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    Jazz Anthology |

    Grandi inediti – Stan Getz: Getz at the Gate

    A cura di:

    Marcello Lorrai

    Nel 1960, per la prima volta in un decennio, Getz non risulta il sax tenore dell'anno nel referendum del mensile Down Beat: la consultazione questa volta ha premiato John Coltrane, il sax tenore che fa parte del gruppo di Miles Davis. Getz sente vacillare il suo trono e capisce che deve rientrare negli Stati Uniti. Non è che sia stato lontano moltissimo, ma nei due anni e mezzo della sua assenza molti cambiamenti cruciali sono intervenuti nella scena del jazz e nel pubblico, a cominciare dall'irruzione del free jazz. Getz deve rimontare la china. Quando nel novembre del '61 si esibisce al Village Gate di New York con Steve Kuhn al piano, John Neves al contrabbasso e Roy Haynes alla batteria, Getz è alle soglie dell'uscita del suo album con Bob Brookmeyer, che contribuirà a rilanciare la sua popolarità, e a qualche mese dall'incisione di Jazz Samba, che si tradurrà in un clamoroso successo: ma lo Stan Getz che si esibisce al Gate è ancora uno Stan Getz che si sta battendo per tornare in cima, per riaffermare il suo ruolo di grande star, è uno Stan Getz che non fa prigionieri. Pubblicato dalla Verve nel 2019, Getz at the Gate è stato ricavato da una registrazione realizzata dalla stessa Verve, e poi dimenticata nei suoi archivi per decenni: evidentemente la Verve aveva preso in considerazione l'idea di pubblicare un live, che poi però, dopo l'exploit di Jazz Samba, in quegli anni non avrebbe avuto senso: ma un live che fa felici noi oggi.

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    Esteri di martedì 14/10/2025

    1) I corpi degli ostaggi che non si trovano, gli aiuti umanitari che non entrano a Gaza e le faide interne alla striscia. Tutti i punti in bilico della prima fase della Pax Trumpiana 2) I prigionieri palestinesi che non sono mai stati rilasciati. Il dolore delle famiglie e la lettera della moglie di Marwan Barghouti. (Valeria Schroter) 3) La guerra agli ulivi come simbolo dell’occupazione che non vede fine. In Cisgiordania la popolazione non crede alla pace, perché per loro nulla è cambiato. (Samuele Pellecchia, Pietro Masturzo, Francesco Giusti - Agenzia Prospekt) 4) Francia, il premier Lecornu propone la sospensione della riforma delle pensioni per cercare di salvarsi al voto di sfiducia di giovedì. (Francesco Giorgini) 5) Lo shutdown negli stati uniti entra nella terza settimana, senza nessuna soluzione in vista. Gli effetti iniziano a sentirsi sulla vita degli americani. (Roberto Festa) 6) Madagascar. Dalle proteste della Gen Z al caos istituzionale. Dopo la fuga del presidente i militari annunciano la presa del potere. (Andrea Spinelli Barrile) 7) Rubrica sportiva. Cosa c’entra il calcio con le proteste in Marocco? (Luca Parena)

    Esteri - 14-10-2025

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    Madagascar. Dalle proteste della Gen Z al caos istituzionale

    Da qualche settimana i giovani del Madagascar stanno scendendo in piazza. Le manifestazioni sono state represse con la violenza e ci sono state decine di morti. Ieri il presidente Andry Rajoelina ha dichiarato di essere fuggito in un luogo sicuro. Oggi, invece, ha annunciato lo scioglimento dell’assemblea nazionale, poche ore prima che i parlamentari si riunissero per metterlo sotto accusa per aver abbandonato il suo incarico. La votazione è avvenuta comunque e la maggioranza ha scelto l’impeachment del presidente. Il colonnello Michael Randrianirina ha annunciato che il Capsat, l’unità d’élite dell’esercito, ha preso il potere. Valeria Schroter ha intervistato Andrea Spinelli Barrile, giornalista di Slow News, per ricostruire il processo che ha portato il Madagascar agli eventi di oggi.

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    "Netanyahu più forte in Israele ma più debole in Medio Oriente"

    La liberazione degli ostaggi, il rilascio dei prigionieri palestinesi, l’intervento fiume di Trump alla Knesset e, in Egitto, la cerimonia organizzata per la firma ufficiale dell’accordo di pace alla presenza di capi di Stato e di governo da Europa, Asia e Mondo arabo. E’ stata una giornata importante quella di ieri? Per Gaza, per Israele, per il Medioriente in generale. Ne abbiamo parlato con il direttore del magazine indipendente israeliano +972, nonchè uno dei fondatori e leader del movimento “Two States One Homeland”, Meron Rapoport. L’intervista, a cura di Diana Santini, comincia con il suo commento al discorso del presidente Usa alla Knesset.

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