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Il socialista alla conquista della Casa Bianca

C’è un nome esibito con orgoglio, nei cartelli elettorali piantati nei giardini davanti a casa; in quelli sistemati dietro le finestre; nelle spillette che molti si appuntano sulle giacche. Il nome è quello di Bernie Sanders, lo sfidante democratico in corsa alle primarie 2016. In Iowa, in questi giorni, soprattutto nei centri urbani e nelle aree con più college e università, è il nome di Sanders, la sua foto, ad apparire con più frequenza. Un fatto che fino a qualche mese fa appariva difficilmente prevedibile.

Appariva difficile, in effetti, pensare che l’uomo definito “l’unico senatore socialista degli Stati Uniti”, potesse avere davvero qualche possibilità contro un baluardo del potere democratico, Hillary Clinton. Settantaquattro anni, un passato di sindaco a Burlington, Vermont, non esattamente al centro della mappa elettorale americana, Sanders sembrava più che altro destinato al ruolo di candidato di testimonianza giocato nel passato da altre figure – Ron Paul per i repubblicani, o Jesse Jackson per i democratici.

E invece, approfittando anche dello spostamento in senso progressista del baricentro politico e sociale americano, Sanders è velocemente cresciuto nei consensi, arrivando a minacciare il primato della Clinton. La sua candidatura ha goduto di una serie di circostanze positive. La crescita di una cultura di critica degli eccessi del capitalismo finanziario che da Occupy Wall Street in avanti ha permeato larghi settori della società americana. L’insoddisfazione di molti elettori di Barack Obama per i progressi e le riforme di questi otto anni, giudicati troppo modesti. Lo scarso appeal che una candidata come Hillary Clinton ha presso i settori più progressisti del partito, che sono poi quelli che vanno a votare più numerosi alle primarie.

Il vero asso nella manica di Sanders è però stata la denuncia dei legami tra politica e poteri economici e finanziari, la corruzione della democrazia Usa e delle sue élite dirigenti a opera del potere dei dollari – in modo opposto ma simile a quello che ha fatto Donald Trump, anche lui, da questo punto di vista, un campione dell’anti-politica, o meglio di una contestazione alle classi dirigenti accusate di aver perso di vista l’interesse generale. Coerentemente a questo assunto, Sanders ha deciso di fondare la sua campagna elettorale su donazioni piccole, e non sul flusso di denaro in arrivo da finanziatori e multinazionali.

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In un comizio nel college di Grinnell, sabato, Sanders ha detto che la verità più classica che veniva insegnata a ogni bambino americano – e cioè che ogni generazione vive una vita migliore della precedente – è stata rubata ai giovani e deve essere loro restituita. In un incontro qualche ora dopo, a Waterloo, Sanders ha rilanciato: “Lasciatemelo dire per l’ennesima volta: io credo che la sanità sia un diritto, non un privilegio”. Sempre a cavallo del weekend, Sanders ha comprato una pagina di molti giornali, piccoli e grandi, dell’Iowa, dove ha lanciato un altro dei suoi messaggi abituali: “È un’economia manipolata, quella sponsorizzata dalle banche di Wall Street e dai miliardari che comprano le elezioni”.

L’appello, nella più pura tradizione del populismo democratico americano, continua così: “La verità è che non puoi cambiare un sistema corrotto prendendo il suo denaro. La mia campagna è finanziata da oltre due milioni e mezzo di piccole donazioni da parte di persone come voi, che vogliono reagire”. Il numero di semplici cittadini che hanno contribuito alla campagna di Sanders potrebbe in queste ultime ore essere cresciuto, raggiungendo i tre milioni. La media di questo tipo di finanziamento è di 27 dollari a persona.

Questo significa che complessivamente, Sanders ha raccolto nell’ultimo quarto del 2015 circa 33 milioni di dollari, contro i 37 della Clinton. Si tratta non soltanto di una cifra consistente, ma anche di una somma che permette a Sanders di continuare con più tranquillità nella campagna elettorale, acquistando spazi televisivi, organizzando rally di massa – quasi settantamila persone sono accorse ai suoi eventi – aprendo uffici e assumendo collaboratori negli Stati dove la corsa è più aperta. In altre parole: è grazie a questi finanziatori che la campagna delle primarie, con ogni probabilità, sarà lunga.

Il messaggio, intanto, si è sempre tenuto ben ancorato a quella critica del sistema di Washington, della corruzione della politica da parte del denaro, che ha lanciato e tenuto viva la candidatura di Sanders. “Noi non rappresentiamo la classe dei miliardari, le compagnie farmaceutiche, Wall Street, non vogliamo il loro denaro e non abbiamo un Super PAC”, ha detto Sanders venerdì sera a Dubuque. “Io sono il solo candidato democratico che non mira al portafoglio dei banchieri d’investimento per raccogliere fondi per la campagna”.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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