L'Ambrosiano

La Marmolada e i seracchi della politica

Si muore per mano umana. La parola fatalità copre responsabilità individuali e collettive, invischiando le indagini in meandri cari a legali che mirano alla prescrizione. Accertare la verità imbarazza un po’ tutti. Anche quando a provocare vittime sono eventi naturali (terremoti, inondazioni, frane) i lutti van per lo più addebitati a comportamenti umani: omissioni; imperizie; incompetenze; condoni; abusivismo; piani regolatori a misura di interessi; speculazioni; leggi che lascian zone grigie e discrezionalità delle burocrazie. Per la tragedia della Marmolada ”evento imprevedibile” ha preso il posto di “fatalità”; ma il cambiamento climatico, causa del crollo, coinvolge l’elenco dei disastri cui l’uomo contribuisce. Un collega alpinista da due anni rinuncia al Cervino: non si sente sicuro vedendo lo stato del ghiaccio. Pensiero che hanno avuto ora a Courmayeur: tutto chiuso.

I disastri son moniti che legano eventi e aprono orizzonti. Con la Marmolada coincidono: niente piogge o grandinate; siccità; fiumi rigagnoli. In più ci si son messi: Putin l’invasore; missili; guerra di gas, cereali, fertilizzanti. La crisi squaderna i deficit di politica e amministratori locali. Il non governo delle trasformazioni è grave responsabilità pubblica, delle istituzioni, ma anche culturale (ethos collettivo) e privata: ci ha fatto comodo mantenere stili di vita, abitudini, consumi in barba alle evidenze del disastro annunciato. Emozionati dalla Marmolada rischiamo di non vedere ora i seracchi della politica (e non reagire). In Italia: la Lega che fa le barricate contro lo jus scholae, così ci si distrae dal malgoverno lombardo (Covid; allevamenti intensivi che inquinano, distorcono alimenti e consumi; niente invasi; marcite e fontanili alla malora); il 110 per cento identitario per i 5 Stelle, bandiera bianca dei diritti alla sicurezza dei cantieri; l’Eni al posto della Farnesina; Pd 1° anche in timidezza. A livello mondiale: in Usa regressione dei diritti; doverosa difesa di Kiev usata per la corsa agli armamenti; Erdogan su più tavoli tiene in scacco l’Europa (già fragile); al-Sisi che dà il gas ma non i boia di Regeni. Che seracco su libertà e democrazia! Di nuovo: Resistenza.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    Quando esce un nuovo disco di Edda è come risentire un vecchio amico di quelli che cambiano numero ogni volta che perdono il telefono. Messe sporche è un disco che mette da parte la quiete spigolosa del precedente “Illusion”, e riprende il suono abrasivo dell’esordio da solista e, perché no, anche dei Ritmo Tribale. Nove pezzi empatici, diretti, pochi suoni, tutti giusti, in cui si ascoltano rudezza, dramma, ma anche una risata disillusa e molto rock’n’roll, che in qualche caso conserva anche il tono empatico di “Graziosa utopia”. L’album è uscito solo in formato fisico e la prima stampa è andata esaurita in pochi giorni, ma niente paura: potrete acquistarlo in una delle date del tour che il 12 dicembre approda anche a Milano, all’Arci Bellezza. Per darci una preview di disco e spettacolo, Edda ci ha raggiunti all' Auditorium di Radio Popolare con i suoi musicisti al gran completo: Luca Bossi (basso e synth, produttore dell’album), Diego Galeri dei Timoria (batteria), Francesco “Killa” Capasso (chitarre) e Davide Tessari (fonico). Tre pezzi live suonati con un tiro da ventenni e una frizzante chiacchierata su musica, mutande e cose sacre. Il tutto dall’alto di un ponteggio. Ascolta il MiniLive di Edda.

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