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Così il mondo poteva evitare la pandemia

origine COVID Cina fuga laboratorio

Questo è un disastro ancora in corso, che noi pensiamo sarebbe potuto essere evitato. Le prove dimostrano come un’epidemia sia diventata pandemia a causa della risposta fallimentare e una mancata preparazione, dovute in parte alla incapacità di imparare dal passato.

A parlare è Ellen Johnson Sirleaf, ex presidente della Liberia e presidente – insieme all’ex prima ministra della Nuova Zelanda Helen Clark – di The Independent Panel, una commissione indipendente istituita dall’Oms che oggi ha presentato un rapporto dal titolo: “Covid19: make it the last pandemic”, facciamo in modo che sia l’ultima pandemia. Il Panel, composto da 13 esperti, negli ultimi 8 mesi ha esaminato la diffusione della pandemia nel mondo e le misure adottate dall’Oms e dagli stati per affrontarla. Ciò che emerge chiaramente è che poteva andare diversamente: migliaia di vite sarebbero potute essere salvate, i sistemi sanitari nazionali avrebbero potuto evitare il collasso e la crisi economica poteva essere contenuta. Tutto questo se il mondo avesse saputo imparare dal passato. “Ci sono moltissimi rapporti risultati dalle passate crisi sanitarie che includono numerose, utili raccomandazioni. Ma sono rimasti a prendere polvere sugli scaffali dei governi e delle Nazioni Unite”, ha detto Ellen Johnson Sirleaf presentando il report. “La nostra ricerca mostra che molti paesi, semplicemente, non erano pronti”. Non lo erano,ma avrebbero potuto e dovuto esserlo. Il mese di febbraio 2020, viene identificato come “il mese perso”, il mese che avrebbe potuto cambiare le sorti e il corso della epidemia, che in poco tempo ha assunto i caratteri della pandemia, raggiungendo ogni angolo del globo. Il sistema di allarme è stato troppo lento e troppo docile.

L’Oms è arrivato in ritardo nel dichiarare l’emergenza: secondo il report, la Cina è colpevole di molti ritardi, ma ha rilevato e identificato il virus tempestivamente, quando è emerso nel paese alla fine del 2019 comunicando la presenza di focolai. La risposta dell’Oms, però è stata tardiva. Ogni giorno, nel diffondersi di un virus respiratorio come il covid 19, conta. L’emergenza sanitaria è stata dichiarata con una settimana di ritardo, il 30 gennaio invece del 22. Una settimana che avrebbe potuto permettere ai paesi di organizzarsi. Il problema, però, è stato anche l’inazione dei paesi, anche una volta dichiarata l’emergenza. La tecnica utilizzata da molti governi di “aspettare e vedere” o – peggio – quella di screditare la scienza e sottovalutare il virus, ha fatto si che il mese di febbraio venisse sprecato.

Il rapporto evidenzia come i paesi che hanno agito immediatamente per contrastare l’epidemia – forti delle esperienze passate – hanno avuto un impatto nettamente ridotto rispetto ad altri. Tra gli stati virtuosi, la ricerca cita la Cina, la Nuova Zelanda, la Corea, Singapore, la Thailandia e il Vietnam. Non nomina, invece, i paesi più negligenti, ma rende chiaro come l’inazione e la negazione del rischio da parte di alcuni governanti abbia condannato determinati paesi più di altri. Scopo finale del report è quello gettare le basi per far sì che un disastro del genere non accada mai più. Per fare ciò, il panel presenta una serie di raccomandazioni, partendo dalla creazione di un Comitato per le minacce alla salute globale, in grado di identificare possibili pandemie e istruire gli stati per tempo ad agire, fino a rendere l’Oms più forte e meglio finanziato, per evitare che – come successo nell’anno passato – le sue indicazioni vengano ignorate dai governi.

In ultimo, rimane chiaro che le disuguaglianze globali hanno avuto e continuano ad avere un ruolo importante su come il virus colpisce i diversi paesi e per uscire dalla pandemia, il panel ripete ancora una volta, come un mantra, che nessuno sarà salvo finché tutti non saranno salvi. L’accesso per tutti al vaccino non è qualcosa a cui aspirare nel futuro, è un’urgenza e va affrontata adesso.

Foto | Le preghiere durante la cerimonia di Saraswati nel tempo di Denpasar, Bali, Indonesia

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    Martina Stefanoni
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    A oltre un mese dall’annuncio del cessate il fuoco nella striscia di Gaza, le autorità israeliane stanno ancora commettendo il crimine di genocidio nei confronti della popolazione palestinese. Un nuovo rapporto di Amnesty International, che contiene un’analisi giuridica del genocidio in atto e testimonianze di abitanti della Striscia di Gaza e di personale medico e umanitario, evidenzia come Israele stia continuando a sottoporre deliberatamente la popolazione della Striscia a condizioni di vita volte a provocare la sua distruzione fisica, senza alcun segnale di un cambiamento nelle loro intenzioni. Martina Stefanoni ne ha parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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