La scuola non serve a nulla

Memorie d’un docente candidato alle elezioni dell’RSU

(ma che però non è stato eletto)

Cari colleghi,

ritengo doveroso comunicare quanto segue: alle elezioni per il rinnovo dell’RSU del mio Istituto Scolastico, quelle per eleggere i rappresentanti sindacali a scuola, e alle quali mi ero cum magna fide candidato, ho preso solo 3 voti.

Evidentemente, la mia proposta politica non ha raccolto gli auspicati consensi.

No, non rilascerò patetiche dichiarazioni del tipo “ho non-vinto”, dato che non ci sono giaguari da smacchiare o gioiose macchine da guerra da luddare. No, qui, la sconfitta, è tutta politica. Per cui, dopo le rituali telefonate ai miei avversari per le congratulazioni e i sentiti ringraziamenti a tutto lo staff del mio comitato elettorale, credo sia d’uopo compiere, nei prossimi giorni, un’analisi approfondita. Un’analisi che sia, savasandir, immancabilmente “lucida”; cui far seguire una riflessione, sempre savasandir, obbligatoriamente “stringente”, sui reali motivi della débacle.

Ma alcuni dati emergono di già, e si impongono evidenti all’attenzione con nitore chiarissimo.

Vediamoli.

Innanzitutto, l’elettorato docente non si è rivelato sufficientemente maturo per accogliere la mia sacrosanta proposta d’un intervallo mattutino di 4 ore con ingresso posticipato alle 10; poi, forse non ha creduto alla promessa di un milione di banchi a rotelle (“già sentita”, dicono); e, desumo, solo detrimento m’ha portato l’onda lunga delle critiche al mio progetto didattico proposto in DAD (ma “Leggere, scrivere e far di Covid” resta, per me, ancora un gran bel titolo).

In più, probabilmente troppo ardito è stato prospettare un curricolo di discipline limitate ad Arte, Musica e Teatro, per damsizzare anzitempo gli alunni già alle Medie – che tanto quella lurida fine fanno tutti -, con contestuale eliminazione non già di qualunque disciplina scientifico-matematica, ma proprio, e pure, “fisica”, di tali docenti: lo “STEMinio”, l’avevo definito.

Certo, inspiegabilmente osteggiata è stata anche la mia idea di dotare la sala docenti di biliardo, ping-pong e tappeti elastici, frettolosamente ridicolizzata al grido di “…Chi se ne frega che nei coworking di start-up in Silicon Valley fanno cosi! Qui è già tanto che funziona il computer per firmare sul Registro Elettronico!”

E parimenti, non avrei dovuto dar retta ai ben noti “guru della comunicazione” – e qui andranno fatti i nomi, chiaramente e senza infingimenti: Giovanni, il bidello-alfa della scuola, pure sindacalista. Confesso d’aver sempre nutrito perplessità sullo slogan elettorale propostomi, quello che avete visto invadere ogni spazio disponibile in campagna elettorale:

“MA NO, NON MI DOVETE VOTARE A ME, VOTATE A QUELL’ALTRO, CHE IO MI SONO MESSO SOLO COSÌ A CAZZO, SOLO PER FARE NUMERO NELLA LISTA”.

Ho le mie ragioni per dubitare della sua efficacia.

E l’aver aperto, anche solo in via ipotetica, a necessarie riforme come l’adozione del voto espresso non più in numeri decimali ma in emoticons, l’istituzione dell’ora curricolare di nascondino creativo, la Flipped Classroom anche in Educazione Fisica, con gli alunni che fanno gli esercizi distruggendo tutto nel salotto di casa e poi si dimenticano le scarpe Adidas a scuola? Certo, tutto ciò è stato un boomerang che mi ha nuociuto: però, davvero ci sono colleghi che hanno ancora così paura di queste riforme, imprescindibili per un ammodernamento del sistema scolastico e richieste oramai anche dall’Europa?

Ma forse, più di tutto e semplicemente, gli elettori non hanno compreso questa questione incontrovertibile: che io ero e resto di gran lunga il candidato ideale, il più giusto e meglio preparato per tale incarico. Anche il più bello, figo e carismatico.

In un parola, il MIGLIORE. Ma, purtroppo, ha prevalso la logica del “Voto Umile”.

Spero non dovremo pentircene, tutti, in futuro.

 

 

Che ne pensate? Per qualunque cosa vogliate dirmi riguardo ai miei articoli su questo Blog, dagli apprezzamenti, ai consigli, alle critiche fino agli insulti (questi ultimi però purchè formulati rigorosamente in lingue antiche), scrivete a: antonellotaurino1@gmail.com .

 

 

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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    Un modo per capire come cambia una città è guardare chi la abita. A Milano il ricambio di abitanti è altissimo: solo il 40% degli attuali residenti abitava in città anche 15 anni fa. In questo lasso di tempo Milano ha registrato una lenta crescita di abitanti (al 31/12/2024 aveva raggiunto quota 1.407.000), l'attrattività resta alta, ma come una spugna poi butta fuori una fetta della popolazione. Per spiegare cosa è successo bisogna guardare chi viene a vivere in città e chi se ne sta andando. Secondo i report delle università milanesi e delle agenzie immobiliari è la classe medio-bassa ad andarsene. Nei primi sei mesi del 2025 il 57% dei milanesi che ha comprato casa, l’ha comprata fuori città dice Tecnocasa. Ne abbiamo parlato con l'urbanista Alessandro Coppola coordinatore della ricerca Metro Mosaic di Politecnico, Bicocca, CNR e Sapienza, con Fabiana Megliola responsabile ufficio studi del gruppo Tecnocasa e con alcuni milanesi intervistati per strada.

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