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COVID-19 in Lombardia, Galli: “I numeri non dicono se ci sono nuovi positivi”

Protezione Civile

Massimo Galli, direttore del reparto malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, si chiede se tra i casi di COVID-19 che vengono comunicati ogni giorno dalla Regione Lombardia ci sono davvero nuovi positivi o se si tratta di vecchi casi verificati soltanto di recenti.

L’intervista di Michele Migone.

La domanda che mi faccio spesso guardando la comunicazione di ogni sera è se ancora gran parte dei dati, soprattutto derivati dalla Lombardia, non siano altro che il prodotto della coda dei tamponi che si fanno alle persone che finalmente sono riuscite ad ottenerne uno pur non avendo né una condizione attuale di sintomi né una condizione tale da far pensare a un’infezione recente. In mezzo a questi ci sono nuovi focolai o situazioni che denotano infezioni nuove? Per il momento non ci sono elementi in questa direzione. Sembrerebbe tutto da riferire ad una storia un po’ vecchiotta.

E per quanto riguarda le vittime di COVID in Lombardia?

Anche lì la questione dovrebbe essere la stessa e riferita a persone che si sono ammalate da parecchio tempo e hanno lottato più o meno a lungo e se ne stanno andando adesso. Mi piacerebbe avere qualche informazione e verifica in più su questa cosa.

E perché non si riesce ad avere questo, secondo lei?

I dati sono portati a questo dettaglio quando vengono comunicati.

Lei ha il dubbio che ci sia qualche contagio nuovo o no?

Mi piacerebbe avere qualche chiarimento in più sulle possibili connessioni di questo o quel gruppo di persone che sono risultate portatrici dell’infezione ora. Con questo non sto facendo nessuna illazione, non sto dicendo che secondo me è così. Ogni giorno abbiamo un numero importante di casi in Lombardia, abbiamo sempre sostenuto che non ci si poteva stupire di un fenomeno residuale legato al fatto che la gente usciva di casa e finalmente si andava a fare il test. Ci sono dati che possono mettere in connessione alcuni di questi test che risultano positivi? E ci sono dati che possono mettere in connessione i test positivi e che possano far pensare ad infezioni nuove e recenti?

Secondo lei quando avremo una risposta?

Più che di dati non forniti in maniera chiara, diciamo che sono dati forniti in maniera aggregata in modo tale da non consentire altra considerazione se non sul dato così come lo vediamo. Ci dicono che ci sono dieci casi e basta, dieci decessi e basta. Il punto non è quello, ma è potermi sentire del tutto confidente del fatto che non esista, nell’ambito di questi nuovi casi presentati di recente anche in Lombardia, qualcosa che colleghi i casi tra loro in termini tali da farci pensare alla possibilità di qualche nuovo focolaio.
Mi auguro che potremo saperlo. Così come in tutto il resto d’Italia stiamo vedendo focolai, mi auguro fortemente che il sistema di sorveglianza riesca ad essere tale da identificarli prontamente nel caso in cui ci siano focolai anche in Lombardia. Qualche tempo fa è stato segnalato un piccolo focolaio anche in una RSA lombarda. Qualche prodotto di indagine epidemiologica in più, se lo posso tradurre in questo modo, per quanto riguarda i casi presentati come aggregati in Lombardia, io credo che si imponga.

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