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La scuola nella fase 2: 3 miliardi ad Alitalia e 1 miliardo e mezzo all’istruzione

scuole 14 settembre - Manovra economica e tagli

Tra meno di un mese si terranno gli esami di maturità, ma la Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina sta già guardando avanti in vista della riapertura delle scuole a settembre. Per guidare la scuola nella fase 2 è stata istituita una task force di cui fa parte anche l’architetto Giulio Ceppi, intervenuto oggi a Prisma per illustrare quali sono i progetti e le idee al vaglio per il ritorno a scuola.

L’intervista di Alessandro Braga.

Dobbiamo immaginare che a settembre troveremo gli inizi di una scuola diversa. Bisognerà cercare di “usare” quanto ci sta accadendo per alzare l’asticella e cogliere, come spesso accade in Italia, l’emergenza per cercare di risolvere i problemi, come quello delle classi troppo numerose, che ci accompagnano ormai da troppi anni. In questo gruppo di 18 persone a cui sono stato invitato a partecipare ci sono oggi pedagogisti, psicologi, esperti di questioni normative e tributarie o di iter, perché non basta avere le idee: per quanto noi possiamo suggerire al Ministro e ai parlamentari una serie di cose, questo vanno poi trasferite nella realtà.
Io sono l’unico architetto progettista del gruppo e uno dei temi su cui stiamo lavorando è il patrimonio edilizio importante che abbiamo: ci sono più di 42mila scuole con territori anche molto fragili e situazioni molto diverse che vanno, per assurdo, da classi di 4 bambini come in Valle d’Aosta a classi troppo numerose. Quello che accadrà è cercare di usare il tempo e non solo lo spazio, o meglio una combinazione di queste due variabili, in maniera diversa.
Stiamo lavorando su un modello molto più ibrido che adesso seguirà ancora la forzatura che il COVID-19 ci impone, ma che nel tempo diventerà una modalità permanente: lavorare con tempi diversi, con modalità diverse e con le differenze che ogni scuola vorrà applicare a seconda del numero di studenti e a seconda di come è collocata nel territorio. Dovremo avere tre piattaforme su cui lavorare, a cominciare dalla fisicità della scuola, quella a cui siamo tutti abituati: forse si andrà meno a scuola, ma si farà più scuola. In parte si lavorerà in piccoli gruppi anche da casa e in parte stiamo lavorando per creare spazi nuovi, spazi esterni alla scuola, e fare quelli che abbiamo chiamato “patti di comunità”: agevolare le scuole per avere dei laboratori, delle aule e degli spazi che siano esterni, sempre nelle vicinanze della scuola e che possano diventare degli spazi sicuri.

Sarà necessario rinnovare un po’ anche il corpo docente per questa fase 2 della scuola legata alla tecnologia?

Di sicuro c’è un tema di rinnovo del corpo docente. Noi abbiamo la classe docente più anziana d’Europa e abbiamo un digital divide che è chiaramente anche legata all’età. Abbiamo visto che i ragazzi sono sicuramente più smart, ma questo non vuol dire che poi sappiano veramente usare in profondità gli strumenti digitali. Credo che la scuola debba fare educazione anche su questo. Non si tratta ovviamente di fare la stessa lezione online, penso che tutti siano d’accordo su questo. Usare gli strumenti digitali vuol dire anche fare attività legate anche alla cultura e alla comprensione dei mezzi digitali stessi, imparare veramente a sfruttare questi strumenti al meglio ed essere consapevoli del loro potere positivo, ma anche degli aspetti critici.
Ieri sono stati stanziati 3 milioni per i cosiddetti e-Games. Noi li chiamiamo videogiochi, ma non dobbiamo trascurare il fatto che gli e-games abbiano un appeal sui giovani ormai superiore alle attività fisiche normali. Questo non vuol dire che vada assecondato, ma che vada trovato un punto di mediazione, va trovato il modo di portare il digitale anche dentro l’attività fisica e fare delle palestre che usino anche le tecnologie digitali per fare attività motoria. Credo molto nell’ibridazione e credo molto che l’analogico e il digitale non siano due culture opposte. Sono due mondi che devono dialogare tra di loro e credo che la scuola debba avere un ruolo attivo in questo. E i docenti dovranno essere aggiornati e formati. Credo anche che per i giovani sarà un grande richiamo il fatto che la scuola creda di più nel digitale.

Sappiamo che la burocrazia, non solo in questo campo spesso rallenta l’iter di un cambiamento. State pensando anche ad una semplificazione, ad esempio, per quanto riguarda gli appalti?

Sono d’accordo con lei, ma non sono io a legiferare. Siamo però tutti d’accordo nel dover sfruttare questa situazione di emergenza per accelerare e semplificare dell’iter burocratici che non sono soltanto lunghi, ma possono essere anche estremamente fuorvianti e mal fatti. Dico una cosa da architetto: che le gare d’appalto siano sempre vinte nella logica del ribasso e del prezzo minore lo trovo vergognoso. Noi siamo diventati un Paese che punta al ribasso. Vince quello che fa l’offerta più bassa e poi è banale dire che l’offerta più bassa è spesso la più scadente e la più disonesta. Chi fa quel prezzo, poi alla prima questione che esce un attimo dal protocollo scritto ti aggiunge altri costi.
Questo va cambiato. Vanno cambiate le logiche degli appalti, vanno introdotti nuovi criteri che devono essere attenti alla sostenibilità e alle certificazioni. Bisogna alzare l’asticella. In Italia abbiamo forse le scuole migliori del mondo e purtroppo anche le peggiori. Dai casi virtuosi dobbiamo imparare e capire come trasferite in maniera più orizzontale e più distribuita le qualità che ci sono riconosciute.
Io oggi sono scandalizzato: 3 miliardi ad Alitalia e 1 miliardo e mezzo alla scuola e l’università.

A suo avviso da qui a settembre quali sono gli interventi che si potranno fare per far trovare la scuola italiana pronta alla fase 2?

Verranno stanziati 300 milioni, che non sono pochi, per una serie di interventi legati all’emergenza, come per la sanificazione e la ricerca di aperture e ingressi multipli all’interno degli edifici, così come per il distanziamento sociale e la riqualificazione dei bagni. È chiaro che ci sono una serie di operazioni che vanno fatte, ma quello su cui stiamo puntando tanto è dare l’opportunità alle scuole di potersi creare degli spazi satellite, visto che gli spazi non possono essere raddoppiati dalla mattina alla sera. Ci concentreremo molto sulla ricerca di spazi, partendo da quelli demaniali come le caserme o altri spazi grandi e disponibili in prossimità delle scuole.
Il tema non è andare a casa o altrove a fare le stesse cose, ma cercare anche di portare dentro la scuola tempi nuovi.

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    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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