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Tutti dietro a Mattarella e Draghi, il Parlamento debole si affida a loro

draghi e Mattarella al Quirinale

Tutti dietro a Mattarella e Draghi. Tocca al premier incaricato, prima di iniziare il secondo giro di consultazioni, sciogliere i nodi che ancora lo separano dal governo di quasi tutti.

Le differenze sul programma economico, gli imbarazzi del Pd per la Lega in maggioranza, le resistenze nel Movimento 5 Stelle messe a tacere dalle urla di ieri di Beppe Grillo che si sono sentite fino in piazza; la competizione per i posti chiave, quelli che gestiranno direttamente il flusso di capitali in arrivo dalla Commissione europea. I partiti si affidano al presidente incaricato. Sperano che riesca a elaborare la formula -squadra e programma- che metta tutti nelle condizioni di non poter dire di no.

Tutti dietro a Mattarella e Draghi. Il Capo dello Stato è il garante dell’operazione e ne è la più grande assicurazione perché difficilmente il Parlamento avrebbe la forza di far saltare un progetto strategico che porta l’imprimatur del Quirinale. Lo si è capito per come è evoluta la crisi ma già prima del suo esplodere era evidente che Mattarella rappresentasse la figura dell’adulto nella stanza, a fronte della volubilità di un Parlamento che ha prodotto in tre anni un governo di destra radicale, uno di centrosinistra e ora sta per appoggiarne uno espressione della dottrina economica di Bruxelles e Francoforte. Un Parlamento espressione di forze politiche deboli che devono affidarsi ai supplenti.

La prospettiva è che siano sempre più il Quirinale e Palazzo Chigi a compiere tutte le scelte strategiche. La più evidente fino a questo momento è la profondità dell’allineamento alle posizioni degli Usa di Biden e dell’Europa di Von der Leyen. L’operazione di ricollocamento della Lega su posizioni europeiste e atlantiste va al di là della semplice adesione di Salvini a un programma di governo. E’ una inversione di tendenza strategica anche a livello internazionale perché l’Italia era, dopo la caduta di Trump negli Stati Uniti, uno dei paesi occidentali dove più forte rimaneva la spinta sovranista. Una minaccia per la coesione europea potenzialmente più grande di quanto rappresentato da Ungheria e Polonia. Ed è una operazione di ricollocamento che non nasce con l’incarico a Draghi ma lo precede, coi segnali che Salvini in questo senso aveva già dato nei mesi scorsi.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Società Civile per il No. È nato il comitato, promosso da vari esponenti della società civile, da sindacati, associazioni e realtà democratiche, che sostiene le ragioni del No al referendum costituzionale sulla riforma della Giustizia del Guardasigilli Carlo Nordio. Presieduto da Giovanni Bachelet, il comitato ha nel direttivo nomi importanti come il segretario della Cgil Maurizio Landini, la presidente di Libertà e Giustizia Daniela Padoan e l’ex ministra Rosy Bindi. I principali punti del comitato vertono sul fatto che una magistratura autonoma, indipendente, che non guarda in faccia a nessuno sia una cosa che conviene ai cittadini. Il prossimo 10 gennaio a Roma si terrà la prima assemblea generale, per la partenza della campagna referendaria, che vedrà la nascita di comitati territoriali in tutta Italia per lanciare una campagna informativa sulle ragioni del No. “Riteniamo che sia una battaglia per evitare che venga minato un principio fondamentale della nostra democrazia”, ha detto Rosy Bindi, che fa parte del direttivo del comitato, nella nostra trasmissione Radio Sveglia. L'intervista di Alessandro Braga.

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