tre minuti di gioco, in totale, altrimenti le mamme si incazzano, che gli sfasciamo la casa, con ste palle). Valore didattico? Zero. Attenzione? Mille.

Ma la vera figata quest’anno è stata un’altra. Un giorno che li sentivo un po’ stufi di star chiusi in casa, mi è venuto da dire: “”E che doveva dire Anna Frank?”. Battuta forse un po’ infelice, ma da qui l’idea: perché non “recitare” tutto il Diario, registrarlo, “rumorizzarlo” e montare il tutto da casa, in Dad? A parte che in materia di programmi di produzione questi ci danno la biada, ma il risultato finale è stato un altro: sperimentando in prima persona – sì, recitare fa proprio questo effetto – la gioia di vivere di una loro coetanea, condannata ad una reclusione ben più angusta e terribile della loro, avrebbero potuto forse trovare qualche spunto di riflessione per rendere più sopportabile il periodo; e pensare che forse in qualche modo siamo, ancora, fortunati.

Ma vi confesso un piccolo segreto: con Anna Frank ci avevo già provato, una specie di riscrittura comica del suo Diario con cui un’altra mia classe anni fa vinse un concorso letterario. Le buone idee, quando vengono, vanno sempre coltivate. Ma ne riparleremo in un’altra “puntata”. ..

Intanto voi provate a far questo: voce e faccia nella letture, lancio di palla, registrazione di un libro in call da casa. Poi mi direte…

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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