Tra Buddha e Jimi Hendrix

Natura, rivoluzione interiore e Rolling Stones

Da quasi un anno mi sono trasferito in una casa indipendente di fronte a un bosco, lontana dal delirio e dal rumore della città. Verde, alberi, fiori, frutti e profumi che pensavo non esistessero più. Da tempo sentivo dire: “Non esistono più le stagioni”. E quasi ci credevo. Balle. Magari non esistono più in città, nel grigiore di palazzi, uffici e supermercati che hanno tutto e tutto l’anno. Ma in campagna le stagioni ci sono eccome, e te ne accorgi inequivocabilmente. Il ciliegio davanti a casa lo abbiamo visto spoglio in inverno, colorarsi di fiori bianchi come manna a marzo, ed ora è pieno di piccole e gustose ciliegie rosse. E così è stato per il nespolo, le amarene e così via.
Nel verde la vita e il suo ciclo assumono tutta un’altra connotazione. Con mia moglie desideravamo che i nostri bimbi crescessero sporcandosi le mani nella terra e non solo sulla tastiera di un ipad o di un cellulare. Qua su ti svegli e vai a dormire col rumore dei grilli, la sera passano a salutarci i daini e di notte il grugnito incessante annuncia l’arrivo di un gruppo di cinghiali che, affettuosamente, ho ribattezzato “i ragazzi”.
Con i vicini – in tutto due famiglie, anche loro con bambini – abbiamo messo su una piccola comune. Ci si aiuta, si chiacchiera, si sta intorno al fuoco a bere vino onesto raccontando storie e guardandosi negli occhi. Non siamo i soli ospiti, comunque. Due vasche d’acqua al lato sentiero ospitano una tartaruga che sembra un dinosauro, ranocchie più verdi di una pianta di marijuana, pesci rossi, fiori di loto e due carpe giapponesi che abbiamo chiamato Sid e Dharta. Se ne occupa Chri, per tutti “il sindaco” perché è sempre pronto a occuparsi di far star bene tutti quanti. A coadiuvarlo nel far funzionare le cose e nell’insegnarmi un po’ di lavoro manuale ci sono Sumo detto “l’ambasciatore” e Sergio “il druido”. Il primo è un restauratore dalle mani d’oro, con gli occhi buoni e la fissa per i Rolling Stones. Il druido invece è il druido e basta, perché grazie ai suoi intrugli nel suo orto cresce di tutto, dal limone caviale all’ultimo sperduto frutto che vi viene in mente. Pensato? Ecco, nel suo orto cresce.
C’è un sacco da fare quassù, tra il giardino, l’orticello e tutto quanto, la sera io e mia moglie alle 10 siamo già a letto stanchi morti. Praticamente vado in branda all’ora in cui una volta uscivo, e mi sveglio quando una volta andavo a dormire.
Questa cosa mi piace, è come esplorare un’altra parte di tempo e spazio che prima non conoscevo.
Le tante cose da fare, la bellezza della natura e dello stare fuori, poi, hanno anche un altro merito: ci allontanano dalla TV, dai social, dal mondo non più mondo di internet.
Già televisione se ne vedeva poca, ora proprio zero. Niente TG, solo qualche film o documentato.
Ebbene, abbiamo scoperto che nella tranquillità, lontano da cemento, opinionisti e strilli, la mente diventa un po’ più lucida, silenziosa e a fuoco.
E in questo momento di scontri, consapevolezza del mondo col fiato corto, liti su tutto quanto, questo silenzio non è solo piacevole. È necessario.
E col fuoco che scoppietta, nella mia capanna nel bosco – parafrasando Terzani l’ho definita affettuosamente “gompa” e dipinta di giallo e rosso – l’unico rumore che sento è quello del vento, che mi bacia i capelli mormorando una poesia.

“E sali verso la montagna
Un passo dopo l’altro
Il piede sulla terra
a schiacciare la paura
Albero dopo albero
Roccia dopo roccia
Il sole a sciogliere quel nodo
Che puzza di terrore”

E allora mi è chiaro che il Buddha ha sempre avuto ragione. L’unica rivoluzione possibile è quella interiore. Ma per sentirsi, ascoltarsi, annusarsi e guardarsi veramente dentro serve silenzio. Bisogna spegnere non accendere. Sbucciare e semplificare. Ripartire dalla natura, dai suoi consigli e dalle sue regole.
E il resto poi arriva…
Gary Snyder – sì quello immortalato da Jack Kerouac ne “I Vagabondi del Dharma” – grande poeta e attivista per l’ambiente americano scrive: “Come poeta coltivo i valori più arcaici che ci siano. Risalgono al tardo Paleolitico: la fertilità della terra, la magia degli animali, la visione di potere nella solitudine, l’iniziazione terrificante e la rinascita, l’amore e l’estasi della danza, il lavoro comune della tribù”.
Rassicura l’idea di ripartire da lí: Natura, rivoluzione interiore e Rolling Stones!

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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