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Gli Stati Uniti hanno attaccato l’Iran

Trump: gli Stati Uniti hanno attaccato l'Iran

“Il bullo del Medio Oriente ora deve fare la pace”: lo ha detto Donald Trump parlando dalla Casa Bianca. Dietro di lui il vicepresidente Vance, il segretario di stato Marco Rubio, il segretario alla difesa Hegseth.
Trump ha detto che l’attacco ha avuto successo e che gli impianti nucleari iraniani sono stati completamente e totalmente obliterati, distrutti.
Il presidente americano ha anche messo in guardia Teheran da futuri e possibili rappresaglie. In quel caso – ha detto – la risposta americana sarà ancora più dura e sarà più facile distruggere gli obiettivi militari iraniani.

Trump ha quindi deciso di attaccare dopo dichiarazioni contraddittorie nei giorni scorsi: solo un paio di giorni fa il presidente americano aveva detto di voler dare all’Iran due settimane di tempo prima di decidere se attaccare o meno. Aveva spiegato di intuire spiragli per l’apertura di possibili negoziati. Alla fine non è stato così, si è deciso per l’attacco: i b-2 che hanno colpito i siti nucleari iraniani sono partiti da una base militare nel Missouri, hanno volato per trentasette ore rifornendosi in volo, sono state utilizzate bunker buster bombs, bombe estremamente potenti e distruttive da quattordici tonnellate. Una trentina di queste sono state sganciate su Fordow, due su Natanz; Isfahan è stata colpita da bombe lanciate da un sottomarino americano.

Ci sono divisioni importanti del mondo politico americano: la gran parte dei repubblicani approva la decisione del presidente. C’è una dichiarazione significativa da questo punto di vista di Mitch McConnell, il senatore del Kentucky che è un senatore influente ed è stato il leader del senato per anni. In questi mesi McConnell è stato molto critico nei confronti di Trump: oggi invece approva l’attacco. Ecco: il mondo Maga e quello dei repubblicani più classici alleati di israele atlantisti si stringono attorno a Trump.

C’erano state da questo punto di vista delle polemiche importanti, c’era una parte appunto del mondo più conservatore più vicino a Donald Trump che aveva nei giorni scorsi rigettato con forza la possibilità dell’attacco.
Steve Bannon tradizionalmente vicino al presidente aveva anche detto “noi non amiamo l’idea, la possibilità di un attacco ma comunque se l’attacco ci sarà ci allineeremo alle posizioni del nostro presidente”.

Critiche invece dei democratici che avrebbero preferito che Trump passasse attraverso un voto del Congresso: un voto del Congresso che potesse dare – diciamo così – il via libera a una risoluzione di guerra e quindi potesse dare il via libera a Trump. Non è stato così. C’è una dichiarazione della senatrice Jeanne Shaheen, è la principale esponente democratica all’interno della commissione per gli affari esteri: afferma che l’amministrazione Trump non ha informato il Congresso prima degli attacchi, definendo appunto tale decisione infelice e c’è il senatore Jack Reed che è il principale esponente democratico all’interno della commissione per le forze armate che dichiara “questa è una scommessa enorme da parte di Donald Trump”. Nessuno sa ancora se questa decisione darà i suoi frutti e Jack Reed dice: “è più facile iniziare le guerre che finirle”. Un riferimento ovviamente all’Iraq. Oltre vent’anni fa la guerra che doveva essere veloce, trionfale e che si rivelò un disastro per gli americani e per il Medio Oriente. Ritorna questo fantasma: la possibilità di una guerra che potrebbe essere lunga.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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