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Cos’è il 5G e perché è al centro dello scontro tra Stati Uniti e Cina

5G

Cos’è il 5G?. Tra i motivi delle nuove tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina, in corso ormai da mesi, c’è anche l’importante rivoluzione tecnologia del 5G, la nuova tecnologia di trasmissione di dati e comunicazioni che dovrebbe rappresentare una svolta decisiva verso lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e della robotica.

Abbiamo parlato di cos’è il 5G e della guerra tra i principali leader del settore con Francesca Balestrieri, ricercatrice in matematica pura all’Istituto di Scienza e Tecnologia di Vienna. Appassionata di intelligenza artificiale e nuove tecnologie, è co-autrice di “Guerra digitale. Il 5G e lo scontro tra Stati Uniti e Cina per il dominio tecnologico” edito dalla Luiss University Press.

L’intervista di Raffaele Liguori a Memos.

Che cos’è il 5G?

Il 5G è la quinta generazione della rete di telefonia mobile, la nuova generazione dopo il 4G, quella a cui siamo più familiari. Rispetto al 4G, la tecnologia 5G presenta alcune caratteristiche come una più alta velocità, una bassissima latenza e la capacità di allocare le risorse della rete in maniera dinamica ed efficiente a seconda delle esigenze degli utenti. Queste nuove caratteristiche fanno sì che il 5G sia una nuova tecnologia che funge da grande abilitatore trasversale di un’altra serie di tecnologie interdipendenti che stanno emergendo nella nuova rivoluzione digitale, come l’Internet delle Cose, l’intelligenza artificiale o la robotica.
Il modo in cui il 5G abilita queste tecnologie è nel metterle a sistema e far sì che alcune applicazioni siano possibili. Senza il 5G non sarebbe neanche concepibile la guida dei veicoli a guida autonoma oppure le Smart City.
Il punto cruciale è che tutte queste tecnologie hanno sia una valenza civile che militare. La controparte della macchina senza guidatore è la macchina da guerra senza guidatore.

I produttori di questa tecnologia al momento sono un gruppo ristretto di società. Tra queste ci sono Huawei, che controlla circa il 30% del mercato, ZTE con l’7,8% del mercato, Nokia con quasi il 17% delle quote di mercato, Ericsson col 13,4% e la statunitense Cisco con poco più dell’8%. Come si è formata questa straordinaria leadership cinese?

La situazione è un po’ più complessa di così. La filiera del 5G è molto intricata. Le componenti cinesi, americane ed europee sono molto interdipendenti tra di loro. Il vantaggio cinese sugli europei e sugli americani è un vantaggio che non si distribuisce in maniera uniforme in tutta la filiera. Il modo in cui la Cina si è ritrovata in una posizione di primato industriale è dovuta alla forte sinergia tra le imprese private e un piano di progettualità governativa, possibile grazie al modello cinese che col partito unico garantisce una certa stabilità nel tempo che permette di attuare progetti con una visione a lungo termine.
Questo tipo di progettualità e sinergia tra governo e imprese private si sta attuando solo di recente negli Stati Uniti. L’Europa, per motivi strutturali, non ci è ancora vicina. Questo è il motivo principale per cui la Cina è riuscita a governare questa nuova rivoluzione digitale che ha un andamento esponenziale e richiede strumenti politici e industriali esponenziali.

Le possibilità che questa nuova tecnologia offrirà di interpretare, controllare e utilizzare una grande mole di dati che riguardano le persone, le loro attitudini e le loro preferenze. Ci stiamo avvicinando a quella che viene chiamata “la società della sorveglianza”?

Il capitalismo della sorveglianza. Direi di sì, anche se poi non è il dato del singolo individuo ad essere importante. I dati servono perché il nuovo paradigma del machine learning dell’Intelligenza Artificiale apprende attraverso i dati. Più dati ha, più apprende. Per come sta andando al giorno d’oggi la tecnologia, le macchine riusciranno sicuramente a imparare i nostri comportamenti, manipolandoli poi in una logica di feedback.

Cos’è il 5G: lo scontro tra Stati Uniti e Cina

Alla puntata ha preso parte anche Salvatore Bragantini, editorialista del Corriere della Sera, membro dell’Associazione degli amministratori indipendenti di società e in passato membro della Consob.

Da mesi l’amministrazione americana di Trump fa pressione ad esempio sui Paesi occidentali alleati, sostenendo che i cinesi di Huawei sono sensibili alle volontà del governo di Pechino e che in qualche modo i dati che una società come Huawei avrà a disposizione finiranno anche nella disponibilità del governo di Pechino. È questa l’entità dello scontro?

Sì, è così. Va detto, però, che la filiera è molto intrecciata e bisognerebbe saperne di più per capire come effettivamente Huawei potrebbe entrare in possesso dei dati che passano per la sua rete ed eventualmente trasferirli al governo.
Va anche detto che se si parla di capacità del governo di un Paese di influire sulle proprie imprese, gli Stati Uniti non sono secondi a nessuno. Gli Stati Uniti possono ordinare ad un’impresa americana di mettere a disposizione i dati di cui dispone su richiesta del governo grazie anche ad una legge approvata durante l’amministrazione Obama. La Cina è un Paese autoritario, gli Stati Uniti sono un Paese democratico, ma sembrano voler guardare alla Cina come proprio modello.

Nella classifica delle quote di mercato il ruolo di due società europee, Nokia ed Ericsson, appare tutt’altro che marginale. Cosa significa questo nello scontro tra Cina e Stati Uniti?

Lo spazio per l’Europa c’è perché se l’è creato. Gli Stati Uniti non hanno puntato come lo ha fatto l’Europa, o più precisamente Nokia ed Ericsson, sulla tecnologia collegata ai telefonini ed ora sono davanti agli Stati Uniti. E gli Stati Uniti oggi vorrebbero mettere le mani su Nokia ed Ericsson per poter fare anche con loro quello che possono già fare con le società statunitensi: ordinare obbedienza alle imprese americane.

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    Pubblica di giovedì 20/11/2025

    Tre anni di Chat Gpt. Il 30 novembre 2022 la società californiana Open AI metteva a disposizione degli utenti, gratuitamente, il primo software di intelligenza artificiale (IA). A distanza di tre anni c’è una bolla speculativa, generata dagli investimenti multi-miliardari nell’IA, che rischia di scoppiare su Wall Street. Non è escluso, però, che si sgonfi lentamente, senza provocare grossi danni. Un’ipotesi che i capi di Big Tech (le grandi società tecnologiche da Apple a Microsoft, da Google a Amazon, a Meta e a diverse altre) sembrano escludere, preferendo messaggi allarmistici. Sundar Pichai, amministratore delegato di Google-Alphabet qualche giorno fa ha detto: se scoppiasse una bolla nel settore dell'IA «nessuna azienda ne sarebbe immune, inclusi noi». Pubblica ha ospitato il giornalista e saggista Michele Mezza e la filosofa della scienza Teresa Numerico.

    Pubblica - 20-11-2025

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