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    Europa, partiti, destre: le incognite dell’era Macron

    A cura di:

    Raffaele Liguori

    Memos anche oggi ha ospitato due commenti sulle presidenziali francesi e l’elezione di Emmanuel Macron. Romano Prodi, questa mattina su Repubblica, ha sostenuto che “quando i cittadini sono messi di fronte alla scelta secca tra Europa e non Europa prevale l’istinto di sopravvivenza e la scelta dell’Europa diventa maggioritaria. Questa logica – dice Prodi – si consolida anche in Francia”. Ma è proprio così? Lo abbiamo chiesto al sociologo inglese Colin Crouch (l’inventore del concetto di post-democrazia). «Il bivio – risponde Crouch – a cui si sono trovati di fronte i francesi è più ampio di quello prospettato da Prodi. Certo, c’era una scelta sull’Europa, ma anche contro la xenofobia. Il Front National non ha vinto, mentre dopo la vittoria della Brexit in Gran Bretagna e di Trump negli Stati Uniti sembrava fossimo di fronte ad un trionfo della destra estrema. Abbiamo visto, invece, nelle presidenziali in Austria e in quelle parlamentari in Olanda, uno stop ai movimenti xenofobi di destra. Restano forti, ma sembra che la gran parte delle popolazioni li respinga». Per Crouch, se la minaccia dell’estrema destra è superata, allora si può aprire la discussione su quale Europa si vuole. Un negoziato in cui Macron ha di fronte una strada in salita. A meno che non giochi la carta “pesante” dell’arma nucleare, dice l’altra ospite di oggi a Memos, la politologa Nadia Urbinati. «La trattativa tra la Francia e l’Europa ora dovrà essere aperta», racconta Urbinati. «Non credo che i rapporti tra la Francia e Bruxelles siano migliori di quelli dell’Italia. Anche la Francia ha dei seri problemi con le politiche di austerità. Macron parla di rispetto delle regole, ma se sarà così dovrà pagarne un prezzo alto. E’ chiaro che ci saranno trattative con l’Europa. Dobbiamo ricordare, in questo contesto, che la Francia oggi – con l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea – è l’unico paese dell’Unione che ha le armi nucleari, quindi ha una forza negoziale straordinaria rispetto agli altri paesi alleati». Crouch e Urbinati hanno descritto a Memos le ragioni della crisi dei partiti tradizionali. Una crisi evidenziata dal voto francese del primo turno, con l’esclusione di socialisti e gaullisti dal ballottaggio. «I vecchi partiti – dice Crouch - sono arrivati stanchi, si sono formati sulla base dei conflitti del Novecento, conflitti che oggi sono estranei alla popolazione. Forse il modello organizzativo, burocratico, non piace nemmeno alle nuove generazioni». Urbinati spiega che i partiti tradizionali si sono convertiti ad un doppio copione, a seconda dei momenti: «Oggi c’è bisogno dei partiti sicuramente nel momento elettorale, ma non necessariamente nella loro identificazione permanente», dice la politologa. «C’è una trasformazione in corso che va più nella direzione dell’audience che dei partiti organizzati. Il distacco che si crea tra il partito e le popolazioni viene poi colmato dal leader fa da “trait d’union” di tipo populista. Avremo, in pratica, partiti doppi: da un lato un partito organizzato nella forma tradizionale, ma solo per le elezioni, dall’altro il leader sostenuto da un’audience esterna». In attesa che si apra la discussione sull’Europa, abbiamo chiesto al sociologo inglese Colin Crouch, perché la sinistra non è riuscita a vincere né in Francia, né in Spagna, né sembra che ci riuscirà in Gran Bretagna? «Perché molti partiti socialdemocratici – risponde Crouch - come in Gran Bretagna e in Germania, hanno accettato il modello neoliberale del capitalismo finanziario deregolamentato. Quindi non potevano presentarsi come antagonisti di questo sistema. Per i partiti più radicali di sinistra, invece, c’è una sfida molto grande. La gente normale non è molto politicizzata. Accetta di sostenere una grande sfida, come quella che si può lanciare contro i poteri economici del mondo, solo se si sente parte di qualcosa di più generale, ad esempio di una classe. Ma le classi – prosegue il sociologo inglese - nel mondo industrializzato sono molto deboli. Non hanno un’identità chiara. C’è, invece, un’identità sociale che le persone possiedono e che può essere trasformata in un’identità politica: è la nazione, la razza. Ecco allora – conclude Crouch - che i partiti dell’estrema destra hanno avuto gioco facile nel dire “noi siamo un popolo, una nazione” che combatte contro le sfide globali. Ciò spiega perché la destra xenofoba ha guadagnato di più rispetto alla sinistra». Il sociologo inglese Crouch sembra attribuire alla destra xenofoba una capacità di mascherare, o semplicemente di confondere, la sua identità nazionalista e xenofoba dietro un’apparente critica al globalismo. E per questa ragione, secondo Colin Crouch, la destra estrema in Francia è riuscita ad avere maggiori consensi rispetto alla sinistra.

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    L'intervista all'artista Princess Isatu Hassan Bangura

    Princess Isatu Hassan Bangura, classe 1996, è un’artista interdisciplinare. Nella sua opera, caratterizzata da una grande vitalità, utilizza una varietà di forme e mezzi espressivi per veicolare una vibrante creatività. Bangura attinge a un ricco intreccio di influenze per orchestrare sinfonie di espressioni, spaziando tra arte performativa, musica e cinema. Nonostante l’inglese rimanga la sua lingua principale, la sua tavolozza artistica riflette una miscela linguistica unica di inglese e krio che infonde ai suoi lavori uno speciale sapore culturale. Nelle sue opere, descritte come intense e radicate nel culto ancestrale, Bangura evoca il patrimonio dell’Africa occidentale e della Sierra Leone, fondendolo con le sue esperienze nel mondo occidentale, a creare narrazioni autentiche che risuonano nel profondo. Nota per le sue intense performance rituali, Bangura esplora i temi della spiritualità, dell’identità e del divino, rendendo vivi personaggi immaginari. Narratrice di grande talento, affascina il pubblico con la sua presenza scenica primordiale e radicata, trasferendo in ogni sua creazione un’autenticità cruda, nel tentativo di toccare l’essenza primordiale dell’essere umano. L'intervista di Ira Rubini a Princess Isatu Hassan Bangura (l'intervista è in lingua inglese).

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    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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    Per riascoltare Considera l'armadillo noi e altri animali ospite Simone Panigada, presidente di @Tethys Research Institute e coordinatore di @Consorzio Pelagos presentato alla terza conferenza delle Nazioni Unite sull'oceano e inaugurazione di Terrazza del Museo del Cinema di Milano con @Bruno Bozzetto. A cura di Cecilia Di Lieto.

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    Oggi a Cult: Barbara Sorrentini in diretta dal Pesaro Film Festival; la performer e drammaturga Princess Isatu Hassan Bangura alla Biennale Teatro 2025; "Don Chisciotte", la nuova produzione della Compagnia Marionettistica Carlo Colla e Figli al Piccolo Teatro Grassi; la rubrica ExtraCult a cura di Chawki Senouci...

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    Dall'ordine al caos. Intervista con Alessandro Colombo, docente di relazioni internazioni alla Statale di Milano. Perchè il sistema internazionale liberale del dopo-guerra fredda è fallito? Perchè in occidente la sovranità della legge è in frantumi e crescono le torsioni autocratiche delle democrazie? Quale impatto avrà l'intelligenza artificiale nella costruzione di un nuovo ordine internazionale? Alessandro Colombo è autore di «Il suicidio della pace. Perchè l’ordine internazionale liberale è fallito (1989-2024)» (Raffaello Cortina Editore). Professor Colombo, quale ordine internazionle può nascere dal contesto attuale, quali tracce si possono intravedere?

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    Donald Trump e la svolta conservatrice della democrazia USA. A cura di Roberto Festa e Emanuele Valenti

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