La scuola non serve a nulla

In soldoni

Impressioni buttate lì due anni fa per la pandemia e che potrebbero valere anche per la guerra…

Esattamente due anni fa, a inizio pandemia, scrissi di getto le righe in corsivo in basso che, in soldoni, forse un po’ possono valere anche oggi per la guerra. Ci capisco davvero poco, io… a volte mi pare che stiamo vivendo, per un atroce scherzo del destino, solo il frutto d’una nemesi linguistica: a furia di parlare del Covid con lessico militare, la guerra è arrivata veramente. Adesso l’abitudine ci porterà a invertire l’approccio verbale, forse: “Il contagio bellico si sta diffondendo a macchia d”olio”, “È in arrivo la variante nucleare”, “Manteniamo un rigido distanziamento sociale da qualsiasi cosa sia della Russia”.

L’altro giorno mia madre si chiedeva (e spero che non passi per filoputiniana pure lei), che cosa di così inderogabile ci ha portato l’allargamento della Nato ai Paesi ex Patto di Varsavia dopo la caduta dell’URSS a cui proprio non potevamo rinunciare, noi Occidente. Ok, durante la Guerra Fredda la Nato ci ha garantito la pace, ma dopo il 1991? Che ne so, se uno dicesse: guarda, abbiamo avuto una maggiore solidità dell’Euro, un’affermazione più decisa dell’UE…  ha dato nuove risorse al Welfare State, ha allargato i nostri mercati, o chennesò, serviva a fermare i migranti… ma anche meno: ci è arrivato Netflix, il curling, il burlesque, le modelle russe, o i monopattini… Cosa? Boh? Io non le ho saputo rispondere.

E siccome, se non altro, è ripartita alla grande la giostra della Storia (allacciate le cinture!), che tanto poi, alla fine della fiera, tutto è abbastanza motivato sempre dai sacri soldoni, se Storia dev’essere, l’unica speranza è che sia ricostruzione d’una società. Che grande opportunità: potrà essere ricordata in futuro solo con toni di glorioso apprezzamento, l’umanità di questo decennio: o ricostruzione d’una società, o non ci sarà nessuno a poter raccontare che non andò così…

 

“In soldoni, è come fosse l’imposizione coatta d’una sorta di “marxismo epidemiologico”, per cui “io posso essere sano, solo se lo sei anche tu”. E ciò vale a prescindere, boia maledetta, dalla qualsivoglia identità di quel “tu”, che può essere davvero anche la persona più distante da me, la peggior cloaca di cattiveria e ignoranza del pianeta, uno più cretino di un mazzo di carte senza il dieci a coppe; anche, che so, un neonazista, un pedofilo, o un subumano microcefalo che sale su un treno zeppo e incastrato tipo Tetris per tornarsene dalla pummarola di mammà.

Ecco, in soldoni: non tanto perché il male non si augura a nessuno, ma proprio per una questione statistica, non possiamo fregarcene. Siamo costretti a occuparci anche di loro e sperare che neanche ‘sti qua si ammalino: magari passano sullo stesso mezzo pubblico su cui salirò io, o un mio caro… o potrebbero, peggiorando loro, gravare d’un ennesimo posto letto il sistema sanitario nazionale.

Che non è tanto urlare “State a casa!!! Maledetti!!!”… Cioè, anche, per carità… (in questi giorni crolla una delle mie convinzioni per cui l’ignoranza potesse essere in qualche modo meglio collegata all’accidia, allo star fermi… e invece no: qui abbiamo i “deficienti attivi”).

In aggiunta, a me viene in mente che in un suo spettacolo, “Miserabili – Io e Margaret Thatcher”, Marco Paolini (“che tutte le sfighe a teatro se l’è già fregate lui”), raccontava, in soldoni, quello che è successo al nostro pianetucolo negli ultimi trent’anni con la globalizzazione finanziaria, il capitalismo ecc. ecc. ecc. Raccontava della Thatcher, che a inizio anni ’80, affermò che “la società non esiste (più): esistono solo le persone, le famiglie e le aziende”. E raccontava di quel processo di disgregazione sociale che, in soldoni, ha trasformato tante comunità nazionali – legate da vincoli di mutua assistenza anche economica, non inossidabili, ma più tangibilmente riconoscibili di oggi -, in una moltitudine di monadi egoisticamente slacciate: con tempi diversi, ma ovunque nel mondo. L’erosione d’un solido “sentirsi pubblico” in pulviscoli auto(no)mi. SocietàliquidaBauman bla bla bla.

Poi Paolini raccontava del secondo principio della Termodinamica, per cui certi processi in entropia non sono reversibili: cioè, in soldoni, non puoi tornare indietro, tipo la perdita della verginità (e lì mi veniva in mente quella battuta di Renato Trinca, “entro-pia, esco-troia”). Paolini ripeteva l’esempio citato da molti fisici: in soldoni, “se riscaldo un acquario, ottengo una zuppa di pesce; ma se raffreddo la zuppa di pesce, poi non ri-ottengo l’acquario”.

A me pare, in soldoni, che questa cosa qui ora noi la possiamo risolvere solo con la società. La Società. Abbiamo bisogno di nuovo della Società. Tanto più difficile adesso perché dovrebbe marciare coordinata in un’unità d’intenti verso lo stesso scopo, e in più con l’obbligo di restare tra di noi ben nettamente separati, come da protocollo. Fisicamente ben distanti, ma in telepatica simbiosi (capito adesso quanto conta la cultura, la scuola e la sanità pubblica?).

Insomma la speranza d’un cretino come me, che ragiona solo in soldoni, è che io la rivorrei indietro, sta società. Che non sia come quella zuppa di pesce che non può più ritornare acquario. In soldoni”.

 

 

 

Per qualunque cosa vogliate dirmi riguardo ai miei articoli su questo Blog, dagli apprezzamenti, ai consigli, alle critiche fino agli insulti (questi ultimi però, purchè formulati rigorosamente in lingue antiche), scrivete a: antonellotaurino1@gmail.com .

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Paolo Bergamaschi, già Consigliere Politico Commissione Esteri Parlamento Europeo, analizza lo scontro Europa-Russia, tra minacce e timidi segnali di dialogo. Francesco Vignarca, ricercatore e analista della Rete Pace e Disarmo, racconta l'impatto del piano di riarmo sulla politica dell'Unione, trainato dall'industria e soprattutto dalla finanza. Le mobilitazioni dei lavoratori dell'Ilva non si fermeranno finché i patti non saranno rispettati, perché nessuno comprerà gli stabilimenti se non ci saranno prima degli interventi, come ci spiega Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil. Giulia Riva giornalista e nostra collaboratrice racconta la giornata internazionale delle persone con disabilità a partire dai dati sul lavoro dove le donne con disabilità sono ancora più penalizzate degli uomini (mentre in Lombardia le aziende preferiscono pagare 82 milioni di multe che assumere persone dalle categorie protette) e poi da atleta paralimpica lancia una sfida alla città di Milano che il lascito delle Olimpiadi invernali in partenza a febbraio sia almeno concretamente utile.

    Presto Presto – Interviste e analisi - 03-12-2025

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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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