Tra Buddha e Jimi Hendrix

La love song più bella del mondo, quella capace di spiegare l’amore…

Qualche tempo fa un caro amico mi ha chiesto quale fosse, a mio parere, la canzone d’amore italiana più bella di sempre.
“Impossibile stabilirlo, è una cosa troppo soggettiva e influenzata da centinaia di insondabili fattori…” ho risposto ridendo, e pensavo di essermela cavata con una risposta abbastanza figa, da chi la sa lunga. Ma mi sbagliavo.
“No, Fede, non intendo bella in senso lato, intendo quella più profonda, di spessore, capace veramente di spiegare cosa voglia dire davvero amare”.
Wow… una parola! Anche se, questo va ammesso, la sua articolata descrizione restringeva parecchio il campo ed eliminava tutti quei pezzi del tipo “mi ha lasciato, tradito, fatto soffrire, mi manchi, torna, non tornare, vaff, eccetera eccetera”.
“Intendo proprio” proseguì il mio amico “la canzone più di ogni altra capace di custodire le parole che vorresti sentirti dire da chi speri ti ami tanto, da chi sai che sarà sempre pronto ad afferrarti se cadi, la persona per la quale TU sei davvero speciale, unico…”.
A quelle ultime parole, mi illuminai come una torcia, poi mi prese un groppo alla gola mentre aprivo il “tubo” e premevo play sulla canzone d’amore più “bella” di sempre, quella che avrei voluto sentirmi sussurrare nelle orecchie da chi amo.
Già perché ora sapevo…
“Ti proteggerò dalle paure e dalle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo dai fallimenti che per natura attirerai…”.
“La Cura” di Franco Battiato, è una canzone meravigliosa, un vero manifesto di quell’autentico amore disinteressato che si incontra poche volte nella vita. Probabilmente da piccolini con la propria mamma, molto raramente dopo.
La verità, ammettiamolo, è che la maggior parte di noi non sa cosa sia esattamente l’amore. Conosciamo il desiderio, la paura della perdita, l’orgoglio della conquista, la soddisfazione di sentirci necessari. Ma l’amore vero è questo?
Non lo so proprio, qualcuno ha detto che per chiamarsi tale dovrebbe essere disinteressato. Ma perché sia disinteressato non deve esserci attrazione, altrimenti l’interesse arriva eccome. E allora questo “amore disinteressato”, pare possibile con un figlio, un genitore, un amico, ma non certo col proprio partner.
Magari ci vuole una via di mezzo, chissá…
Quello che so è che la descrizione più simile a un amore nobile e delicato, di quelli che vale veramente la pena vivere, me l’ha regalata il testo di “La Cura” della coppia Franco Battiato/Manlio Sgalambro.
“Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore, dalle ossessioni delle tue manie, supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare, e guarirai da tutte le malattie, perché sei un essere speciale e io avrò cura di te”.
Amo questo passaggio, qui il duo Battiato/Sgalambro non millanta di anelli, viaggi intorno al mondo, pazzie stravaganti e cafonate assortite – tutte cose che paiono più effetti speciali da filmetto per teenager che reali dimostrazioni d’amore – ma va dritto nel seme più puro del rapporto, quello che se accudito cresce, diventa albero e regala frutti. Il protagonista di “La Cura”, semplicemente, dà tutto se stesso, tutto il suo tempo e la sua attenzione perché tu, essere speciale, possa risplendere e stare bene.
E allora il rapporto, questo amore dalla A maiuscola, non si ferma, non può fermarsi, è un viaggio che cresce, che scorre e frantuma le difficoltà come una cascata tra le rocce.
“Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza, porteremo insieme le vie che portano all’essenza”. Un essenza che da spirituale diventa anche una completa fusione fisica “i profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi, la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi, tesserò i tuoi capelli come trame di un canto, conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.”
Vedete, l’amore di questa canzone è assoluto. Per il proprio partner, l’autore è padre, madre, compagno, amico e anima nell’anima.
Per questo “La Cura” è il pezzo d’amore più “bello” di sempre.
Dal profondo del cuore auguro di trovare un amore così al mondo intero.
Dal profondo del cuore auguro di trovare un amore così a tutti noi.

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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