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Coronavirus, isolamento domiciliare e bambini. Chi sta pensando a loro?

bambini isolamento domiciliare

Dieci milioni di bambini e adolescenti chiusi in casa per il contagio da Coronavirus, chi sta pensando a loro? “Bisogna mettere al centro dell’agenda politica le nuove generazioni e le loro famiglie“, dice a Memos la sociologa Chiara Saraceno, una dei portavoce dell’Alleanza per l’Infanzia, associazione arcipelago di diverse sigle (dall’Arci alla Cisl, dalla Cgil al Centro per la salute del bambino, alla Cooperativa sociale Dedalus).

Bambini e adolescenti sono il nostro futuro, ma spesso nelle decisioni non sono considerati centrali. Con la crisi sanitaria ed economica legata al coronavirus, i bambini e i ragazzi sono stati tutti riportati nell’alveo delle famiglie e delle loro risorse. Le risorse familiari sono però molto differenziate fra di loro, tra chi ha e chi non ha. In casa c’è chi ha le terrazze e chi no, chi ha spazio per studiare, per ritirarsi e chi no. La chiusura in casa non è la stessa esperienza per tutti i bambini e adolescenti.

Saraceno avverte anche dal rischio che la didattica a distanza diventi un fattore di crescita della disuguaglianza:

Pagheremo durissimamente il divario digitale, perché l’arretramento delle possibilità di apprendere e sviluppare le proprie competenze cognitive non è che si recupera con un corso a settembre. È un problema drammatico, c’è un milione e 800 mila ragazzi che non hanno accesso alla didattica a distanza; tra quelli che ce l’hanno, molti fanno fatica. Alcune scuole raccontano di aver perso dei propri studenti, di non riuscire più a mantenere i contatti con loro.

Qualcuno si sta preoccupando di cosa succederà questa estate con i bambini?

Io spero che qualcuno ci stia pensando, ma non se ne ha una traccia così visibile. Il fatto che questi bambini e ragazzi siano chiusi in casa non significa che siano tutti nelle stesse condizioni. C’è chi ha terrazze e giardini, chi ha una casa grande e spazio per studiare, ma c’è anche chi vive in ambienti molto affollati e a volte anche malsani. Questa chiusura in casa non è la stessa per tutti i bambini e i ragazzi e su questo non si è ancora messo l’accento a sufficienza. E ci sono anche bambini che magari vivono situazioni di violenza domestica e che sono a rischio. Anche di questi si è persa traccia.
Sentiamo molto parlare della riapertura, ma ci si sta concentrando di più sulle attività produttive. Ma chi dovrà tornare a lavoro è spesso gente che ha dei figli. Chi si occuperà di loro quando i genitori torneranno a lavoro?

Memos ha ospitato anche il demografo dell’università Cattolica Milano, Alessandro Rosina:

I giovani 25-35enni che hanno già subito i colpi della crisi finanziaria del 2008, e non hanno vissuto la possibilità di una ripresa dell’economia, si trovano ora con progetti di vita in sospeso, progetti professionali non ancora consolidati, ancora alla ricerca di lavoro, o con un contratto a termine. Sono attualmente le categorie che subiscono di più l’impatto della crisi e che rischiano di essere le meno tutelate dalle misure di protezione. È una generazione che subisce in sequenza due crisi e che proprio nella fase in cui stava cercando di risollevarsi viene risospinta nelle acque agitate della crisi da COVID-19.

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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale

    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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