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I dubbi irrisolti sul risultato dei bombardamenti statunitensi sui siti nucleari iraniani

I dubbi irrisolti sul risultato dei bombardamenti statunitensi sui siti nucleari iraniani

La conferenza stampa di Pete Hegseth, il segretario alla difesa, e del capo dell’esercito americano, Dan Caine, è interessante sotto diversi punti di vista. In particolare, forse più per quello che i due non hanno detto, che per quello che hanno detto. Si trattava della prima occasione in cui le autorità militari americane comunicavano, ufficialmente, i dettagli dell’attacco di domenica ai siti nucleari iraniani.

Dal punto di vista dei dettagli, non siamo venuti a sapere molto più di quanto non sapessimo già. Per esempio, che le bunker buster bombs che sono state sganciate su Teheran sono state sviluppate nel corso degli anni avendo proprio in testa la possibilità di bombardare i siti dell’Iran. Che i piloti hanno volato trentasette ore, avanti e indietro, per arrivare ai siti e tornare alle basi da cui erano partiti. E poi, sono stati mostrati video dei bombardamenti. E Dan Caine ha anche raccontato quello che è successo nella base di el Udaid quando sono arrivate le bombe della rappresaglia iraniana.

Gran parte del personale era stato evacuato, dopo che gli iraniani avevano avvertito della rappresaglia. Tutti si attendevano però ben altro. E cioè, veri, concreti dettagli, su quello che i bombardamenti americani hanno ottenuto. Nelle scorse ore, ci sono state molte polemiche su due rapporti contraddittori, uno dell’intelligence militare, uno della CIA. Quello dell’intelligence militare spiega che i danni ai siti è stato moderato, e che l’attacco ha solo ritardato di circa 3 mesi la produzione dell’arma nucleare. Il rapporto della CIA, prodotto dopo quello dell’intelligence militare, è invece più vicina alle dichiarazioni di Donald Trump, secondo cui il colpo alle ambizioni nucleari americane è stato definitivo.

La conferenza del Pentagono era attesa proprio per sapere qualcosa di più dell’entità dei danni subiti dai siti iraniani. E invece, niente, Hegseth, più che soffermarsi sui dettagli tecnici, è andato avanti a forza di insulti e valutazione del rutto politiche, orientate soprattutto contro i media che non trattano bene Donald Trump, che evidenziano solo gli aspetti negativi, che non rispettano l’eroismo dei soldati che hanno compiuto la missione. A un certo punto, Jennifer Griffin, storica corrispondente di Fox News, quindi non una testata avversa, è stata duramente attaccata da Hegseth quando ha provato a chiedere se gli iraniani hanno spostato da Fordo l’uranio arricchito, prima dei bombardamenti.

Quanto a Dan Caine, quando gli hanno chiesto se il nucleare iraniano è stato spazzato via dai raid, si è rifiutato di rispondere, spiegando che all’esercito spetta solo descrivere l’operazione militare. È invece compito delle agenzie di intelligence, tra queste la CIA, valutare l’entità e gli effetti dell’attacco. Significativamente, né Hegseth né Dan Caine hanno però voluto ripetere la parola pronunciata da Donald Trump, e cioè che i siti iraniani sono stati obliterati. Segno che, almeno per ora, il mistero su cosa gli americani sono riusciti davvero a ottenere, permane.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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    Il nuovo disco dei Saint Etienne, uscito a settembre, sarà l’ultimo della storica band britannica. Così ci conferma Pete Wiggs, che ai microfoni di Radio Popolare racconta International, il disco con cui la band ha deciso di salutare i suoi fan. Capace di mescolare synth pop, disco e club culture con la freschezza di sempre, nel nuovo disco la band riguarda alla sua trentennale carriera con un pizzico di (inevitabile) nostalgia, ma non senza ironia e fierezza, celebrando una formula musicale che si riconferma ancora una volta elegante, leggera ma mai banale. Dalla decisione di salutare i fan, ai numerosi ospiti del disco fino alle possibili date in Italia. Ascolta l’intervista di Piergiorgio Pardo.

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    Nan Goldin all'Hangar Bicocca di Milano: Indagare l'esperienza umana

    Dall’11 ottobre 2025 al 15 febbraio 2026, Pirelli HangarBicocca presenta “This Will Not End Well“, la prima retrospettiva dedicata al lavoro di Nan Goldin come filmmaker. La mostra include una installazione sonora appositamente commissionata e propone per la prima volta in Europa in un contesto museale i suoi due più recenti slideshow. La mostra è allestita in diverse strutture architettoniche progettate da Hala Wardé, che ha già collaborato con Goldin. L’esposizione include il celebre The Ballad of Sexual Dependency (1981-2022); The Other Side (1992-2021) omaggio agli amici trans attraverso scatti realizzati tra il 1972 e il 2010; Sisters, Saints, Sibyls (2004-2022), sul trauma familiare e sul suicidio; Fire Leap (2010-2022), una incursione nell’infanzia; Memory Lost (2019-2021), trip nell’astinenza da stupefacenti; e infine Sirens (2019-2020). In occasione della mostra in Pirelli HangarBicocca, saranno inclusi due slideshow aggiuntivi: You Never Did Anything Wrong (2024), primo lavoro astratto di Goldin, e Stendhal Syndrome (2024), ispirato alle “Metamorfosi” di Ovidio. L’esposizione si aprirà con una installazione sonora del collettivo Soundwalk Collective, concepita in collaborazione con l’artista. Ascolta il servizio e l'intervista di Tiziana Ricci.

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