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Ecuador, la fuga del boss del narcotraffico Fito scatena il caos

Si chiama José Adolfo Macias Villamar, ma in Ecuador è noto a tutti come “Fito” E il capo del gruppo criminale Los Choneros, considerato uno dei più potenti del paese. Era in carcere dal 2011, ma la scorsa settimana è evaso e da allora è latitante. Dopo la sua fuga, il presidente neo eletto Daniel Noboa, che ha vinto le elezioni tre mesi fa promettendo un approccio molto duro nei confronti della criminalità, ha dichiarato lo stato di emergenza. La decisione ha dato vita a rappresaglie dentro le carceri – almeno un quarto delle quali si ritiene siano controllate dalle bande criminali – e fuori, nelle strade: in varie città ci sono state esplosioni, saccheggi di negozi, attacchi a ospedali, veicoli bruciati e scontri a fuoco, fino ad arrivare a ieri sera, quando in diretta TV, sulla televisione pubblica ecuadoregna, un gruppo di uomini armati ha interrotto i programmi, è entrato negli studi di Guayaquil e ha preso in ostaggio giornalisti e operatori.

Per circa mezz’ora le telecamere hanno continuato a trasmettere quello che stava succedendo, fino all’arrivo della polizia. Nei video circolati subito online, si vedono i dipendenti della TV, in ginocchio, che pregano di non sparare, con pistole e fucili puntati alla testa. Il presidente Noboa ha quindi elevato lo stato di emergenza già in vigore nel paese a quello di “conflitto armato interno”, ordinando l’evacuazione del parlamento di Quito e di tutti gli uffici pubblici, scuole e uffici, equiparato venti delle più importanti bande criminali del paese a “organizzazioni terroristiche”. Promettendo nuove operazioni di polizia per mettere fine alle violenze. Il presidente Noboa ha dichiarato ufficialmente guerra al narcotraffico, ma i tentacoli del narcotraffico in Ecuador non erano mai arrivati cosi in profondità nelle stanze del potere, e ora, tutti i gruppi criminali del paese, da tempo in competizione, hanno trovato un nemico che li mette tutti d’accordo: il presidente Noboa.

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    Martina Stefanoni
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    Violenza stradale, numeri un po' in calo. Il rimedio: l’educazione e diminuire la velocità

    L’Istat ha pubblicato i report sugli scontri stradali, su base regionale (relativi al 2024) e anche alcuni dati sui primi sei mesi di quest’anno. Ci sono meno feriti e meno vittime sulle strade, anche se i numeri restano ancora drammaticamente elevati. Secondo l’Istituto di Statistica nel primo semestre del 2025 i morti sono stati 1310 (si parla di morti per scontri stradali se il decesso avviene entro 30 giorni dall’evento, quindi sono escluse le persone che muoiono, nonostante la causa siano le conseguenze dello scontro, oltre quel limite temporale) contro i 1406 dello stesso periodo dell’anno precedente. I feriti sono stati 111090, anche in questo caso in calo rispetto al 2024, quando erano stati 112428. Gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento, che è il 2019. In Italia al momento registriamo una diminuzione del 4,5% (in Lombardia del 12,6). Bisogna ancora fare molto per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Uno degli aspetti fondamentali, oltre la diminuzione della velocità, è l’incremento dell’educazione stradale. Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, morto nel 2010 a causa di un omicidio stradale a Firenze ha fondato l’associazione Lorenzo Guarnieri, che da anni si impegna a portare avanti un discorso di educazione. Alessandro Braga lo ha intervistato nella trasmissione Tutto Scorre.

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    Nubi sull'università italiana: si moltiplicano le adesioni alle università private telematiche, mentre alle statali il governo Meloni taglia i fondi. Ospite l'economista Gianfranco Viesti. E poi, il caso Raiplay Sound, la censura nei confronti di un podcast – prima autorizzato e poi annullato - sulla storia di Margherita Cagol, una delle fondatrici delle Brigate rosse. A Pubblica Nicola Attadio, uno degli autori insieme al giornalista Paolo Morando e al musicista Matteo Portelli.

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