Approfondimenti

Populismo come appartenenza a una comunità di sangue

Razzismi e disuguaglianze

La logica dello scontro, del nemico, dei porti chiusi al “clandestino” per difendere le famiglie italiane.
Il primo intervento in aula al Senato del ministro dell’Interno Salvini ripropone gli stessi schemi della campagna elettorale e della propaganda: tenere alti i toni, pretendere le scuse della Francia intimandole di accogliere i novemila migranti che aveva promesso di prendere sul suo suolo, intimidire gli altri paesi europei, “mai siamo stati così ascoltati“, e addirittura rispondere con le stesse parole a Monsignor Rovasi che aveva semplicemente ricordato con il Vangelo “ama il tuo prossimo come te stesso“.

Salvini assicura di “amare il suo prossimo”, ma sono solo le donne e i bambini che scappano dalla fame e dalla guerra, gli altri portano solo conflitti e scontri sociali, e prima di tutto però ci sono le famiglie italiane, senza lavoro e senza casa”.

Questi sono i principi a cui si atterrà il ministro dell’Interno chiamato al Senato per un’informativa sulla nave Aquarius allontanata dai porti italiani e in navigazione verso la Spagna: ma volutamente dà poche informazioni sul caso, butta via “cinque o sei fogli di numeri” dice per parlare d’altro, chiede alla Presidente del Senato Casellati di non far togliere i cartelli contro di lui, “affronto Macron, cosa vuole che sia un cartello”: se ci sono fischi in aula questi provocano anche applausi, e sono clamorosi, soprattutto quando chiama in causa Soros.
La narrazione del pericolo, degli stranieri come minaccia si fa potere, e sale sulla poltrona più importante, di chi quei fenomeni deve gestirli usando la legge, e non brandendo l’arma della paura.

Una paura che arriva da lontano, alimentata dalla propaganda leghista e radicata da tempo nei tanti aspetti della società.

Per capire da dove arriva è di aiuto un libro uscito di recente “Razzismi, discriminazioni e disuguaglianze“, scritto da Alfredo Alietti, docente di sociologia urbana dell’Università di Ferrara. Ogni capitolo analizza in dettaglio i tanti ambiti nei quali la discriminazione si manifesta nei suoi effetti visibili, dal rapporto con le forze dell’ordine che è sempre contraddistinto da tensioni, c’è sempre un surplus di attenzione verso la popolazione straniera maschile, al lavoro dove spesso si assiste ad una “sospensione dei diritti”, alla scuola nella quale la diversità non riesce mai ad essere declinata in positivo, fino alla stampa con gli hate speech ormai dilaganti sui social e mai la volontà da parte dei direttori di testate di raccogliere le voci delle persone discriminate quando una notizia si palese come falsa, una fake news.

Ciò che sta accadendo in questa prima fase del governo non sorprende per nulla l’autore del libro, il sociologo Alietti: “L’esperienza dell’ultima campagna elettorale di Salvini imperniata sull’asse xenofobia-sicurezza ha trovato nell’immediata attualità del rifiuto della nave Aquarius con il suo carico di “scarti umani” il suo apogeo. Da tempo sono visibili le immagini di un discorso politico e di una pratica amministrativa a livello locale orientate ad una logica razzista e discriminatoria dirette verso i migranti. Sono molte le ordinanze dei sindaci leghisti o di centrodestra indirizzate ad escludere le famiglie immigrate da determinati servizi e sostegni pubblici, ordinanze poi annullate dai giudici in base alla legge anti discriminazione. Per quanto questi atti discriminativi vengano poi bocciati, rimane tuttavia l’aspetto simbolico di una forza politica che lotta per i diritti degli italiani minacciati dalla presenza straniera. Da questo nasce l’affermazione nella società italiana ed europea del travolgente e diffuso atteggiamento di ostilità, l’immagine negativa della società multietnica vista come minaccia ad un supposto superiore ordine morale e sociale. Su tale piano non solo si legittimano le infondate “buone ragioni” del discorso razzista, per cui le opinioni xenofobe diventano esplicite, si è passato da “non sono razzista, ma”, ad un “sono razzista”, senza nessuna remora, ma si impone la stessa legittimità ad un trattamento differenziato di chi non appartiene al popolo. Vi è in questa logica perversa l’idea, eredità dei nazionalismi ottocenteschi, del primato di appartenenza ad una comunità di sangue nella distribuzione delle scarse risorse di welfare“.

Rom, sinti, nordafricani sono spesso vittime dei pregiudizi, gli hate speech, i discorsi d’odio che navigano senza controllo nella rete, nei social e alimentano la discriminazione: “Il ruolo dei social network- spiega ancora l’autore del libro edito da Mimesis/mutamenti – con il loro apparato di hate speeches e di fake news, non sono altro che il corollario di un processo già in essere e che rafforza il rancore socializzato contro gli usurpatori illegittimi. Il racconto dei porti chiusi riproduce simbolicamente e afferma nella realtà il profondo cambiamento in atto rispetto al quale appare difficile un efficace contrasto sulla base del richiamo alla solidarietà“.

E quindi quali possono essere le risposte ad un fenomeno così profondo, tale da negare anche la realtà dei numeri stessi che dicono che l’Italia non è tra i paesi che accolgono il maggior numero di migranti: “A fronte del razzismo che agisce sull’emotività e su immaginari di paura – risponde il sociologo Alfredo Alietti – l’antirazzismo tende ad indebolirsi con la sua razionalità tesa a svelare il circuito vizioso della menzogna che si impone come pseudo verità. Se la giurisprudenza raffigura un baluardo importante nel frenare la discriminazione ciò appare insufficiente senza la capacità di mobilitare la società civile per neutralizzare gli effetti più deleteri delle dinamiche razziste e discriminatorie“.

Razzismi e disuguaglianze

  • Autore articolo
    Anna Bredice
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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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